A Proposito di Jazz – Di e con Gerlando Gatto

I nostri CD

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Blue Notes, “Before the Wind Changes”

Blue Notes, “Before the Wind Changes” (Ogun records; OGCD 037)
di Luigi Onori – Dei leggendari Blue Notes – gruppo leader del jazz sudafricano in patria e soprattutto in esilio, dal 1964 – continuano ad essere pubblicati album live che documentano un’infaticabile creatività. Nel 2011 è uscito, sempre per la Ogun di Hazel Miller, “Spiritual Knowledge and Grace”, registrato il 22 giugno 1979 ad Eindhoven (Paesi Bassi) nel Jazzclub De Markt: qui Dudu Pukwana, Johnny Dyani e Louis Moholo suonarono con Reverend Frank Wright dato che Chris McGregor (il quarto Blue Notes; il quinto, il trombettista Mongezi Feza, era già scomparso) non riuscì a raggiungerli. Pochi giorni dopo – il 1° luglio – il quartetto al completo è a Waregem (Belgio) al Jazzclub De Hoop e l’intera performance costituisce “Before the Wind Changes”. Per oltre settanta minuti il sax alto di Pukwana, il piano di McGregor, il contrabbasso di Dyani e la batteria di Moholo (insieme alle loro voci) scuotono l’atmosfera del locale in un vibrante fluire; al suo interno sono riconoscibili brani del folclore sudafricano arrangiati (“Lonta Uyagula”) e pezzi originali (da “Ithi Gui” a “Lakutdhona Ilanga” di Mackey Davashe) fusi in una ribollente sequenza. A distanza di quindici anni dall’autoesilio i jazzmen sudafricani non hanno perso né la carica comunicativa, né lo spirito di ribellione, né l’enorme energia sonora e vitale che rende la loro musica straordinariamente toccante ancora oggi. Pukwana è un altista senza rivali, Moholo è un “fiume in piena” poliritmico mentre Dyani e McGregor (penalizzato da un cattivo piano, poco udibile nella registrazione) cuciono e connettono un jazz palpitante che lasciò un segno indelebile sulla scena sonora britannica ed europea.

Dario Cecchini – Jazzasonic – “My Favourite Records”

Dario Cecchini – Jazzasonic – “My Favourite Records” – 8034135080165
di Daniela Floris – Jazzasonic è un bel cd di jazz: variegato, curato, divertente e ben confezionato. E questo perché Cecchini è un sassofonista che dalla sua parte ha una grandissima esperienza. Ha suonato moltissimo, in tanti contesti diversi, ed ha quindi assorbito un “know how” notevole, che trapela proprio dalla struttura innanzitutto compositiva dei brani, tutti più che godibili, anzi possiamo definirli certamente molto interessanti. Complessi, studiati ma anche molto diretti tutti i brani si distinguono per una grande attenzione prestata agli arrangiamenti nelle parti obbligate, disegnati con la cura degli arrangiamenti delle “Big Band”, soprattutto per quanto riguarda la sezione fiati. E la sezione fiati su cui Cecchini può lavorare è timbricamente molto ricca, poiché già lui da solo in questo disco suona Sax Baritono, Sax Soprano, Flauto, Flauto Alto e Clarinetto Basso. Poi ci sono la tromba e il flicorno di Fabio Morgera, ma anche il Rhodes e il Moog e il Wurlitzer di Michele Papadia, il basso di Paolo Ghetti, e naturalmente la batteria di Walter Paoli. Il materiale sonoro dunque abbonda, e Cecchini creativamente lo mescola da tutti i punti di vista: mescola le tessiture, mescola i ritmi, mescola obbligati e lunghi soli d’improvvisazioni.
Apre il cd, un’inusuale alternanza tra un blues molto swingante costruito su un’alternanza tra tempi in 4 e in 3, interrotto in più episodi da un ¾ bandistico molto divertente e anche un po’ (positivamente) sconcertante. Si prosegue, con” Nene’s smile”, anch’ esso caratterizzato da un tempo dispari, in 7 ma così morbido da essere quasi languido, e nel quale spicca un bel solo di Morgera. In “Not easy money”, il sax baritono di Cecchini si appoggia su un arrangiamento perfetto, swingante, energico. Cecchini sa bene come evidenziare il timbro del suo strumento, guidando la linea melodica attraverso suggestivi contrasti tra i registri acuto e grave. Torna l’alternanza ritmica tra tempi pari e dispari in “ 4 &5”: a Cecchini piace giocare sui contrasti, e i contrasti sono evidenziati dalla grandissima cura degli accenti, delle dinamiche, che denotano che la fase della scrittura è stata una fase molto importante nella stesura complessiva di questo lavoro, in cui poi si sono incastonati (molto bene) episodi improvvisativi notevoli. Il contrasto, come già accennato, è stato curato anche dal punto di vista timbrico (il clarinetto basso interagisce con la tromba, ma anche con il contrabbasso di Ghetti). In “Doc Support” i cambi di registro sono garantiti da Paoli che alla batteria delinea le zone armonico ritmiche con creativa precisione. C’è anche un brano quasi “beguine”, intimistico (“Kefalonia”) in cui è il flauto a cantare. “10 the day after” è la summa espressiva di un cd davvero pieno di spunti, certamente sperimentale ma molto jazzistico. Da ascoltare più volte con attenzione.

