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cd

  • Landon Knoblock – “The hearthbeat, the breath“ CAMJ 3305-2
  • Matteo Negrin – “Jouer Sans Frontieres“ – Dodicilune Ed256
  • Odwalla – “Medusa” – Splasc(h) Records, world series cdh 2528.2
  • Speakin' 4 – “Isole” – Wide Sound – wd177

Landon Knoblock – “The hearthbeat, the breath“ CAMJ 3305-2
Mi auguro che si sentira' sempre piu' spesso parlare di questo giovane e compositore di Miami, che in questo cd in trio stupisce per la sua intensita', per la sua eleganza, in una parola per la sua bravura.
Non serve fare paragoni con altri mostri sacri del jazz: le influenze si avvertono, certamente, come e' giusto che sia. Ci sono momenti in cui emerge il pianismo di Bill Evans (Blue Summer) , o anche di Brad Mehldau, perche' no. Ma sono suggestioni metabolizzate, anche dal punto di vista squisitamente compositivo, c'e' un' impronta fresca ed originale, come in “Jaunted Memory” ad esempio, che e' forte di un tema melodico che si fa ricordare per l' ostinato della mano sinistra sulla quale si interseca la mano destra assecondandola e sviluppandone l' andamento armonico. Il dialogo con il notevole contrabbasso di Joe Rehmer e con la altrettanto notevole batteria di Austin Mcmahon , entrambi giovanissimi, da' vita ad un interplay di grande livello, degno delle migliori formazioni jazz in trio. Si percepisce l' importanza della composizione scritta, curatissima nei particolari, e ci sono anche momenti veramente belli di improvvisazione libera, in cui questa interazione esce allo scoperto dimostrando a chi ascolta che non e' solo limitata ai momenti “obbligati”. Al di la' delle parole, ascoltate “New Beauty”, delicata, rarefatta quasi, ma di grande intensita', in cui ognuno dei tre artisti emerge per creativita' e per reciproca attenzione, pur nella atmosfera sommessa del brano. Caldamente consigliato.

Matteo Negrin – “Jouer Sans Frontieres“ – Dodicilune Ed256
Ascoltate questo cd rilassandovi perche' sentirete musica cristallina, delicata, che non presuppone complicate decodifiche sonore. Quasi la potrei definire musica descrittiva, tanto che i titoli di ogni brano hanno un legame molto stretto con i suoni di cui il brano e' composto. Non si fatica a riconoscere belle folate di vento nelle percussioni di Dimasi (“vento di Mistral”), o magari chissa', un torrente che scorre nel paesaggio magico e un po' dormiente di “Notturno”, o il viaggiare veloce ma rilassato di un' automobile (Drivin' car), resa dall' incedere latineggiante della batteria e un bel tema del basso di Miele, o l' atmosfera frizzante e promettente del “Risveglio di primavera”, che ci regala una interazione leggiadra tra i quattro strumenti . La chitarra di Negrin crea spunti melodici che tiene con se' ben stretti, reiterandoli o giustapponendoli tra loro in un intento di delicata semplicita', di voluta compostezza melodica ed armonica, probabilmente proprio nell' ottica del descrivere situazioni, paesaggi, viaggi. Ma questo intento appare persino nei brani che affrontano piuttosto stati d' animo o sentimenti (come la piccola e romantica “Petit Fleur”) o “Amor y violencia” , in cui, come da titolo, si alternano episodi “sognanti” e gentili ad uno in forma di tango, piu' passionale e sanguigno, in cui l' accordion di Castellan esibisce tutta la sua connaturata musicalita'. Un lavoro di misurata e rilassata eleganza, che ha il suo fascino nel non voler stupire o strafare.

