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Anat Fort – “And If”

Anat Fort – “And If”

Anat Fort – “And If” – ECM 2109

Ecco un'altra da tenere nella massima considerazione: l'artista israeliana, che avevamo già ammirato per l'album “A long Story” del 2004 (sempre per la ECM, ritorna adesso con quest'altra perla, da ascrivere senza dubbio tra i dischi più convincenti di quest'anno.

Anat si presenta questa volta in trio con Gary Wang al contrabbasso e Roland Schneider nell'ingrato e impossibile compito di sostituire, alla batteria, Paul Motian presente nel disco precedente. E proprio al batterista di origine armena la Fort ha voluto dedicare questo album che in effetti si apre e si chiude con un brano semplicemente intitolato “Paul Motian”. In mezzo altri otto splendidi originals della pianista che dimostra, così, una felice vena compositiva, a completare il quadro di un'artista a tutto tondo. Anat, infatti, ha studiato pianoforte classico prima di dedicarsi al jazz ed ovviamente nel suo stile si avverte tutta l'importanza di una tecnica sopraffina. Di qui un controllo assoluto della dinamica e del tocco, una facilità improvvisativa non comune, un notevole gusto melodico coniugato con un misurato dinamismo.

Ma, a mio avviso, è quando la pianista dà libero sfogo al suo lirismo che raggiunge i risultati migliori: la si ascolti nel brano “En IF” e nella sua ripresa “If” mentre in “Something ‘Bout Camels” si avverte qualche reminiscenza della sua terra e in “Minnesota” la si ammira in un bel duetto con Gerry Wang; infine negli ultimi due brani si avverte una certa voglia, forse trattenuta più del dovuto, di inoltrasi nei terreni della libera improvvisazione… escursione che, ne sono sicuro, le riuscirebbe benissimo.

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Larry Franco – “Fahrenheit (C'era una volta il night…)”

Larry Franco – “Fahrenheit (C'era una volta il night…)”

Larry Franco – “Fahrenheit (C'era una volta il night…)” – W 741

Larry Franco è un pianista e vocalist di cui mi sono spesso occupato recensendo alcune sue fatiche discografiche. Adesso arriva quest'ultima produzione che lo vede  in quintetto con Mino Lacirignola alla tromba, Pino Pichierri sax alto e sax soprano, Ilario De Marinis contrabbasso e Giampaolo Ascolese alla batteria. Per capire l'atmosfera che regna sovrana nell'album basta osservarne il sottotitolo (C'era una volta il night…). In effetti Larry Franco reinterpreta alla sua maniera, con grande stile ed eccellente personalità, quel repertorio che non molti anni fa imperversava nei night. Brani soprattutto di Buscaglione, di Carlo Alberto Rossi, di Bruno Martino, di Kramer-Garinei-Giovannini in una carrellata di indimenticabili successi che tutti conosciamo assai bene portati al successo dagli stessi Martino, Buscaglione e da Nicola Arigliano. Ed è a quest'ultimo che i cinque vogliono dedicare l'album, essendo tutti, in un modo o nell'altro, legati al grande crooner pugliese. In effetti Larry Franco ha suonato con Arigliano per circa un anno, Lacirignola, Pichierri e De Marinis hanno condiviso con Nicola significative esperienze mentre Ascolese è stato a fianco di Arigliano per ben venti anni. Ed è proprio il batterista che si mette particolarmente in luce grazie ad un drumming intenso e preciso seppure mai invadente, un drumming elastico, in grado di fornire ai compagni di viaggio un tessuto ritmico multicolore e di sicuro spessore. Insomma un'oretta di buona musica nel ricordo di Nicola Arigliano e di ciò che il night club ha rappresentato nella nostra società.

