La protagonista di “Se io ho perso… chi ha vinto?” a Roma nei prossimi giorni

Tempo di lettura stimato: 5 minuti

Anna Maria Castelli

Anna Maria Castelli

Il percorso artistico di Anna Maria Castelli è stato davvero molto complesso e significativo, toccando vari campi dell’arte canora. Così nel ’96 e ’97 partecipa, per due edizioni consecutive, al Montreux jazz Festival come unica cantante italiana ed ottiene significativi riconoscimenti dalla critica internazionale. Nel 2002 vince il Premio Musica Europa con “Opéra Tango”, nello stesso anno è la protagonista della prima mondiale assoluta, in Lituania, dell’opera inedita composta per sola voce cantante e recitante e orchestra da Léo Ferré “L’Opéra du Pauvre” con la Lithuanian State Symphony Orchestra diretta dal M° Massimo Lambertini. In Italia collabora attivamente con straordinari musicisti quali Gianni Coscia, Simone Guiducci, Salvatore Maiore, Hèctor Ulises Passarella, Renato Sellani ed è voce solista nello spettacolo di Luis Bacalov “Carlitos, la meravigliosa avventura di Carlos Gardel”. Da qualche tempo si dedica al teatro-canzone con “Se io ho perso… chi ha vinto?“.

Lo spettacolo ha debuttato il 13 febbraio al Teatro Rossetti di Vasto, dopo di che è stato visto a Casalgrande, Reggio Emilia, Colle Val D’Elsa in Toscana e adesso va in scena a Roma dal 26 aprile all’8 maggio a Palazzo S. Chiara al Teatro Dei Comici. Ma cosa significa questo spettacolo nella vita e nella carriera di Anna Maria Castelli? Quali le motivazioni che l’hanno spinta a percorrere questo terreno non privo di insidie? Su queste tematiche si è incentrata la nostra intervista con la vocalist milanese.

Da quali esigenze nasce questo spettacolo?

“Giorgio Gaber è morto nel 2003 e da allora il “teatro canzone” non è stato più ripreso come scrittura originale ma è stato riportato in scena attraverso spettacoli dello stesso Gaber: “Polli d’allevamento” con Giulio Casale, Neri Marcoré con “Un certo Signor G”, Enzo Iacchetti con “Chiedo scusa al Signor Gaber” e via dicendo, senza che nessuno però che si sia preso la briga di ricreare il binomio Gaber – Luporini. Otto anni sono tanti e nel frattempo si era creato una sorta di vuoto non facile da colmare. Oltretutto sembrava che, insieme alla scomparsa di Gaber, fosse scomparsa anche una particolare capacità di osservare, di criticare, di sottolineare ciò che ci circonda. Trovo che far morire questo genere di spettacolo, dopo tanta fatica per dargli vita e farlo crescere (perché questo è l’impegno che Gaber, insieme a Sandro Luporini, si è assunto per oltre 20 anni) fosse troppo doloroso anche e soprattutto perché proprio questo genere aveva segnato un certo periodo sociale e politico.Da quando Gaber ci ha lasciati il contesto si è completamente stravolto; lo stesso cantautore, negli ultimi anni, si era accorto che il quadro di riferimento stava mutando in maniera decisa tanto è vero che i temi trattati diventavano “altri” e si notava una certa nota di pessimismo. Quindi, per rispondere alla sua domanda, non abbiamo voluto fare l’ennesima rilettura di uno dei suoi spettacoli, anche perché francamente,recitare oggi “Qualcuno era comunista” rischia di non essere compreso se non a partire da una certa generazione in poi, bensì risvegliare una certa coscienza critica verso cosa siamo oggi, cosa siamo diventati, cos’è oggi il mondo che ci circonda e con il quale interagiamo.

Si può identificare tale carenza in quella ricerca del personale che purtroppo sta diventando un tratto distintivo della nostra società?

“ Penso di sì. Se ci guardiamo in giro vediamo che la gente avrebbe voglia di dare voce alle proprie idee, alle proprie aspirazioni ma poi non si identifica con alcunché, né con un progetto politico, né con un’idea una linea di pensiero che li rappresenti, non ci sono più intellettuali “veri” in grado di stimolare le intelligenze. Insomma c’è una certa “miseria” culturale che implica poca voglia di guardare fuori e di guardarsi dentro. Quindi con “Se io ho perso…chi ha vinto?” vogliamo dare un input a guardare, ad osservare, a riflettere. Cosa farne poi di queste riflessioni …ognuno deciderà per suo conto!

Anna Maria Castelli

Anna Maria Castelli

Com’è articolato lo spettacolo?

