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Musikorchestra di Luca Garlaschelli – Mingus in strings Vol. I” – Radio SNJ 012
Si può trovare una diversa chiave di lettura per eseguire la musica di Charles Mingus? Certo l'impresa è assai ardua, al limite dell'impossibile vista l'estrema caratterizzazione, specie dal punto di vista ritmico, delle composizioni mingusiane. Eppure Garlaschelli ci ha provato… e già per il coraggio dimostrato andrebbe premiato. Ma, ad onor del vero, le valenze dell'album vanno ben al di là.
Considerato a ragione uno dei più grandi compositori dello scorso secolo Mingus ci ha lasciato una serie di composizioni che malgrado la loro notorietà sono in effetti poco eseguite. Probabilmente per il fatto che essendo stato anche un grandissimo strumentista e un grande leader ripercorrere le sue melodie ed armonie con delle formazioni simili alle sue può risultare in qualche modo non all'altezza del grande Maestro. Altra motivazione è senza dubbio la difficoltà intrinseca della sua musica e di molte sue composizioni. Rendere la musica del grande contrabbassista con un quintetto classico in qualche modo libera la musica di Mingus dal suono dei suoi impareggiabili gruppi e lo inserisce nel mondo delle immortali composizioni che, indipendentemente dalle formazioni che le eseguono, posseggono un'energia propria vera ed assoluta. Questo azzardo è stato possibile soprattutto per la presenza all'interno del gruppo di musicisti che appartengono a diverse provenienze stilistiche sia propriamente jazzistiche che anche di estrazione accademica.
La speranza è che quest'esperienza possa , in qualche modo, far raggiungere la musica di C.Mingus in luoghi e spazi, tra persone e genti che non hanno ancora avuto la fortuna di incontrarla.
esclusivamente al jazz, ma spazia all'interno delle “ colte” con piglio da esploratore e curiosità onnivora. Il suo nuovo disco si chiama Musikorchestra – Mingus in Strings vol. 1. È un coraggioso progetto che rivisita la musica di Charles Mingus attraverso un quintetto d'archi che gravita attorno al contrabbasso di Garlaschelli; ci sono inoltre alcuni brani che ospitano gli interventi della cantante Tiziana Ghiglioni, del pianista Davide Corini e del clarinettista Paolo Tomelleri. Il CD contiene undici brani, di cui dieci appartengono al repertorio mingusiano ed uno, Mingus tango, scritto dallo stesso Garlaschelli.
Mingus in Strings può essere definito come una sorta di fusione, originale e piacevolmente orecchiabile, tra jazz e classica, preservando lo spirito d'improvvisazione del jazz e la profonda vena blues tipica della musica di Mingus. Basta ascoltare alcuni brani come l'iniziale Haitian Fight Song oppure Self Portrait in three colors per avere conferma di quanto si è detto. In occasione dell'uscita del disco abbiamo chiesto a Luca Garlaschelli di raccontare la sua carriera e commentare il progetto di Mingus in Strings vol. 1.

Luca Garlaschelli: Ho cominciato ad amare il jazz quando avevo dodici/tredici anni ascoltando Bill Evans. Suonavo e studiavo chitarra e pianoforte. Allora non c'erano tante scuole. Così ho preso la tenda e sono andato a Siena Jazz, era il 1982. C'era anche Paolo Fresu. Ho frequentato per tre anni Siena Jazz e poi ho cominciato a studiare in conservatorio. Lì ho incontrato un grande maestro del contrabbasso, avevo diciotto anni. Poi il pianista Piero Bassini mi fa fare la prima serata al Capolinea di Milano: comincia la mia avventura professionale. Erano anni in cui si suonava tanto. Nel frattempo mi sono diplomato in contrabbasso e ho cominciato altre collaborazioni con musicisti come Paolo Tomelleri, Carlo Cagnoli, Tony Scott, Mario Rusca, Arrigo Cappelletti, Tiziana Ghiglioni, Stefano Battaglia, tutti del “giro” milanese.

