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cd

  • Massimo Barbiero – “Nausicaa” – Splasc (H) CDH 1543.2
  • André Ceccarelli – Sweet ” – Camjazz CAMJ 7813-2
  • Emanuele Cisi – “ The age of numbers” – auand AU9016
  • Giuseppe Delre – “Sings Cole Porter & the beat of yearning desire”
  • Enrico Pieranunzi – “Dream Dance” – Camjazz CAMJ 7815-2
  • Pino Russo – “Darn that dream “ – Philology W 399 2
  • Servillo – Girotto – Mangalavite – “Futbol” – il manifesto CD 194
  • Test Quintet – “La gatta nel sacco” – Labirinti Sonori LS 007

Massimo Barbiero – “Nausicaa” – Splasc (H) CDH 1543.2
Quando mi sono trovata di fronte a questo cd, appena mi sono resa conto che era un lavoro basato totalmente sulle percussioni, mi sono un po' posta il problema di come potessi descriverlo. Quando poi ho visto che ogni brano era dedicato ad un personaggio mitologico dell' antica Grecia, e in particolare all' Odissea l' inquietudine e' salita alle stelle. Mi sono precipitata a rinfrescare le reminiscenze dei miei studi classici, ricercando le particolarita' di Nausicaa, di Andromeda, di Efesto, per essere pronta a ritrovare qualcosa di ognuno nei suoni che avrei di li a poco ascoltato.
Poi ho fatto partire la musica. Mi sono dimenticata di tutto, se non del semplice sapore, o suggestione che quei personaggi mitici mi avevano lasciato e mi sono semplicemente ritrovata ad ascoltare quei suoni. Senza accorgermene ho rinunciato a riconoscere, di brano in brano, quali fossero gli strumenti che Barbiero utilizzasse, quale artifici usasse, e sono entrata in una dimensione sonora che mi ha avviluppata e trascinata in pensieri, riflessioni, momenti molto miei, personali, che mi hanno fatto riassaporare anche una certa funzione rituale, a tratti ipnotica, perche' no, di molta musica tradizionale mediterranea ma anche orientale o di terre lontanissime. Mi sono trovata a percepire quanto melodico puo' essere il ritmo. Quando il cd ha smesso di suonare mi sono resa conto che non avevo svolto il mio lavoro , che presupporrebbe una attenzione anche tecnica, razionale, volta a descrivere e a spiegare il perche' un lavoro appaia a chi scrive interessante o meno. Ho dunque dovuto ammettere un po' il fallimento del mio proposito… pero' probabilmente avevo assistito all' affermarsi del proposito di Massimo Barbiero, che in un lavoro totalmente improvvisato e svolto in totale solitudine non voleva altro che suggerire a chi lo ascolta la possibilita' di auto produrre pensieri, riflessioni, momenti estetici, percezioni nostalgiche o aspettative, chi lo sa…. E ho pensato che avevo ricevuto un bellissimo regalo da questo artista. Non so dirvi se Barbiero sia d' accordo con me su tutto cio'…ma e' come se la cosa non mi riguardasse piu' di tanto. La musica che ho ascoltato mi ha riguardato molto, invece, e non saprei dirvi di piu' se non consigliarvi di ascoltarlo.  (D.F.)