ODWALLA – MEDUSA Splas(h) Records, world series cdh 2528.2

Gia' in “Nausicaa” avevo evidenziato quanto melodico possa apparire il ritmo quando si ascolta la musica di Barbiero. Ma in questo caso occorre sottolineare anche, facendo un passo oltre, che la melodia non e' solo ascrivibile al vibrafono o alla marimba. Ma perche' invece di analizzare semplicemente non ascoltiamo? E' questo che bisognerebbe fare: lasciarsi andare a quel flusso sonoro – senza cercare analogie, senza cercare appigli, senza classificare. Perche' la ricerca di Odwalla e' ambiziosa ma anche molto semplice, e da ogni strumento a percussione nascono tutti i suoni e i non suoni e le melodie e le armonie e le poliritmie possibili. Basti ascoltare “Cristiana” (presente anche in “Marmaduke”, recensito nella precedente release di “a proposito di jazz”), che in questo caso non vede piu' il vibrafono accostato alla chitarra acustica, ma a marimba, Tom toms, batteria e percussioni. Cambia radicalmente il clima del brano, ma non cambia il suo sapore di fondo: e pero' nello stesso tempo e' impossibile ricercare, nelle analogie e nelle differenze tra le due esecuzioni, una valenza che sia solo minimamente tecnica. Cercare una linea melodica o una linea ritmica in quello o in tal' altro strumento impoverirebbe, credo, l' intento di questo artista, ma anche la preziosa possibilita' dell' ascolto senza sovrastrutture. Mille sapori sono possibili, cosi' come altrettanti pensieri possono dipendere da questa interazione libera eppure governata da una volonta' di ricerca e/o sperimentazione che sono tutt' altro che fredde messe in atto di un' idea stilistica. Piuttosto sembrano la realizzazione di un' appassionata volonta', alla quale e' semplice lasciarsi andare, se si parte con la consapevolezza che si sta ascoltando musica, nel senso piu' ampio del termine. E'musica che puo' essere sia esteticamente molto bella, e che puo' anche pero' avere una funzione quasi rituale (e non solo per il tipo di strumenti utilizzati), e che puo' avere agganci con tutte le aree di influenze possibili (dal jazz, all' etnica magari, ed altre ancora) : ognuno, se proprio necessario, cerchi uno di quegli agganci… evitandosi la paresi acustica che deriverebbe da una loro ricerca troppo accanita. Sarebbe un peccato, perche' nel tentativo di classificarli si perderebbe la parte piu' importante del lavoro di questo eclettico musicista, che va ascoltato invece con una grande liberta' non solo intellettuale, ma anche, piu' squisitamente, interiore.

Speakin' 4 – “Isole” – Wide Sound – wd177
Ci si rilassa ma non ci si annoia ad ascoltare questo quartetto che non e' esagerato definire poliedrico. Mandolini, De Federicis, Pesaresi e Desiderio si divertono e divertono senza gigioneggiare, ma con la sapiente leggerezza dell'essere reciprocamente misurati. E' proprio questa sapiente leggerezza che permette di apprezzare il valore di quattro musicisti veramente bravi anche nella ricerca comune di una sonorita' che ha un bello spessore senza essere ridondante o esasperata.
Ogni brano e' storia a se':
c'e' l' omaggio a Brecker, nell' intenso “la romanza dell' imperatore”, la musica della banda di paese di “valzer del nulla versato nel vuoto” (che contrasta con una bella e ricercata introduzione del contrabbasso suonato ad arco in contrappunto con il sax soprano); l' atmosfera della musica tradizionale (Isole) , che rievoca la bossa nova ma fa ricordare anche un po' l' ironia di Capossela non arriccino il naso, i puristi!) ; c'e' il blues inusuale, in veste funky; c'e' il brano piu' “easy” che pero' non cade mai nella scontatezza (no family tonight).
In tutti questi episodi apparentemente slegati tra loro c'e' il minimo comune multiplo rappresentato dalla dolcezza del timbro e dei colori e da un intento descrittivo ma anche introspettivo, con citazioni e rimandi alle atmosfere piu' diverse. E' un cd che mette allegria e ben dispone all' ascolto, si spera, di altri lavori futuri di questo interessantissimo quartetto di musicisti.

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