“ Il teatro-canzone di Gaber aveva la caratteristica di basarsi su un unico tema che egli affrontava con monologhi e canzoni. Noi abbiamo mantenuto lo stesso stile scegliendo monologhi originali scritti da Abner Rossi, alcune canzoni scritte sempre da Abner e musicate da Mario Berlinguer e altre canzoni scritte dal cantautore romano Alessandro Hellmann e musicate da Gatti e Amadori. Un discorso unitario ma articolato attraverso un caleidoscopio di testi, canzoni, emozioni. Per usare una metafora è come se avessimo scattato 22 fotografie che rappresentano il nostro sguardo sul mondo di oggi, visto attraverso i miei occhi e quelli dei miei “compagni di viaggio”: diverse angolature, temi diversi, tanta voglia di guardare all’oggi per andare avanti, per scrivere tutti insieme una nuova pagina della nostra storia, prima di tutto umana.Oggi discutere se uno è di destra o di sinistra rischia di diventare un’operazione piuttosto oziosa mentre è molto più importante capire come trattiamo il prossimo, come trattiamo noi stessi… insomma sono analisi riportate alla realtà odierna. Lo spettacolo dura circa un’ora e mezza equamente divisa tra una decina monologhi e altrettante canzoni. Queste ultime sono di carattere vario: si va dal brano d’amore come “Di cosa parliamo quando parliamo d’amore” a quello di denuncia come “La minoranza” che, a mio avviso, descrivono entrambi perfettamente il contesto che ci circonda ”.

Chi sono i musicisti che l’accompagnano in questa non facile impresa?

“ Marco Cremaschini al pianoforte e tastiere e Thomas Sinigaglia alla fisarmonica. Quest’ultimo è un giovane talento che utilizza lo strumento in maniera assolutamente originale e credo potrà interessare quanti amano la buona musica. Purtroppo in queste repliche romane mancherà il chitarrista Simone Guiducci che aveva ormai da tempo precedenti impegni di lavoro”.

– Definirebbe “Se io ho perso…chi ha vinto?” uno spettacolo politico?

“ Direi di no, proprio per le cose che descrivevo all’inizio. Semmai lo definirei un esempio di “teatro civile”. Gli argomenti che vengono trattati ci riguardano e ci toccano da vicino, quotidianamente e sono tanti. Non volevamo perdere troppo tempo a soffermarci su posizioni politiche. Ci interessano di più gli esseri umani!Vorrei però aggiungere che, anche se sembra uno spettacolo molto serio, non mancheranno i momenti ironici e comici, esattamente come quelli che Gaber portava in scena. Certo, oggi c’è un po’ meno da ridere….o forse di più: dipende dai punti di vista!

In un contesto così complesso, difficile, variegato come l’attuale, che ruolo può avere il teatro?

“ Grande, assolutamente grande; il teatro deve continuare ad essere la voce della coscienza collettiva, deve continuare ad avere il potere di stimolare, sensibilizzare… un potere quasi maieutico che invece un po’ si è perso perché, come nella musica, anche nel teatro si rischia sempre meno, il pubblico si trova quindi spesso di fronte alle stesse offerte e…si demotiva. Sarebbe utile ed interessante capire come fare a ridare al teatro quel ruolo di centralità che purtroppo ha perso”.

Mi pare che Lei si riferisca anche al problema dei finanziamenti pubblici; ma le sembra giusto da un canto che iniziative teatrali o cinematografiche di nessun rilievo ricevano fondi pubblici e dall’altro che la lirica continui a drenare una massa enorme di ricchezza?

“ Ovviamente no… anche se è difficile definire con esattezza quando uno spettacolo sia meritevole e quando no. Di certo non è giusto sperperare un milione di euro per spettacoli che verranno allestiti e presentati una sola volta. Secondo me è giusto che lo Stato, seppure in parte, dia stimolo, promuova e sostenga la cultura. So che quanto sto per dire è ormai un’opinione largamente condivisa ma, e lo uso solo come esempio, se i fondi distribuiti dal Ministero attraverso il FUS venissero distribuiti con più oculatezza ed equilibrio, non favorendo sempre le stesse istituzioni come si è fatto recentemente con l’Arena di Verona e il Teatro alla Scala (tanto per non fare nomi visto che erano scritti anche sul giornale) sarebbe un bel segnale per chi della cultura e della sua promozione si occupa quotidianamente. Due anni fa sono stata insignita dal Presidente Giorgio Napolitano Cavaliere dell’ “Ordine al Merito della Repubblica Italiana” per meriti artistici, per aver promosso la cultura (non la moda e la cucina) italiana, la lingua italiana nel mondo attraverso la canzone d’autore dei cantautori della “scuola genovese”. Mi chiedo se sia giusto che tanta professionalità e tanta serietà vadano ad arricchire uno Stato che, al contrario, vuole impoverire e cancellare la cultura.”

Articoli scelti per te:

Ti è piaciuto l'articolo? Lascia un commento!

Commenti

commenti

Shares