Egg Project – “Urla”

Egg Project – “Urla” – Siena Jazz SJR 2010/1
Roberto Nannetti alla chitarra, Mirco Mariottini ai clarinetti, Franco Fabbrini al basso e Fracesco Petreni alla batteria sono i componenti di “egg project” che tra il 2009 e il 2010 hanno dato vita a quest’album il cui titolo – “Urla” – si riferisce al nome del borgo di pescatori vicino a Smirne (Urla appunto) visitato dopo un concerto a quel festival. Il quartetto è composto da musicisti tutti provenienti da Siena Jazz che contribuiscono, in tal modo, a riaffermare il ruolo estremamente importante ricoperto da questa istituzione nella crescita dei jazzisti nostrani. Nannetti e compagni evidenziano, infatti, una maturazione stilistica non comune cui si affianca, nel caso del chitarrista, una rilevante capacità compositiva dal momento che sui dieci originals presenti nell’album ben cinque sono dovuti alla sua penna (gli altri sono due di Fabbrini, due di Petreni e uno di Mariottini). E questa varietà di scrittura fa bene all’album dal momento che abbiamo l’opportunità di ascoltare il gruppo impegnato su diversi terreni; ogni musicista immette nelle rispettive composizioni il proprio portato dando quindi un contributo affatto personale cui,di volta in volta, si adeguano tutti gli altri. Si passa così da atmosfere chiaramente influenzate dal pop o dalla musica brasiliana, ad altre in cui l’input del jazz – dal tradizionale alla libera improvvisazione – è molto più forte. Il risultato è una bella unitarietà di fondo nonostante le diverse ispirazioni cui ciascun brano è riconducibile. Ad esempio “ABC DD”, che apre l’album , rimanda ad atmosfere arabeggianti grazie anche all’ottimo assolo di Mariottini; di impostazione più chiaramente jazzistica “Martedì” e “In medesimal mood”; “Eggoli” di Francesco Petreni è costruito anche per evidenziare le splendide doti “batteristiche” dello stesso autore mentre “Mavi Elektric” si rifà, come suggerisce lo stesso titolo, al migliore “jazz elettrico” .

Govinda + Ananda Gari – “Incipit”

Govinda + Ananda Gari – “Incipit” – Jazz Engine 8016
Album di grande raffinatezza ed eleganza questo che vede protagonista un quintetto guidato dai fratelli Gari (Govinda piano e Fender Rhodes e Ananda batteria) e completato da Luca Nostro alla chitarra, Gabriele Pesaresi al contrabbasso e Mark Turner al sax tenore. Si tratta di un esordio discografico e se, come si dice, il buon giorno si vede dal mattino allora non c’è dubbio che per i giovani fratelli si prospetta un futuro roseo. L’ album nasce dal desiderio dei Gari che, dopo aver predisposto un repertorio di dieci brani e aver costituito il quartetto italiano, decidono di andare a New York e registrare questo loro primo album con l’apporto non secondario del sassofonista Mark Turner. Detto, fatto e così i cinque entrano negli studi “Sistems Two” di Brooklyn l’11 settembre 2010 dove in una sola giornata licenziano l’album in oggetto. Il CD può essere ascoltato avendo riguardo a diversi parametri. Innanzitutto il materiale tematico. Come si accennava si tratta per la totalità di brani originali in cui si avverte una spiccata cantabilità anche se non mancano raffinatezze armoniche e ritmiche; il tutto, però, mantenuto su una linea di semplicità più facile a dirsi che a farsi. Esemplare, al riguardo, “Song for mom” a mio avviso il miglior brano di tutto l’album. Dal punto di vista esecutivo, i cinque si muovono sul terreno di un modern jazz concepito senza esasperazioni free, senza alcun virtuosismo solistico ma basato soprattutto sulla compattezza del gruppo e quindi sull’interazione tra i musicisti. Si ascoltino al riguardo “Next worlds #2” e “Next worlds #3” impreziositi da un gran lavoro di Ananda alla batteria. Insomma un disco affascinante che fa ottimamente sperare per il futuro di questi giovani.