Jazz Convention: In quel periodo non suonavi solo jazz…
LG: Per l'appunto ho cominciato a collaborare anche in ambiti extra jazzistici con Moni Ovadia e con uno dei più grandi baritoni della musica lirica, Leo Nucci, con cui ho suonato in concerti con quartetto d'archi, contrabbasso e pianoforte. Poi ho lasciato Ovadia perché volevo suonare di più e non volevo fare, allora…, musica per il teatro. Così mi sono dedicato solo al jazz, collaborando con musicisti come Franco D'Andrea, Enrico Rava, Paolo Fresu, Gianluigi Trovesi, Tiziana Ghiglioni. Poi è arrivato il sodalizio con Giulio Capiozzo: allora prendeva musicisti americani e organizzava tournè in Italia. Così ho preso a suonare con Bruce Forman, Jimmy Owens, , Steve Turrè, Harold Land… Esperienze che mi hanno fatto crescere tantissimo dal punto di vista musicale.

JC: Stando alla tua biografia hai cominciato in quel periodo ad incidere dischi….
LG: Si, credo di averne registrati una sessantina, tra i miei e gli altri. Ricordo ancora le registrazioni con Franco D'Andrea e Michael Rosen; poi un bel disco che avevo fatto con un quintetto d'archi e i dischi con Piero Bassini, uno dei quali ha avuto una certa notorietà piazzandosi molto bene nella classifica della rivista Musica Jazz. Alla batteria c'era Ettore Fioravanti. Questo per quanto riguarda la parte jazzista. Quella non jazzistica si apre con un disco che ho realizzato con Moni Ovadia, Oylem Goylem. Alla fine degli anni novanta ho costituito un gruppo chiamato Musikorchestra, che sarà il nome che darò a tutti i miei gruppi: comincia la mia carriera solistica. Con questo gruppo ho inciso Don't Forget… (1999), primo disco, con ospiti Tiziana Ghiglioni e Moni Ovadia. Poi ne è uscito un altro nel 2001 The Sound of Dream e nel 1994 Salam Alayekum, dal sapore quasi etnico, registrato dopo essere stato con il pianista Gaetano Liguori a Beirut. Dopo è venuto Mai Tardi (2008), un lavoro sui partigiani a cui sono molto affezionato. Adesso questo Mingus in Strings.

JC: Come è nato Mingus in Strings?
LG: Il disco è nato da un lavoro fatto in una grossa orchestra che dirigevo, la Big Orchestra del Crams di Lecco; era un progetto su Mingus tra didattica e professionismo. Il lavoro è durato due anni. Il gruppo comprendeva dodici fiati più la sezione ritmica. Ho dovuto scrivere gli arrangiamenti e di conseguenza studiare a fondo la musica del grande contrabbassista americano. Da allora mi è nata l'idea di questo progetto. Ho notato che la musica di Mingus ha delle caratteristiche armoniche e melodiche che vengono spesso scalzate dal grande impatto ritmico. Ho sempre pensato che il concentrato della musica di Mingus potesse essere raffigurato da una formazione molto cameristica, come quella del quintetto d'archi. è una scommessa! Secondo me vinta, anche per il fatto che negli anni abbiamo avuto la crescita di musicisti specializzati nell'uso dello strumento ad arco che, oltre a leggere ed interpretare la musica, sono anche degli ottimi improvvisatori. Emanuele Parrini e Paolo Botti, che mi aiutano e sono due quinti del gruppo, sono fondamentali perché rappresentano modi di suonare il violino e la viola inusitati nel nostro studio normale ed interpretativo. Eliana Gintoli e Mariella Sanvito sono anche loro fondamentali perché danno ordine nel gruppo.

JC: I musicisti del quintetto vengono tutti dall'orchestra?
LG: Eliana e Mariella sì, suonano normalmente nell'orchestra e sono ottime soliste. Per loro e per gli altri componenti del quintetto scrivo tutto, però ci sono degli spazi improvvisativi in cui interagiamo.

JC: Nel disco ci sono altri ospiti….
LG: All'interno del disco suonano Tiziana Ghiglioni in Portrait, che considero la più grande cantante jazz che abbiamo; Paolo Tomelleri al clarino, che ha collaborato con un suo cameo in Jelly roll arrangiato in stile tradizionale; e Davide Corini al piano che ha impreziosito il brano, Jump Monk.

JC: Come hai scelto i pezzi di Mingus? Sappiamo tutti che il suo repertorio è vastissimo e ricco di brani splendidi ma difficoltosi… .
LG: Il disco si chiama Mingus in Strings vol. 1 perché l'idea è di continuare il progetto sul contrabbassista, senza pensare obbligatoriamente di fare l'opera omnia. Direi comunque che la scelta dei brani è stata abbastanza casuale: mi metto al pianoforte, me li leggo e decido quelli da interpretare.

