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Devo confessare che appena appresa la notizia dal televisore non sono riuscito a trattenere le lacrime: era uno di quei non molti personaggi di cui ho sempre seguito la carriera con passione e sincera ammirazione.

Ricordo ancora la prima volta che l'ascoltai: era naturalmente una trasmissione televisiva e Dalla, con un poncho sudamericano, cantava “Cielo” una splendida canzone che mi fece subito innamorare del suo modo di scrivere e di cantare, quella maniera così particolare di creare tensione per poi dissolverla in quei “larghi” melodici che costituivano il suo marchio di fabbrica. Ancora all'ultimo Festival di la sua mi era parsa una delle canzoni migliori.

No, ci conoscevamo ma non eravamo amici; avevo avuto la fortuna, negli anni '70, di partecipare ad un ciclo di trasmissioni su RadioUno in cui un team di giornalisti interrogava un personaggio famoso alla settimana: quella con Lucio Dalla fu senza dubbio la settimana più bella, più appassionante con Lucio che evidenziava un'ironia e allo stesso tempo una modestia senza pari.

Successivamente ci siamo incontrati solo poche altre volte ma per me è rimasto il numero uno, il migliore e il più originale dei cantautori italiani anche perché aveva una preparazione musicale non comune. Di qui il suo amore peril jazzespressosoprattutto in questi ultimi anni quando amava esibirsi proprio come clarinettista jazz e con lo strumento ci sapeva fare: tanto per intenderci non era Woody Hallen che continua a richiamare una platea snob che di jazz poco o nulla capisce. Dalla suonava bene, certo non era un fuoriclasse così come con la voce, ma di sicuro uno strumentista di livello.

E poi c'era un altro piccolissimo fattore che me lo rendeva caro: il comune amore per la mia terra, la Sicilia, che Dalla amava frequentare spesso e volentieri.

Insomma un grande se ne è andato… per sempre!

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