André Ceccarelli – Sweet people” – Camjazz CAMJ 7813-2
Il batterista è, nel jazz e non solo, innegabilmente un musicista. Il suo ruolo, in tutti i tipi di formazione, dal duo fino a compagini più articolate e numerose, è fondamentale per disegnare , strutturare, colorare, creare atmosfere. L' affermazione appare quasi banale nella sua evidenza, se non fosse che la batteria è uno strumento che ha una energia potenziale talmente elevata che puo' facilmente assumere un carattere di eccessiva preponderanza, talvolta di prepotenza rispetto agli altri musicisti. “La potenza è nulla senza controllo” affermava qualche tempo fa una pubblicità, ed in effetti un batterista che non moduli questa potenza quando interagisce con altri, smette ad un tratto di essere un musicista, e diventa, appunto, solo e soltanto un bravo batterista. Tende a primeggiare, a coprire, ad elaborare soluzioni ritmiche anche ingegnose ma diventa sordo alle sollecitazioni di coloro che suonano con lui.
Ceccarelli è un musicista. La sua batteria è energica, ingegnosa, poetica, esplosiva, ma tutte queste caratteristiche chi ascolterà questo cd le troverà sempre nell' interazione con il sax di Beuf ed il pianoforte (ed organo e rhodes) di Mazzariello. Il fine, reciproco, di questi tre artisti è la musica. Non c'è mai protagonismo, perché Ceccarelli non ha bisogno di eccedere per far notare la sua creatività ritmica e timbrica: basta ascoltare “The dream is gone” , ad esempio, in cui la scelta stilistica è quella di destrutturare e rarefare l' atmosfera, delicatamente, che poi è un po' la negazione del compito ritmico della batteria, che in questo caso dà un sapore nuovo ad un brano che nascerebbe come una tradizionale “ballad”.
Anche in brani in cui l' impulso ritmico è fondamentale (vedi “Propose it”) i tre musicisti godono di una libertà reciproca che non è pero' mai egoistica e non sfocia nel protagonismo. Se al sax è demandato il compito di cantare il tema – come in “Sweet people” – , batteria e organo soffiano la loro presenza creando vere e proprie onde sonore delicate ed intense. Ceccarelli sa essere potente, energico quando occorre e poetico e carezzevole quando serve, ed in tutti e due i casi non è mai scontato, è creativo, fantasioso, e si fa notare nei sussurri così come nelle improvvisazioni libere più forti ed incalzanti.
Da segnalare l' entusiasmante brano di chiusura “Julian's vision”, composizione originale di Mazzariello, quasi di sapore gospel, che riporta alla mente anche lo stile di Petrucciani, e che spicca per la sua diversità dal sapore complessivo del cd; perché il jazz è fatto di molti stili ed è anche questo: e Ceccarelli, che è un musicista, lo sa bene…. Perché non inserirlo dunque, divertendosi gioiosamente con il pianista? Non è solo questione di generosità, è anche questione di… musica. (D.F.)

Emanuele Cisi – “ The age of numbers” – auand AU9016
La particolarita' di questo lavoro e' innanzitutto la varieta' stilistica, assicurata oltre che dall' originalita' delle composizioni anche dal colore preciso che ogni strumento di volta in volta riveste nell' esecuzione. Le belle atmosfere rarefatte ad opera della batteria di Maniscalco, che contrastano con le lunghe note del sax di Cisi e della chitarra di Cecchetto, o che evidenziano il notevole impasto armonico di suoni in “Catch me if you can” o “Mean ratio” sono molto particolari; ma anche il blues “Tigerwalk” ha un suo sapore molto definito, perche' il basso elettrico di Biasi ostinatamente disegna davvero un “passo”, una vera e propria “andatura regolare” del brano. Cosi' come in “The Growth” e' essenziale sempre il basso che disegna in modo volutamente quasi pesante lo svolgersi dell' intenso canto del sax che interagisce con la chitarra. Poi pero' si cambia totalmente registro con un bellissimo, evocativo, quasi romantico solo della chitarra elettrica in “Three of one”, e si sogna anche con il bellissimo “Moonlight in Vermont”, eseguito in solo da un lirico e intenso sax tenore; in “Golden age” invece chitarra e basso si tengono fermi su un' unica nota appena mobile, esaltando le lunghe note del sax: una vera e propria ricerca armonica di grande bellezza. Ma in “The entrance gate” e' l' accattivante tema iniziale reiterato in 5/4 a stupire, anche perche' da quello si divincola la seguente, molto libera improvvisazione di sax e chitarra. In poche parole, non ci si annoia mai, si naviga durante tutto l' ascolto attraverso ambiti sonori ed emozionali diversi, tra tensione , introspezione, momenti di astrazione… ogni brano e' connotato da una ricerca sonora, da una sperimentazione, sia essa compositiva, melodica, ritmica o armonica. Assolutamente consigliato! Anche perche' quando lo sperimentare si appoggia ad una grande esperienza musicale pregressa, come nel caso di Cisi, non si assiste ad un superficiale “fuggire per stupire”, ma ad un “avanzare per creare ”. D' altronde non e' forse vero che i numeri offrono infinite possibilita' di combinazione? Previa la loro profonda conoscenza, naturalmente. (D.F.)