JC: Rispetto al tuo disco precedente, Mai Tardi del 2008, Mingus in Strings è completamente diverso. Che cosa significa questo nella tua carriera di musicista, compositore e arrangiatore?
LG: Credo che sia fondamentale per tutti i musicisti fare una ricerca sul linguaggio. Questa ricerca deve essere fatta secondo le caratteristiche dei musicisti in gioco. è chiaro che in questo caso la ricerca timbrica e strumentale è in primo piano. Anche in Mai Tardi c'era stata una ricerca: ho pensato ad una tromba con due clarinetti. Che poi guarda caso i due strumenti sono la front line della musica klezmer, da cui sono stato influenzato lavorando con Moni Ovadia. Credo che Mingus in Strings sia il lavoro più jazzistico che io abbia mai fatto fino adesso. è anche la prima volta che incido con musica non mia – nel disco ci sono dieci brani di Mingus e uno, Mingus Tango, scritto da me.

JC: Cosa lega Mingus al tango, perché hai scelto di scrivere un brano….
LG: Il tango è una di quelle forme musicali apparentemente lontane da Mingus perché lui non lo ha mai frequentato; però la passionalità del tango è una cosa che l'avvicina molto a quel mondo lì. Volevo anche ribadire la volontà di scrivere musica propria all'interno di progetti di altri.

JC: è stato difficile costruire, vista la complessità della musica di Mingus, un progetto musicale da rendere fruibile e nello stesso tempo adattabile a strumenti inconsueti per il jazz, preservandone lo spirito?
LG: Questo tipo di lavoro, in un certo senso, libera Mingus dalla sua storia e dal suo modo di fare musica. Usando la sua musica su un terreno strumentale diverso dal jazz, gli si conferisce una statura artistica simile a quella che hanno Duke Ellington, George Gershwin. Spesso anche musicisti classici hanno visto le loro opere prese e trasformate, si pensi a Mozart. Così diventa materiale musicale di libero accesso per le idee di tutti. Non è tanto importante come i grandi suonavano la propria musica, quanto invece lo è la musica stessa che hanno suonato. L'operazione che ho fatto vuol essere un po' questo: liberare Mingus dagli stereotipi, per cogliere solo l'essenza di quello che lui ha scritto e trasporla in una formazione musicale quasi antitetica a quello che lui rappresentava.

JC: La casa discografica? Come è andata con loro?
LG: Con i ragazzi della SNJ Records mi sono trovato benissimo. Ho chiamato il direttore artistico che è Tullio Ricci, bravissimo sassofonista, e gli ho proposto questo progetto, mi ha detto solo “va bene, dicci quando vai in sala”.

Luca Garlaschelli dopo le numerose collaborazioni della sua prima parte di carriera, nella quale ha suonato tra gli altri con Giulio Capiozzo, Paolo Fresu, Stefano Bollani, Enrico Rava, Bruce Forman, si divide ora tra i suoi due impegni principali. Uno lo vede far parte stabilmente del gruppo che accompagna Moni Ovadia nel suo teatro musicale ad alto impegno civile e l'altro lo vede titolare della Musikorchestra. Contrabbasista e compositore, Garlaschelli si cimenta nel suo nuovo lavoro con l'imponente figura di Charles Mingus.

Con Mingus in strings vol.1, affronta l'avvincente sfida di tale confronto con l'umiltà del musicista che riconosce l'inarrivabile genio di Mingus ma anche con la consapevolezza dei propri ambiziosi progetti già pregevolmente realizzati, uno su tutti quel Mai tardi del 2007, CD+DVD ispirato e dedicato agli uomini e alle donne della resistenza partigiana. Per l'occasione però si circonda di un quartetto d'archi, con il quale rielabora le composizioni sviscerandole dal territorio prettamente jazz per esaltarne le qualità compositive in termini più ampi. Questo grazie alla eterogenea formazione che vede Mariella Sanvito al violino e Eliana Gintoli al violoncello di estrazione classica ed Emanuele Parrini al violino e Paolo Botti alla viola di formazione jazzistica, che si prestano ad amalgare i propri background per questo progetto.

