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Enrico Pieranunzi (foto di Agostino Mela)

Enrico Pieranunzi (foto di Agostino Mela)

Energia, ispirazione, lirismo, fantasia, e ascolto reciproco al teatro Morlacchi per il quintetto di Enrico Pieranunzi nell' ambito di .
Pieranunzi, presentando unicamente suoi brani originali, ha ampiamente spaziato nel suo repertorio. Innanzitutto scegliendo pezzi in un arco temporale che va dai primissimi anni 80 ( ” New lands ” ) a oggi ( “ The extra something”, presentato in prima assoluta e composto “ieri”, se così si puo' dire); ma anche alternando brani di sapore molto diverso fra loro: da quelli piu' ritmici e vigorosi (Enthropy), ai latini (Danza 2), alle ballads (“With a hearth in my song”).

Quando la musica è bella, variegata, quando i musicisti sono di questo livello, ad un concerto ci si diverte, ci si emoziona, e ci si sorprende, anche. Concorrono ad un esito così felice tanti fattori: uno è quello quello “compositivo”, perchè i brani sono già di per se ricchissimi di idee: “no nonsense “, ad esempio, jazz waltz con un suo curioso andamento cromatico reiterato, che è il cardine fisso sul quale non possono che contrastare e risaltare gli episodi improvvisativi di tutti e cinque i musicisti; oppure il già citato “The extra something” , latineggiante con ostinato fisso, interrotto regolarmente da intermezzi di piano solo totalmente liberi ed indefiniti che creano momenti di sospensione sonora per poi ricatapultarti nel ritmo; o ancora “Danza Due” (facente parte del nuovo progetto latino di Pieranunzi), in cui si alternano giustapponendosi episodi di tipo “cubano” ad episodi di puro swing. Una tale ricchezza di idee non poteva non stimolare la fantasia di questi eccezionali musicisti: e questa fantasia è il secondo fattore importante per la riuscita di un concerto.

Non c'è spazio per la scontatezza: Giuliani ha energia e inventiva ma non è mai sopra le righe, Beggio è elegante anche nei momenti di esplosione ritmica; Bulgarelli, è espressivo in ogni singolo istante del suo suonare; Boltro è ispirato nei suoi fraseggi sempre diversi. Di Pieranunzi non si puo' che dire, una volta ancora, che è un artista vero. Sa essere vigoroso e sanguigno ma anche lirico ed introspettivo, e il suo tocco comprende tutte le gradazioni espressive possibili… che partono dalla intensa forza percussiva a poetici “pianissimo” incredibilmente pieni di suono.
L' interplay infine è il fattore senza il quale tutto ciò non andrebbe a buon fine, perchè diversamente si assisterebbe ad un concerto di cinque bravi musicisti che suonano singolarmente: e invece la sensazione è stata quella di continuo fluire di idee, spunti, sollecitazioni reciproche tra pianoforte, , batteria e fiati. Ecco perchè al Morlacchi abbiamo ascoltato il vero jazz, non quello di maniera, ma quello emozionante, intenso ed autentico che ad ogni concerto di ci si aspetterebbe di ascoltare.

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