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Udite, udite: La Rai è tornata ad occuparsi di jazz ma, come al solito, lo ha fatto nel peggior modo possibile: dall’8 al 10 giugno, RaiTre ha mandato in onda, in tarda serata, il “Dottor Jembé” fortunato programma radiofonico di Paolo Aleotti, Stefano Bollani e David Riondino, scritto dagli ultimi due unitamente a Fosco D’Amelio, Mirko Guerrini e Rosaria Parretti.
Una considerazione si impone prioritaria: è oramai una sorta di legge dello spettacolo che trasbordare i programmi radiofonici in televisione non funziona, a meno che ad occuparsene non sia un certo Fiorello; ebbene il “Dottor Jembé” non ha certo fatto eccezione: la trasmissione che via radio sta ottenendo un certo successo, in televisione è apparsa stanca se non addirittura noiosa. Il fatto è che i tempi televisivi nulla hanno in comune con quelli radiofonici… anche perché, nel caso in questione, i testi non è che siano di straordinario livello. Si può far sorridere con battute tipo “girando la radio vedrete la TV” o “accipicchia siamo di nicchia”? Probabilmente sì a patto che si faccia parte di quel circolo degli eletti che tutto sanno e poco apprezzano , che guardano solo la TV “intelligente” e che oramai dettano il gusto corrente.
Ma prescindiamo dal fatto che si tratti di una trasmissione nata per la radio; tutti identificano “Dottor Jembé” come un programma musicale, o meglio ancora come un programma di jazz. Tale convinzione deriva dal fatto che c’è Stefano Bollani, il quale per la verità non è che si sprechi tanto come pianista. A me hanno insegnato – ma probabilmente questi discorsi adesso non valgono più – che un programma per definirsi musicale abbisogna che almeno metà del tempo sia dedicato alla musica; viceversa in “Dottor Jembé” su quaranta minuti circa, pubblicità compresa, la musica – quella vera e seria – non occupa più di sette, otto minuti. Per il resto una serie di trovate piuttosto deboli, con Bollani nelle vesti ora di un salumiere che parla di Stan Kenton, ora di un camionista, ora di un cantautore, ora di un ascensorista con battute a raffica che mettono in vacca tutto, musica compresa… naturalmente con qualche citazione “dotta” che dovrebbe nobilitare i dialoghi. In realtà il modello è ben preciso, chiaro e individuabile, il Renzo Arbore dei tempi migliori, ma il nostro “Dottor Jembé” vi resta lontano le mille miglia, senza alcuna speranza di rinverdirne i fasti.
E Bollani? A questo punto sarò accusato, come al solito, di avercela con il pianista toscano… e invece è esattamente il contrario. Stimo Bollani come musicista e mi fa rabbia vederlo intrappolato in una gabbia da cui oramai fatica ad uscire. Ok, sa fare l’intrattenitore… ma non è il suo mestiere, c’è chi lo fa mille volte meglio di lui. E’ come se si volesse dimostrare che in fondo tutti siamo capaci di fare tutto… o quasi. Non è vero. Bollani è uno straordinario musicista mentre come intrattenitore è solo nella media, niente di eccezionale. Perché insistere allora? Francamente non lo so ma vi prometto che se avrò occasione di parlargli glielo chiederò e vi comunicherò la risposta!

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