L'apertura di contrabbasso nell'iniziale Haitian Fight Song, è l'intro per il quartetto d'archi che poi prende il sopravvento nelle partiture, con Garlaschelli a tessere le battute ritmiche e che chiama intorno a se alcuni ospiti per dare dinamicità all'ascolto. Ascoltiamo quindi la voce di Tiziana Ghiglioni in Portrait, il clarinetto di Paolo Tomelleri per Jelly Roll nel quale Botti suona il banjo e Davide Corini al pianoforte in Jump Monk, una della mie preferite insieme a Boogie Stop Shuffle e la dolce The Man who never sleeps. Chiude Mingus Tango, composizione originale a firma di Garlaschelli, vibrante omaggio in stile porteños.

A metà strada tra jazz avanguardistico di stampo ECM e composizioni camerali, l'esecuzione della Musikorchestra, riesce a rendere in questa nuova veste la personalità complessa e tormentata del grande musicista di Nogales, del quale mi piace ricordare anche una delle più belle autobiografie musicali mai scritte, Peggio di in un bastardo, da lui scritta nel 1971. Un bel disco anche se a tratti non di facile ascolto, che però saprà dare soddisfazione sia all'ascoltatore più esigente, sia a chi non ha paura di lasciarsi trasportare in quei territori di confine alla ricerca di nuove esperienza musicali.
Il catalogo di Radio SNJ Records – B Flat si arricchisce di un nuovo album davvero originale e molto interessante: Mingus in Strings Vol. 1, eseguito dal quintetto d'archi Musikorchestra di Luca Garlaschelli, a cui si affiancano in tre brani altri artisti che non hanno bisogno di presentazione: Tiziana Ghiglioni, Paolo Tomelleri e Davide Corini. Tutti i brani dell'album sono composizioni di Charles Mingus. Unico brano originale è la track 11, Mingus Tango, composta da Luca Garlaschelli.

Garlaschelli sviluppò inizialmente questo progetto in seno alla Big Orkestra del CRAMS di Lecco, che dirigeva. Si occupò personalmente di tutti gli arrangiamenti e questo approfondito lavoro gli permise di assimilare in tutta la sua grandezza l'abilità compositiva di Charles Mingus e di sviscerare l'immenso patrimonio armonico e melodico contenuto nelle sue composizioni, che troppo spesso vengono apprezzate prevalentemente per il forte impatto ritmico ma quasi a discapito dell'approfondimento dell'aspetto armonico e melodico.

Mingus fu un compositore eccelso, dice Garlaschelli, paragonabile a Duke Ellington o a J.S. Bach. Non è un'affermazione azzardata, questa: Luca Garlaschelli è un musicista completo, contrabbassista, direttore, arrangiatore, docente, che nel corso degli anni ha sviluppato parallelamente le due strade che un musicista può percorrere: classica e jazz. Questa sua duplice personalità gli ha consentito di cogliere nell'opera di Charles Mingus quegli aspetti cameristici che sono stati poi sviluppati proprio in questo nuovo disco realizzato con un quintetto d'archi. Un'idea insolita che nessun'altra formazione ha mai proposto finora. Una sfida impegnativa, data la difficoltà del repertorio di Mingus, ma riuscitissima con questo vol. 1, al quale, come conferma Garlaschelli, seguiranno sicuramente altri album.

La quasi totalità del materiale contenuto in questo album è opera di Mingus. Per poter realizzare il progetto in quintetto d'archi è stato necessario reperire i musicisti adatti: professionisti dotati di grande capacità e sensibilità in ambito classico, ma anche versatili ed aperti all'improvvisazione, con una spiccata propensione al ritmo ed alla pronuncia jazzistica.
Al pari di Garlaschelli, Mariella Sanvito (primo violino), Emanuele Parrini (violino), Paolo Botti (viola) ed Eliana Gintoli (violoncello) hanno infatti maturato una rimarchevole esperienza nei due generi musicali, classica e jazz, dando tutti in egual misura un rilevante apporto alla riuscita del disco.

L'unico brano originale dell'album, Mingus Tango, ha anch'esso le proprie radici nella musica classica: racconta Garlaschelli che quando compose questo pezzo era impegnato in orchestra con una sinfonia di Stravinsky, e che sicuramente ha subito l'influenza del sommo compositore.

“Mingus in Strings” merita davvero un attento ascolto e risulterà di sicuro interesse sia per il pubblico amante del jazz sia per gli estimatori della musica da camera. Come tutti gli album realizzati da SNJ Records, è reperibile on line, tramite il sitowww.radiosnj.com nella sezione “Records”. Anche per questo album va fatta menzione all'ottimo lavoro svolto in fase di registrazione e mixaggio. (Rossella Del Grande per Jazzitalia)

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