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Gotan Project

Gotan Project

Concerto della celebre band il 25 maggio all'Atlantico Live di Roma

Se Astor Piazzola ha reinventato il linguaggio del tango innervandolo con elementi jazzistici e di musica contemporanea, i Gotan Project l'hanno riattualizzato portando a termine un'operazione che sulla carta sembrava impossibile: coniugare due universi musicali lontanissimi, tango ed elettronica.
Ed invece ci sono riusciti e nella maniera migliore tanto che in breve tempo hanno ottenuto i favori di un pubblico internazionale che li segue oramai da una decina d'anni, da quando cioè fu pubblicato il loro primo lavoro discografico “La revancha del tango”.Così anche nel concerto romano di martedì 25 maggio all'Atlantico Live, il trio franco-argentino è stato accolto da un pubblico numeroso ed entusiasta che ha seguito con attenzione la loro performance. Ad ogni inizio di nuovo brano, scattava immediato l'applauso segno evidente che il pubblico conosceva bene il repertorio della band e lo seguiva con crescente entusiasmo del tutto giustificato. Ed ho visto ,contemporaneamente, giovani che si muovevano a ritmo di hip-hop e più attempate coppie che eseguivano improbabili passi di tango canonico, in un miscuglio davvero straordinario. Ad onor del vero, ad un certo punto, l'entusiasmo ha contagiato anche il vostro cronista appassionato di tango da lunga pezza, amando questo linguaggio sia nelle sue forme più classiche, sia nelle elaborazioni di Piazzola che ritengo un vero genio della musica al dà di qualsivoglia classificazione. Di qui la cautela con cui mi sono avvicinato alla nuova versione tanghera dei Gotan Project. Poi sentito e risentito il loro primo album, me ne sono sinceramente invaghito, presentandolo anche nel corso di un fortunato ciclo su “Jazz e tango” tenuto alla Casa del Jazz. Purtroppo non avevo avuto l'occasione di sentirli dal vivo e l'esperienza è stata, come si accennava, più che positiva.
Il francese Philippe Cohen Solal alle tastiere, lo svizzero Christophe H. Müller (programmazione strumenti elettronici) e l'argentino Eduardo Makaroff (chitarra ed alcuni strumenti a corda), coadiuvati da altri quattro musicisti, hanno eseguito un repertorio tratto, sostanzialmente, dal loro , “Tango 3.0”, anche se non sono mancati pezzi più “vecchi” e brani inediti che venivano costì testati. In ogni caso la cifra stilistica della band rimaneva sempre ancorata a quelli che fin dall'inizio erano apparsi come precisi punti di riferimento, vale a dire una squisita eleganza di fondo, un ritmo non necessariamente incalzante ma sempre presente, una perfetta armonia tra voci strumentali e umane, e soprattutto una miscela misurata ed assai gustosa tra tango, elettronica, jazz e hip-hop.
Così tra un brano e l'altro – splendidi in particolare “La Rajuela” dedicato allo scrittore argentino Julio Cortazar, e “Panamericana” una sorta di world music di alto livello – l'ora e mezzo del concerto è scorsa via in un attimo… nonostante la stanchezza del dover stare in mezzo a oltre duemila ascoltatori encomiabili per competenza e, una tantum, compostezza.

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