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Richard Cook – "Blue Note Records – La biografia"

Richard Cook – "Blue Records – La biografia"

Si può raccontare la storia del jazz attraverso la storia di una casa discografica? Se tale casa èla Blue NoteRecordsla risposta è senza dubbio alcuno sì. Il bel volume di Richard Cook (originariamente pubblicato nel 2001) , interamente dedicato alla creatura di Alfred Lion e Frank Wolff,  ci narra, con dovizia di particolari, la vita della etichetta a partire dall'anno della sua fondazione nel 1939, fino alla crisi degli anni sessanta e alla successiva rinascita degli anni ottanta. E così facendo ci fa rivivere alcuni momenti particolarmente importanti nella storia e nell'evoluzione della musica jazz.

In effetti per questa storica etichetta hanno inciso alcuni dei più grandi jazzisti di tutti i tempi, da Art Blakey a Thelonious Monk, da Bud Powell a Miles Davis, da Horace Silver (forse l'artista che meglio ne rappresenta l'anima) ad Ike Quebec… da John Scofield a Wynton Marsalis, da Dianne Reeves a Norah Jones… tanto per fare qualche nome, ma l'elenco potrebbe continuare ancora per molto.

Ma non si trattava di incisioni qualsiasi dal momento che le sedute nascevano da una straordinaria interazione tra musicisti e produttore: prima nel mondo del jazz,la Blue Noteriuscì ad imporre un proprio stile sempre moderno seppur legato alla tradizione, una propria qualità musicale, un proprio sound tanto che, ascoltando un album, si poteva ben dire, con ottima approssimazione, “questo è un disco Blue Note”. E il sound Blue Note lo si deve soprattutto a quel genio di Rudy Van Gelder che, come tecnico del suono, accompagnòla Blue Notenegli anni del suo massimo splendore.

Le peculiarità dell'etichetta non riguardavano solo la musica ma anche le copertine con annessi e connessi. Oggi forse non lo ricordiamo ma in origine i dischi  venivano presentati in anonime buste chiuse eccezion fatta per alcuni 78 giri che erano come raccolti in una sorta di album di dischi singoli supportati da un'immagine ad hoc. Nei primissimi anni '50, quando cominciarono ad apparire i primi lp da dieci pollici, si presentò l' esigenza di confezionare gli album in modo diverso dal momento che gli stessi dovevano essere esposti sugli scaffali dei negozi, ben visibili agli eventuali compratori. Di qui il problema: come organizzare le copertine? Ovviamente ogni etichetta si regolò a modo suo, mala Blue Notefu forse l'unica ad imporre anche in questo campo un suo stile, merito in origine di tre grafici, Gil Mellé (anche buon musicista), John Hermansander e Paul Bacon che creavano progetti piuttosto fantasiosi impreziositi dalle belle foto in bianco e nero dei musicisti che Wolff scattava sempre all'interno degli studi di registrazione. Nacquero così le celebrate copertine Blue Note così caratteristiche con i loro colori blu e nero e le foto degli artisti sempre corredate da esaurienti note di copertina affidate a critici di vaglia.

Insomma, il libro avrebbe potuto essere una sorta di discografia ragionata, forse anche interessante, ed invece si è risolto, come si accennava in apertura, in uno stupefacente viaggio negli anni più importanti ella storia del jazz, alla scoperta – o forse sarebbe meglio dire alla rilettura – di alcuni dei grandi maestri di questa musica che tando devbono alle intuizioni di due tedeschi così innamorati del jazz.

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