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Paolo Fresu – “Songlines / Night & Blue”

Paolo Fresu – “Songlines / Night & Blue”

Paolo Fresu – “Songlines / Night & Blue” – Tuk – My Favorite 80059 (2 CD)

E' davvero un peccato che questa formazione si esibisca non troppo spesso: il trombettista e flicornista sardo, Tino Tracanna ai sassofoni tenore e soprano, Roberto Cipelli al pianoforte acustico ed elettrico, Attilio Zanchi al contrabbasso e Ettore Fioravanti alla batteria suonano assieme dal 1984 rappresentando, così, una delle formazioni più longeve dell'intera storia del jazz italiano. Ciononostante, dati i molteplici impegni soprattutto del leader, coinvolto in una serie di progetti tutti di elevato livello, i cinque non hanno modo né di esibirsi in concerto né di incidere album. Motivo in più per salutare questo doppio album dovuto all'accordo tra due nuove case discografiche, la “TuK” di Fresu e la “My Favorite” di Patrizio Romano. Il risultato è assolutamente pari alle aspettative, vale a dire superbo. La divisione in due CD questa volta ha un senso preciso: nel primo sono contenute solo composizioni originali dei cinque che, ancora una volta, evidenziano quel filo rosso che li tiene uniti da tanto tempo e cioè un comune gusto melodico, una particolare sensibilità armonica e soprattutto quell'empatia che consente loro di esprimersi compiutamente nel collettivo. Il secondo è dedicato ad una serie di standards accomunati dal fatto di contenere nel titolo la parola “Night” o “Blu”. Anche in questo caso la prova del quintetto non fa che confermare quanto detto in precedenza: magnifico il clima che i cinque riescono ad instaurare nell'ascoltatore grazie soprattutto a quel modo comune di sentire la musica che si percepisce perfettamente nelle loro esecuzioni.

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Lanfranco Malaguti – “Visionary”

Lanfranco Malaguti – “Visionary”

Lanfranco Malaguti – “Visionary” – Splasc(H) CDH 1548

A mio avviso Malaguti è uno dei migliori jazzisti italiani indipendentemente dallo strumento che suona (la chitarra). Ciò perché mai si accontenta dei risultati raggiunti e cerca sempre nuove strade, nuove forme espressive , ben consapevole che, così facendo, si rimette ogni volta in gioco e rischia di disorientare quanto lo seguono da tempo. Questo ultimo album  , registrato nel dicembre del 2009, si inscrive in questo infinito percorso che il chitarrista sta delineando oramai da tempo. Coadiuvato da Renzo De Rossi ai sax tenore e baritono,  Alessandro Tuchet al contrabbasso e Luca Colussi alla batteria Lanfranco si affida ad un organico per lui inusuale. Ma non è questa la sola particolarità dell'album ché il chitarrista questa volta ha voluto impostare tutto un lavoro sugli accordi, scelti secondo precise motivazioni che nulla lasciano al caso. Un tappeto armonico che nonostante questa ricercatezza – o forse proprio per questo – raggiunge l'obiettivo di lasciare poi al solista la massima libertà espressiva. Circostanza che si avverte chiaramente durante l'ascolto di tutti i brani e di cui “profittano” a ben ragione sia lo stesso Malaguti sia De Rossi creando un clima di grande e intima partecipazione. E francamente devo aggiungere che questo è uno degli più difficile da recensire in quanto mi accorgo che con le parole non riesco ad esprimere al meglio quanto mi ha dato l'album: quindi un'ultima raccomandazione, ascoltatelo ma con attenzione nella certezza che troverete molte più sfaccettature di quante non ve ne abbia già indicato.

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Max Monno – “Treni a vapore “

Max Monno – “Treni a vapore “

Max Monno – “Treni a vapore “ – fo(u)r BE006

Chi scrive crede molto nella possibilità di interpretare jazzisticamente un repertorio tratto da altri generi tra cui, ovviamente, anche la canzone italiana. Ebbene l'assunto è dimostrato, se pur ce ne fosse stato ulteriore bisogno, da questo convincente album di Max Monno. Il chitarrista, allievo tra l'altro di Guido Di Leone, è entrato in studio di incisione in quartetto con la vocalist Serena Fortebraccio, il bassista Massimo Moriconi e il batterista Massimo Manzi potendo così contare su una delle migliori ritmiche del panorama jazzistico nazionale. Ma non si è accontentato ed ha quindi invitato, in veste di ospiti d'onori, altri illustri musicisti quali il già menzionato chitarrista Guido Di Leone presente in “Benvenuta” uno dei tre originals di Monno contenuti nell'album, il sassofonista Gaetano Partipilo che suona in “Lazzari felici” , “I Got the blues”  ambedue di Pino Daniele e in “Benvenuta”, e il batterista Fabio Delle Foglie in “Crazy Boy” di Samuele Bersani. E dai titoli fin qui citati, vi sarete resi conto che Monno, pur rivolgendosi al mondo del pop italiano, lo ha fatto in modo originale, alternando brani celebri a pezzi tutt'altro che battuti; così nel CD è inoltre possibile ascoltare,  “Non arrossire” di Giorgio Gaber, “Grazie dei fior”, “Guido piano” di Fabio Concato, “Improvvisamente” di Amurri-Ferrio, “Futura” di Lucio Dalla e il secondo original di Monno, “MMMMMM” che chiude degnamente il CD. Il risultato è sicuramente apprezzabile soprattutto per l'eleganza degli arrangiamenti curati dallo stesso leader in cui riesce a coniugare il risvolto melodico proprio dei brani con l'adozione di un linguaggi jazzistico; il tutto evidenziando un proprio stile che, non rinnegando le inevitabili influenze dei maggiori chitarristi di oggi quali Frisell e Metheny, raggiunge egualmente livelli di sicura originalità. Per quanto concerne gli altri musicisti devo confessare che non conoscevo Serena Fortebraccio particolarmente convincente nell'esecuzione  scat di “Non arrossire”.