Fabio Giachino – Introducing myself

Fabio Giachino – Introducing myself – musicamdojazz PIMU 02
Ecco un altro emergente a convalidare l’ottimo periodo che, almeno dal punto di vista creativo, sta attraversando il jazz italiano. Nato ad Alba venticinque anni fa, il pianista può vantare un’eccellente preparazione di base sia nella musica colta sia nel jazz: diploma in Organo e laurea di II Livello conseguiti rispettivamente nel 2006 e nel 2009 e quindi approfondimento della materia jazzistica con insegnanti del calibro di Joe Calderazzo, Kurt Rosenwinkel, Franco D’Andrea e Stefano Battaglia tanto per citare qualche nome; nel 2009 studia a New York con Fred Hersh e Hal Crook, periodo che per quanto breve Giachino considera fondamentale per la sua maturazione. Forte di questo background, Giachino si affaccia al mondo del jazz ottenendo quasi subito ampi riconoscimenti quali il “Premio Internazionale Massimo Urbani 2011”, il “Premio Nazionale Chicco Bettinardi 2011” del Red Award “Revelation of the year” JazzUp channel e il “Premio Carrarese Padova Porsche Festival 2011”. Attualmente è impegnato in diversi progetti: l’ultimo è per l’appunto il trio registrato in questo album con Davide Liberti al basso e Ruben Bellavia alla batteria, cui si aggiunge in 4 brani come ospite d’onore il sassofonista Rosario Giuliani. E diciamo subito che l’album è su livelli eccellenti evidenziando, innanzitutto, le qualità di Giachino nella triplice veste di pianista, leader e compositore dal momento che su un totale di undici brani ben nove sono suoi. E si tratta di composizioni tutte ben articolate, costruite con sagacia in cui si avverte chiaramente il grande patrimonio di conoscenze musicali che sorregge questo artista. Di qui un variare di atmosfere che rende l’ascolto mai noioso o statico. Se il trio funziona assai bene, con una notevole dose di interplay, bisogna però riconoscere che l’innesto di Giuliani è quanto mai positivo dal momento che il suo sax fornisce al combo una marcia in più, a conferma che Rosario si va sempre più imponendo come uno dei migliori sassofonisti a livello europeo.

Javier Girotto, Luciano Biondini – “Iguazù”

Javier Girotto, Luciano Biondini – “Iguazù” – Note Sonanti 14-3-2011
Javier Girotto e Luciano Biondini, due artisti ben conosciuti al pubblico e che collaborano oramai da oltre un decennio: l’uno, argentino, ha trovato in Italia la sua seconda patria e da noi ha avuto modo di esplicare appieno tutte le sue potenzialità artistiche dapprima con gli Aires Tango e, da qualche tempo, come solista in diversi contesti; Luciano Biondini, strepitoso fisarmonicista, si inserisce a pieno titolo in quel filone di grandi artisti (Gianni Coscia, Renzo Ruggieri, Antonello Salis, Simone Zanchini… e prima ancora Gorni Kramer) che ci hanno fatto capire come anche la fisarmonica, se suonata in un certo modo, può ben adattarsi al linguaggio jazzistico. Quale il punto in comune tra i due? Sicuramente l’amore per la melodia… e forse quella nostalgia di fondo che caratterizza sia il tango argentino – nel cui humus si è formato il sassofonista – sia il sound proprio della fisarmonica. Partendo da queste premesse era agevole prevedere che l’incontro tra i due sarebbe risultato assai felice, e così è andata. Il doppio album – un CD e un DVD – è straordinario per intensità espressiva e capacità di comunicare uno straordinario ventaglio di emozioni declinate sempre sul filo della discrezione, quasi che i due non volessero andare al di là di un certo limite per non cadere nel retorico. Di qui una musica allo stesso tempo delicata e forte in cui la matrice jazzistica si contamina, felicemente, con la musica mediterranea, con il tango dando vita ad una forma espressiva affatto originale in cui la tecnica dei due è posta assolutamente al servizio dell’interpretazione in un mirabile equilibrio tra pagina scritta ed improvvisata. Il CD – come si accennava – è affiancato da un dvd con le riprese di un concerto registrato dal vivo a Vinnitsia (Ucraina) nel 2007.

