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cd

Franco Cerri – “E venia da' campi che di Cerri sentia” – Red Records FC123099
E' con straordinario piacere che vi segnalo questo album di Franco Cerri e non solo per la simpatica e cordiale conoscenza che ho con questo straordinario musicista. In effetti anche dopo aver superato la soglia degli ottanta anni, Cerri rimane chitarrista di indubbia valenza , capace di regalarci musica di assoluto livello come per l'appunto fa in questa sua ultima fatica discografica realizzata a fine maggio del 2008.
Ben coadiuvato da Alberto Gurrisi all'organo Hammond, Mattia Magatelli al contrabbasso e Riccardo Tosi alla batteria, Franco Cerri dà un'ulteriore saggio delle sue capacità: fraseggio complesso ma sempre intellegibile, tocco delicato, estrema eleganza armonica, senso dello swing, fluida capacità improvvisativa…e soprattutto tanta, tanta originalità doti queste che gli hanno consentito di intraprendere, oramai da lunghi anni, una strada propria staccandosi del tutto da qualsivoglia modello d'oltre oceano.
E anche nella scelta del repertorio Cerri dimostra ancora una volta tutta la sua sagacia: cosi', accanto a due soli originals troviamo una sequela di classici quali “Brasil”, “All the way”, “But not for me” …fino a quel “Sultry serenade” che conclude gli oltre 60 minuti di eccellente musica contenuti in questo CD.
A proposito, anche se siete amanti del più d'avanguardia e sperimentale, l'ascolto di questo album non vi farà male…tutt'altro!

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Daniela D'Ercole – “The Peacocks” – yvp music 3149
Bel disco d'esordio per questa nuova vocalist pugliese, disco pubblicato dalla label tedesca YVP MUSIC e già presentato negli Stati Uniti.
Dall'ascolto dell'album alcuni elementi vengono fuori con grande evidenza: innanzitutto un'ottima personalità che spinge la cantante a ricercare una propria chiave espressiva pur non rinunciando a “denunciare” le proprie ascendenze che possono ritrovarsi nelle grandi cantanti del jazz, vale a dire Ella Fitzgerald, Sarah Vaughan e soprattutto Dinah Waskington.
E sempre questa personalità la porta a scegliere un repertorio tutt'altro che usuale: accanto ad alcuni classici quali “Caravan”, “Speak low” , “Where or when” figurano altri brani meno battuti, affrontati con grande originalità.
E ad onor del vero la cantante appare più convincente proprio in questi ultmi brani (splendidi “ The Peacocks” e “Sailing” arrangiato dalla stessa D'Ercole) dal momento che, ad esempio, l'interpretazione di un capolavoro come “Speak low” risulta piuttosto scontata, mal reggendo il raffronto con altre più celebri versioni.
Per il resto da sottolineare l'uso strumentale della voce cui alle volte fa ricorso Daniela unitamente a quel dialogare con i fiati di Jed Levy che in alcuni momenti raggiunge vette di coinvolgente lirismo.
Insomma, come si diceva in apertura, una prova d'esordio assolutamente positiva che ci fa sperare di aver trovare una nuova grande interprete del canto jazz made in Italy.

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Jon Hassell – “ Last night the moon came dropping its clothes in the street” – ECM 2077
Bisogna dare atto a Manfred Eicher di non sbagliare un colpo: questa volta ha ripescato il settantaduenne trombettista di Memphis, Jon Hassell, e lo ha convinto ad incidere nuovamente per la sua etichetta dopo un'assenza durata ben 23 anni.
Il risultato è semplicemente strepitoso: “la scorsa notte la luna è venuta a lasciare le sue vesti per strada/ L'ho preso come un segno per cominciare a cantare/ E son caduto nella tazza del cielo.” Hassell ha tratto ispirazione da questi versi di un poeta del XIII Secolo, Jalaluddin Rumi, per costruire un edificio musicale di rara bellezza e coerenza.
Ad onta dell'età, Hassell conserva intatta tutta la sua freschezza che gli consente di avventurarsi su terreni difficili, caratterizzati da atmosfere eteree facilmente debordanti nell'inutile se non addirittura nel nulla; invece, al di là del clima volutamente sognante, si avverte una pregnanza ben precisa, un disegno tanto lucido quanto ispirato, una liricità supportata da un intelligente e misurato ricorso all'elettronica.
Di qui una musica che scorre fluida come l'acqua, pur lasciando segni evidenti nell'ascoltatore non superficiale…e così chi abbia sentito con attenzione l'album si sarà certamente accorto che alcuni elementi sono tratti dalle musiche scritte per “The Million Dollar Hotel” di Wim Wenders cos' come da “Caravan”.
Ovviamente un risultato talmente positivo sarebbe stato impossibile senza un sostanzioso apporto degli altri musicisti tra cui un ruolo di primissimo piano si ritaglia ancora una volta il chitarrista norvegese Eivind Aarset, oramai una solida realtà del jazz internazionale.

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Giulio Stracciati – Natural – 21st Records HO 200905 13
Innanzitutto un plauso alla 21st Records, la collana nata dalla collaborazione fra l'etichetta discografica Horus Music e il Centro Arte Contemporanea di Siena con l'intento di pubblicare musica contemporanea senza alcuna limitazione di genere e stile. In effetti questa piccola etichetta sta producendo musica di qualità dando così a molti giovani modo di esprimersi del tutto liberamente.
E' il caso di Giulio Stracciati ,chitarrista di sicuro talento, già messosi in luce in altre occasioni : questa sua nuova produzione discografica non fa che confermare le ottime impressioni che si avevano su di lui.
Il musicista senese si fa ascoltare in splendida solitudine alle prese con una harpguitar da lui stesso progettata e realizzata dal liutaio cortonese Giulio Carlo Vecchini.
Il risultato è rilevante innanzitutto per le qualità intrinseche del chitarrista in secondo luogo per la felice scelta del repertorio.
Non lasciandosi intimorire dagli steccati che di solito dividono le “musiche”, Stracciati ha pescato nei campi più vari andando a riproporre classici sia della musica pop come “Eye in the sky” degli Alan Parson Project o “Black Hole Sun” dei Soudgarden, sia della canzone d'autore come “Blue” di Joni Mitchell sia della musica da , da “La vita è bella” di Nicola Piovani al “Pinocchio” di Fiorenzo Carpi, sigla del celebre sceneggiato televisivo di Comencini…il tutto condito da alcuni originals e da un grandioso “Nardis” di Miles Davis.
Nonostante la varietà del repertorio, l'album presenta una sua assoluta omogeneità data dalla grandi capacità interpretative di Stracciati sorrette da una tecnica superlativa mai fine a sé stessa ma sempre al servizio di una sincera ispirazione.

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