Agosto

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Daniel Smith – “Blue bassoon”

Daniel Smith – “Blue bassoon”

Daniel Smith – “Bassoon goes latin jazz!” – Summit Records DCD560
Daniel Smith – “Blue bassoon” – Summit Records DCD 530
Il “bassoon” – ovvero fagotto – non è certo strumento flessibile e adatto al linguaggio jazzistico. Eppure c'è un musicista – Daniel Smith – che oramai da anni ci dimostra il contrario con una serie di album che portano in primo piano proprio il fagotto nell'interpretazione di un repertorio sia prettamente jazzistico sia risalente a forme vicine al jazz quali la musica brasiliana. E' in tale contesto che si inseriscono questi due recenti album. “Bassoon goes latin jazz” registrato nel marzo del 2011, è dedicato, come esplica il titolo, al latin jazz e coerentemente presenta tutta una serie di classici del genere, da “Mr. Kenyatta” di Lee Morgan a “Watermelon Man” di Herbie Hancock, da “So danço samba” di Antonio Carlos Jobim a “Black Orpheus” di Luis Bonfa', da “Yardbird suite” di Charlie Parker, a “Manteca” di Dizzy Gillespie… a “Peace” di Horace Silver… a “Mambo from the Dance at the Gym” di Leonard Bernstein. L'esecuzione è trascinante, assai fedele allo spirito delle composizioni (si ascolti lo splendido “Black Orpheus”) con Daniel Smith sempre in primo piano ben coadiuvato dai compagni d'avventura Daniel Kelly al piano, Michael O'Brien al basso, Vincent Ector alla batteria, Neil Clarke alle “latin percussion” con l'aggiunta di due ospiti d'onore, Sandro Albert alla chitarra e soprattutto il sempre straordinario Roswell Rudd al trombone.
Di impianto diverso “Blue bassoon” risalente al 2009; innanzitutto il gruppo è completamente diverso dato che a suonare con Smith sono Martin Bejerano al piano,

Daniel Smith – “Bassoon goes latin jazz!”

Daniel Smith – “Bassoon goes latin jazz!”

Edward Perez al basso, Ludwig Afonso alla batteria e il Larry Campbell presente in due brani quale ospite d'onore. In repertorio tredici brani dovuti alla penna di Horace Silver, Charlie Parker, Mercer Ellington, Joe Zawinul, B.B. King, Cannonball Adderley, Charles Mingus, John Coltrane, Lee Morgan, George Shearing, Wayne Shorter, Sonny Rollins… come a dire una sorta di piccola-grande enciclopedia del jazz. Smith esegue questi impegnativi brani da un canto rispettandone l'originaria valenza, dall'altro piegando il fagotto alle sue esigenze espressive. Il risultato è semplicemente stupefacente: la voce, certo non particolarmente potente del “bassoon”, si adatta alla carica di swing insita nello stile di Smith con tale facilità e naturalezza da farci credere che il fagotto sia uno strumento di casa nel jazz… mentre, in realtà, di altre registrazioni jazz per fagotto quasi non ce ne sono.

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