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Francesco Pennetta – “Pulse”

Francesco Pennetta – “Pulse”

Francesco Pennetta – “Pulse” – fo(u)r CO404

L'aderenza all'hard – bop è la riconoscibile cifra stilistica della musica presentata in questo album dal batterista salentino che oramai da anni segue e studia questo tipo di jazz con passione ed umiltà: “l'approfondimento di questo stile, sia con la conoscenza personale, sia lo studio con alcune icone viventi, una per tutte Jimmy Cobb, oltre alla bellissima esperienza vissuta in America”, sottolinea lo stesso Pennetta, “mi hanno influenzato notevolmente spingendomi alla ricerca dei musicisti che per stile e gusto avrebbero potuto compiere con me questo passo così importante” E la scelta, coerente ed azzeccata, è caduta sul sassofonista tenore danese Martin Jacobsen (autore dell'unico original presente nel CD), sul chitarrista Francesco Palmitessa (impegnato nel difficile compito di armonizzare e disegnare linee melodiche) e sul ben noto contrabbassista . Dal canto suo Pennetta, pur essendo il leader della formazione, mai eccede nel suo drumming, al contrario sempre puntuale e, quel che più conta, sempre al servizio dei compagni d'avventura con breaks e scambi che esaltano le qualità di tutti. Consequenziale anche la scelta del repertorio tutto basato su brani conosciuti, dovuti alle penna di eccellenti compositori quali Billy Strayhorn, Cole Porter, Duke Ellington, Benny Harris, Toots Thielemans. Con questi ingredienti la musica scorre su un alveo tranquillo, forse anche troppo, per cui si sa da dove si parte e si capisce bene dove si arriva.

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Pippo Starnazza – “Quintetto del delirio”

Pippo Starnazza – “Quintetto del delirio”

Pippo Starnazza – “Quintetto del delirio” – Riviera 017

Ancora un piccolo gioiello – nel suo genere- regalatoci dalla piccola ma prestigiosa etichetta curata da Adriano Mazzoletti. Questa volta il protagonista e il batterista e cantante Pippo Starnazza (al secolo Luigi Redaelli) che si fece valere soprattutto nella prima metà degli anni quaranta alla testa dei “Quintetto del delirio” comprendente alcuni dei migliori musicisti attivi a Milano tra cui Astore Pittana alla tromba, Franco Mojoli al clarinetto e sax alto, Piero Cottiglieri al sax tenore, Enzo Ceragioli o Eraldo Romanoni al pianoforte, Sergio Almangano al violino, Cosimo Di Ceglie alla chitarra. Ovviamente il musicista di maggior peso della compagine (dall'organico e dal numero assai variabile) era senza dubbio alcuno Franco Mojoli, ma Starnazza si fece valere non tanto e non solo come batterista, quanto come vocalist dotato di un innato senso dell'humour con cui condiva ogni sua prestazione. In questo album sono contenuti ventisei brani (dei circa 100 registrati da Starnazza), compresi due pezzi ( “Dinah” e “Oh bimba”) registrati a Milano il 4 luglio del 1962 nel corso di una seduta voluta dallo stesso Mazzoletti. Come al solito esaustive le note che accompagnano il CD e che danno un'idea precisa della musica che si ascolta.

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