Tempo di lettura stimato: 8 minuti

Kekko Fornarelli – “Room of mirrors”

Kekko Fornarelli – “Room of mirrors” – Auand 3002

Il pianista barese Kekko Fornarelli giunge al suo terzo album con un nuovo progetto denominato “Kube”; la formula è sempre quella del trio completato, questa volta , da Luca Bulgarelli al contrabbasso e Gianlivio Liberti alla batteria. Ed anche i modelli di riferimento sembrano gli stessi vale a dire Michel Petrucciani a cui era dedicato esplicitamente “A French Man in New York” (il precedente album), il migliore Esbjorn Svensson con il gruppo E.S.T. e quindi, in ultima analisi, quel Bill Evans che ha rivoluzionato la concezione del trio pianoforte-contrabbasso-batteria. E non v'è dubbio che questo tipo di “lezione” sia stata perfettamente assimilata da Kekko: la “sua” formazione si muove su coordinate stilistiche ben precise per cui non esiste una gerarchia strumentale ma il tutto si regge sull'interplay e quindi sulla capacità di ognuno di ascoltare l'altro. Di qui una musica sempre fresca, che sembra sgorgare spontanea dall'incontro fra i tre, anche se ad un ascolto più attento risalta abbastanza chiara la predilezione di Fornarelli per una scrittura attenta, ben calibrata che non lascia molto spazio all'improvvisazione. In effetti nelle note di copertina (su cui ci consentirete una notazione finale) Kekko spiega la genesi del disco vale a dire la volontà di confessarsi, di aprirsi dinnanzi a chi ti ascolta. Ecco quindi il brano di apertura (che da il titolo al ): il pianista immagina di essere in una “Stanza degli specchi” che riflettono gli  aspetti della sua personalità. Da qui l'inizio di un viaggio che, attraverso le otto composizioni del leader, dovrebbe lumeggiare varie situazioni della vita quotidiana, dalla frenesia delle nostre azioni (“Daily Jungle”) al viaggio notturno verso casa (“Night lights”). Sono necessarie queste spiegazioni per capire la musica e soprattutto la musica illustra davvero tali stati d'animo? Ad avviso di chi scrive assolutamente no … fermo restando che si tratta di un ottimo jazz … anche se svincolato da questa sorta di “concept” che così come le dediche sembrano diventati elementi indispensabili per i jazzisti nostrani. Il sound del gruppo è quanto mai elegante e piuttosto originale anche quando Fornarelli si esprime “elettronicamente”; il materiale tematico è di prim'ordine grazie alla profonda conoscenza musicale dell'autore che gli consente di riferirsi, sempre in modo pertinente, a vari universi sonori; per finire, la bravura dei singoli è fuori discussione. Ed eccoci a quella considerazione cui prima si faceva riferimento: evidentemente se si introducono delle note di accompagnamento è perché le si ritiene importanti? Allora non sarebbe meglio abbandonare astrusità grafiche e consentire una lettura più facile?

Articoli scelti per te:

Ti è piaciuto l'articolo? Lascia un commento!

<< Pagina precedente

  1. Page 1
  2. Page 2
  3. Page 4
  4. Page 5
  5. Page 6
  6. Page 7
  7. * Tutto in una pagina *
Pagina successiva >>

Commenti

commenti

Shares