Perugia Jazz Orchestra – “Love, Gloom, Cash, Love”

Perugia Jazz Orchestra – “Love, Gloom, Cash, Love” – LHOBOMUSIC 010
In un periodo in cui i soldi scarseggiano per tutto (figuriamoci per il jazz) mantenere un’orchestra è diventata impresa ai limiti dell’impossibile. Lo stesso Auditorium Parco della Musica di Roma ha dovuto fare un passo indietro riducendo l’organico di quella big band che, sotto l’abile direzione di Maurizio Giammarco, aveva ottenuto splendidi risultati. In un tale contesto va rivolta particolare ammirazione a chi, con coraggio, persegue nell’idea di condurre una big band. E’ il caso di Mario Raja, sassofonista – compositore – arrangiatore – direttore d’orchestra – che nei mesi scorsi ha registrato questo splendido album dedicato ad Herbie Nichols alla testa della “Perugia Jazz Orchestra” che fa così il suo esordio discografico. Nel suo genere si tratta di un vero e proprio gioiellino sia per il repertorio scelto sia per l’ottima interpretazione fornita dalla band. Herbie Nichols è stato uno straordinario e originalissimo compositore nonché ottimo pianista che ha avuto il merito di elaborare un linguaggio allo stesso tempo legato alla tradizione ma proiettato nel futuro sì da anticipare i successivi sviluppi della musica afro-americana. Ebbene, nonostante sia unanimemente riconosciuto come uno dei più grandi compositori della storia del jazz, solo vent’anni dopo la sua morte il mondo del jazz sembra essersi ricordato di lui. Anche di qui l’ interesse per questo album che presenta – come si accennava – un’orchestra davvero notevole, composta nella totalità da eccellenti musicisti, e impreziosita nell’occasione dagli arrangiamenti di Mario Raja che fornisce una lettura originale delle composizioni di Nichols. In effetti Herbie ha inciso tutte le sue composizioni o in trio o per piano solo cosicché Raja ha dovuto sobbarcarsi un lavoro notevole predisponendo partiture per orchestra. Ma il lavoro – come afferma Stefano Zenni, responsabile del progetto – trova una sua precisa ragion d’essere nel fatto che in realtà le sue composizioni rivelano “un’ispirazione chiaramente orchestrale” E come dargli torto ascoltando, ad esempio, “Blue Chopsticks” il meraviglioso brano che apre l’album o “Infatuation eyes” con uno splendido assolo del pianista Marcello Lupoi… e l’elencazione potrebbe essere tanto lunga quanto inutile dal momento che ad un ascolto attento i colori orchestrali delle partiture di Nichols, così brillantemente portate in primo piano da Mario Raja, risplenderanno con tutta evidenza.

Norberto Tamburrino – “Lovely tunes”

Norberto Tamburrino – “Lovely tunes” – Art Notes Records
Quando si inserisce nel lettore un disco di Norberto Tamburrino la musica che ne scaturisce è sempre di qualità. Il pianista pugliese non sbaglia un colpo ed ogni suo album aggiunge una perla alla oramai nutrita collana di successi confezionata in questi anni. In “Lovely Tunes” Tamburrino si esibisce in cinque brani da solo e in altri cinque con l’accompagnamento del bassista Francesco Mariella, già suo partner in numerose altre occasioni. Comunque il risultato non cambia: il pianista si esprime sempre su livelli assai elevati evidenziando, come al solito, anche una felice vena compositiva. E bisogna aggiungere che anche in questo caso Norberto ha avuto un bel coraggio nel senso che nell’album, accanto a brani celeberrimi come “My Romance” di Rodgers e Hart, ”It could happen to you” di Burke e Van Heusen, “Easy to love” di Porter, “Ruby my dear” di Monk, figurano sei originals. Il pianista affronta questo variegato materiale tematico con le doti che gli sono più congeniali, vale a dire una sicura padronanza tecnica, una squisita sensibilità, un gusto originale sia per la melodia sia per l’armonia, e l’assoluta sicurezza nell’improvvisazione. Di qui una musica che si sviluppa in modo omogeneo, sicuro passando senza alcuna apparente difficoltà dallo swing al jazz anni cinquanta fino a giungere ai giorni d’oggi evidenziando quella enciclopedia cultura pianistica che, unitamente alle caratteristiche prima descritte, fanno di Tamburrino un interprete di primo piano del jazz made in Italy.

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