Giuseppe Delre – “Sings Cole Porter & the beat of yearning desire”-
E' gradevole e godibile questo cd. A partire dalla bella voce di Giuseppe Delre, che e' ben impostata e ha un bel timbro, passando poi per l' apporto dei bravi solisti, che non sono mai scontati e suonano divertendosi; gli arrangiamenti sono ben concepiti, freschi, divertiti e anche divertenti (vedi la citazione di Libertango in “Get out of town). Le canzoni di Cole Porter si prestano a vari tipi di esecuzione, ed in questo caso lo scambio tra voci e strumenti e' divertente e a volte persino gioiosa, e danno modo a Delre di godere della propria voce tecnicamente molto curata, mai sciatta e con una disinvolta pienezza. La grande cura dell' emissione vocale forse ne mortifica un po' la capacita' interpretativa , per la quale invece Delre mostra in nuce molte potenzialita': a volte il predominare di note lunghe e una certa fissita' delle dinamiche fagocitano l' interplay. E' un peccato perche' ci sono momenti musicali notevoli che pero' risultano schematicamente giustapposti invece che fluidamente legati tra loro.
Detto questo, che potrebbe anche semplicemente essere una questione di gusto personale, e' da ribadire la validita' di un lavoro che mostra entusiasmo, cura per il particolare, un' esperienza che trapela ma non annoia, e la solida bravura di un cantante e di musicisti di ottimo livello. (D.F.)

Enrico Pieranunzi – “Dream Dance” – Camjazz CAMJ 7815-2
“Dream Dance” esce al venticinquesimo anno di collaborazione tra Pieranunzi, Johnson e Baron. Sottolineare questo e' fondamentale per capire che ci sono casi in cui un lungo cammino insieme non porta necessariamente a percorrere un tragitto nel tempo oramai delineato: puo' invece condurre tre artisti che hanno trovato tra loro una speciale sintonia a decidere di chiudere gli occhi, prendersi per mano ed andare dove l' istinto li porta, perche' il fine e' vivere fino in fondo il dono prezioso di quella sintonia. E allora succede che chi ascolta questo cd non apprezza solo note, accordi, trovate melodiche, dinamiche, o un raffinato interplay. Assiste piuttosto ad un dialogo profondo fra i tre musicisti, a tratti divertito, a tratti intenso, e anche a sfide, contatti e continui reciproci spunti creativi in ambiti armonici non definiti, come in “End of diversions”; o all' accarezzarsi tra contrabbasso e pianoforte – con la batteria che sceglie di svolgere un ruolo di protettivo terreno a quell' interagire -come in “As never before”; o al discostarsi dall' unisono iniziale del tema di “Castle of solitude” del contrabbasso, che parte per un solo “chitarristico” molto, molto latino, trascinando con se pianoforte e batteria, che accettano e accentuano quella suggestione emotiva; o al ripetersi del piccolo tema del jazz waltz di “Dream Dance”, definito nell' incipit e nella sua fine, ma un po' sospeso al suo interno, e incorniciato da uno “stop time” che lo imprime nella mente di chi ascolta: tanto che sembra di sentirlo anche durante l' improvvisazione… forse perche' e' da tutti e tre cosi' profondamente e reciprocamente acquisito, che trapela dal loro continuo dialogare. Ma questa forse e' solo una sensazione.
Accade spesso di ascoltare ottima musica, accade spesso di ascoltare nuove suggestioni musicali (per fortuna). Accade raramente invece, ed e' questo il caso, di assistere al piccolo miracolo della musica che nasce in funzione della gioia di suonare e creare a prescindere, quasi, da chi poi quella musica ascoltera'. Anche perche' chi ascoltera' e' proprio dal misterioso svolgersi di quella sintonia che verra' rapito. (Daniela Floris)

Pino Russo – “Darn that dream “ – Philology W 399 2
Grande tecnica ma sempre al servizio delle proprie necessità espressive, gusto raffinato ed elegante, perfetta conoscenza di quanto la chitarra abbia saputo esprimere in campo jazzistico, nessuna voglia di stupire ma solo l'urgenza di comunicare attraverso la musica: queste le doti principali che emergono dall'ascolto di “Darn that dream” , album d'esordio del chitarrista Pino Russo, vincitore ex aequo con il pianista Francesco Marziani, della settima edizione del Premio Incroci Sonori di Moncalieri Jazz 2008.
Come ci spiega Paolo Piangiarelli nelle note che accompagnano l'album, la registrazione è stata effettuata “in casa” subito dopo la vittoria di Moncalieri e viene pubblicata dalla Philology senza editing, correzioni o tagli come fosse una lunga , ininterrotta live performance .
Il risultato è francamente sorprendente innanzitutto perché, come si accennava, si tratta di un debutto discografico , in secondo luogo perché Russo ha scelto la via forse più difficile vale a dire quella della solo performance, in terzo luogo perché, anziché ricorrere solo a proprie composizioni, in quanto tali,non confrontabili, ha scelto di misurarsi con pezzi celebri già eseguiti da altrettanto celebri musicisti. Così possiamo ascoltare, tra gli altri, “Spain” di Chick Corea, “Round about midnight” di Monk, “Last train home” di Pat Metheny, “Nuages” di Django Reinhardt, unitamente a tre sue composizioni.
Russo se la cava in maniera egregia evidenziando una straordinaria facoltà di “entrare” in ogni pezzo per coglierne l'intima essenza: per averne una conferma si ascolti con attenzione “Nuages” , forse una delle interpretazioni più riuscite dell'intero album. (G.G.)

