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11 novembre – 1 dicembre 2009

Dall'11 novembre al 1 dicembre 2009 lo spazio AuditoriumArte, presso il Parco della Musica di Roma, ha ospitato la mostra Mai note burrose di Renato Mambor, una silenziosa installazione “orchestrale” appositamente pensata per l'Auditorium.
L'esposizione si situa all'interno di un percorso espositivo sui maestri dell'arte italiana del XX secolo che la Fondazione Musica per Roma porta avanti da tempo con mostre dedicate a grandi artisti quali Burri, Matta nel suo periodo italiano, Novelli e ancora Consagra, Perilli e poi Accardi, Baruchello e Mauri.

Renato Mambor è tra i protagonisti, insieme a Schifano, Pascali, Angeli, Festa, Lombardo e Tacchi, di quella declinazione della sperimentazione artistica di ambito romano che è stata la Scuola di Piazza del Popolo degli anni '60. Il titolo della mostra “Mai note burrose” è ispirato alla frase che Miles Davis sussurrò a Herbie Hancock durante una jam session. È cosa nota come Davis usasse spronare i suoi musicisti a trovare percorsi inusuali, sconosciuti, mai banali. Hancock racconta come, da quel momento, la sua musica e il suo modo di suonare si trasformarono in modo del tutto sorprendente anche a se stesso.

Lo stesso anelito si ritrova nella ricerca artistica portata avanti sin dagli anni Sessanta da Renato Mambor. La sperimentazione linguistica, costante della sua produzione artistica, caratterizza anche questa mostra pensata appunto intorno alla nuova installazione “Mai note burrose”: 10 pannelli monocromi dipinti ciascuno con una tecnica e un'esecuzione diverse, ognuno con un oggetto memore degli strumenti musicali che formano un'orchestra.

Se il percorso artistico di Mambor può intendersi come un succedersi di sempre nuovi cicli di lavori, la mostra svela lo stretto legame concettuale e formale che unisce gli ultimi lavori alle opere dei primi anni '60, mettendo in luce la coerenza della sua ricerca negli anni.
Così la nuova installazione “Mai note burrose” può considerarsi come la sperimentazione ultima delle serie di pannelli realizzati sin dai primi anni Sessanta, di cui sono esposti proprio i primi “Oggetti” monocromi del 1960. Allo stesso modo, l'“Ombra immutabile” del 2007, esposta già alla Biennale di Venezia dello stesso anno, 8 silhouettes in legno monocromo a grandezza naturale di un uomo e la sua ombra esposte nella prima sala dello spazio, si ricollegano agli stilizzati “Uomini Statistici” dei dipinti e delle carte dei primi anni '60, anch'essi in mostra.

E proprio all'ambiente chiuso, immobile e monocromo delle “Ombre immutabili”, che la nuova installazione “Mai note burrose” si contrappone e in qualche modo risolve: accettando la nuova sfida del suono e dunque dell'ascolto, attitudine a priori aperta verso l'altro e dunque sempre plurale, l'artista è riuscito a realizzare un ambiente pulsante, sempre in movimento, dove è possibile quel gioco di rimandi e corrispondenze, quell'essere sempre in relazione che è tra i motori della sua ricerca: un ambiente in cui i vari elementi risuonano tra loro in armonia silenziosa, aperti tuttavia alla molteplice e imprevedibile percezione dell'altro.

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