Servillo – Girotto – Mangalavite – “Futbol” – il manifesto CD 194
Un trio già sperimentato questo composto dal cantante (noto al grande pubblico come vocalist degli Avion Travel), il sassofonista Javier Girotto e il pianista Natalaio Mangalavite, questi ultimi due argentini oramai da molti anni residenti nel nostro Paese. Qualche anno fa i tre avevano dato vita, sempre per “il manifesto” , ad un altro eccellente CD intitolato “L'amico di Cordoba”; adesso ritornano con questo album il cui titolo non poteva essere più esplicito , “Futbol”, progetto ispirato al libro “FÚTBOL – Storie di Calcio” di Osvaldo Soriano, laddove il calcio viene chiamato per l'appunto Futbol, alla sudamericana vale a dire mutando la doppia “o” del vocabolo inglese originario in “u”.
Si tratta, quindi, di un vero e proprio omaggio allo sport forse più amato, omaggio che si esplica attraverso tredici canzoni che hanno come filo conduttore varie situazioni evidentemente legate al mondo del calcio: così si passa da “Lo sfogo del mister” a “La riserva” fino a chiudere con “Maradona era meglio” e “La canzone che non c'entra”.
Ed è fin troppo facile interpretare queste tredici tracce come metafore di vita vissuta con quell'insieme di sensazioni, di gioie, di dolori, di aspettative, alcune realizzate altre deluse, che tutti noi viviamo sulla nostra pelle.
I testi non devono, però, far passare in secondo piano i contenuti prettamente musicali dal momento che ancora una volta Girotto e Mangalavite si dimostrano musicisti completi, eclettici, capaci di ben focalizzare ogni situazione anche se, francamente, li preferiamo in altri contesti .
Di Peppe Servillo non c'è molto da aggiungere: è uno degli interpreti più sensibili ed originali dell'attuale scena pop. (G.G.)

Test Quintet – “La gatta nel sacco” – Labirinti Sonori LS 007
Ecco un altro album d'esordio: protagonista il “Test Quintet” ovvero Tony Cattano al trombone, Marco Colonna al clarinetto basso, Mauro Schiavone al pianoforte, Silvia Bolognesi al basso e Stefano Tesei alla batteria. Ed è proprio questo batterista e compositore marchigiano l'anima del gruppo che guida con mano sicura.
L'album si muove lungo le coordinate di un jazz “moderno” che tuttavia presenta alcuni punti di riferimento assai precisi come il Mingus di “Consapevolmente sette” ed alcuni esponenti della scena radicale europea. Di qui una musica spesso giocata da un canto sull'improvvisazione, dall'altro su un interplay che il quintetto ha oramai saputo sviluppare su livelli di eccellenza. D'altro canto considerati singolarmente i cinque musicisti denotano una preparazione di base ed un feeling di assolto rispetto. Così , sul tessuto armonico-ritmico disegnato da Tesei ,da Silvia Bolognesi con una cavata allo stesso tempo flessibile e poderosa, Tony Cattano, Marco Colonna e Mauro Schiavone propongono i loro assolo sempre assolutamente coerenti con il contesto generale e, quel che più conta, mai banali.
Originale anche la struttura stessa del CD: undici brani, come singoli quadretti, collegati da rapidi frammenti totalmente improvvisati che fungono quindi da ponte all'interno di un disegno che, pur strutturato, nulla toglie all'energia, alla carica emotiva dei singoli.
Insomma un esordio superato a pieni voti che ci auguriamo venga presto seguito da un altro album sì da poter ancor meglio apprezzare le doti del quintetto.

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