Chet Baker rivive nell’arte di Riccardo Del Fra

Riccardo Del Fra

Riccardo Del Fra

Riccardo Del Fra torna in Italia con il suo progetto “My Chet, My Song” in occasione de Les Jours de France a Rome, la settimana francese a Roma (13 -22 aprile), organizzata dal Terzo Municipio e dal tredicesimo arrondissement parigino. Le apparizioni in patria del grande contrabbassista romano sono purtroppo sporadiche e proprio per questo assumono il carattere di un evento. Del Fra risiede a Parigi dagli inizi degli anni Ottanta dove insegna al conservatorio e porta avanti la sua carriera di musicista moderno e costantemente proiettato verso il futuro. Complice del suo trasferimento oltralpe fu Chet Baker, che Del Fra incontrò nel 1979. Il sodalizio artistico con il trombettista americano sarebbe durato nove anni e avrebbe prodotto ben dodici album. “ (Chet Baker) ha influenzato la mia musica e la scrittura”, scrive Del Fra sul suo sito, “dalla qualità del suono a tutto tondo con un vibrato leggero, alla relazione diretta con la vocalità in tutto l’approccio strumentale, alla ricerca della costruzione di lunghe frasi che attraversano le armonie e di un pensiero quasi costante di respirazione e silenzio”. Non sorprende quindi che Del Fra proponga un progetto intitolato “My Chet, My Song” che però non ha l’intento rievocare la memoria del grande trombettista, quanto quello portare avanti quei concetti musicali che Baker, forse più inconsciamente che consapevolmente, ha espresso nel corso di tutta una vita. Del Fra si presenta alla Casa del Jazz alla guida, per la prima volta in Italia, di un quintetto giovanissimo ma già carico di allori. Airelle Besson, alla tromba e al flicorno, ha conquistato il Django D’Or nel 2008 come miglior giovane talento. L’altosassofonista Pierrick Pedron ha ottenuto nel 2006  riconoscimenti da l’Academie du Jazz per il miglior album,  “Deep in a Dream”,  e come miglior artista. Il pianista Bruno Ruder ha già all’attivo un curriculum di tutto rispetto e ha effettuato anche escursioni in territorio non jazzistico suonando con lo storico gruppo rock francese Magma. Ariel Tessier è invece un batterista funambolico che si è diplomato come percussionista classico ma che ha trovato nel jazz la sua vera dimensione. Oggi è uno dei giovani batteristi più richiesti della scena francese.

Marco Giorgi
www.red-ki.com

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Ivrea Open Jazz Festival edizione 3.2

Massimo Barbiero (foto Daniela Crevena)

Massimo Barbiero (foto Daniela Crevena)

Importante edizione del Festival Open Jazz 3.2 a Ivrea, quest’anno. Ancor più delle edizioni precedenti il territorio, e soprattutto la gente è apparsa davvero coinvolta nello svolgimento di un evento culturale altamente simbolico non solo per il Canavese e la città ormai da anni orfana di “mamma Olivetti”, ma quasi icona di un’epoca che è in realtà tutta italiana: un paese in crisi economica nel quale sembra che la cultura non debba avere nessuna voce in capitolo, quando invece potrebbe essere la chiave di volta per affrontare anche i problemi economici.

Massimo Barbiero (come nella scorsa edizione) ha coinvolto anche i comuni limitrofi (Chiaverano, Banchette, Bollengo), tanto che l’evento principale, al quale purtroppo non siamo riusciti ad assistere, è avvenuto a Banchette.

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Lara Iacovini ‘S Wonderful

Lara Iacovini

Lara Iacovini

Una bella serata, davvero più che gradevole al Music Inn giovedì sera con la vocalist Lara Iacovini. Con lei il chitarrista Alessio Menconi e il contrabbassista Francesco Puglisi che hanno presentato un progetto ideato dal contrabbassista Riccardo Fioravanti, ispirato alla musica di Gershwin e di Stevie Wonder, con un’idea accattivante: leggere in chiave jazzistica i successi di Wonder e in chiave pop invece i successi di Gershwin.

E l’idea funziona, funziona benissimo bisogna dire, dimostrando da un lato il jazz si annida ovunque (dove ci sia un jazzista la maggior parte del materiale musicale può diventare jazz) ma anche che, dove ci sia un jazzista, un brano nato per il Jazz può diventare pop.  Un pop jazzistico: dove ci siano jazzisti, naturalmente il jazz non riesce mai a farsi totalmente da parte.

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I nostri CD

I NOSTRI CD

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Un Archivio Nazionale del Jazz a disposizione di tutti gli utenti

Mastruzzi e Mazzoletti

Mastruzzi e Mazzoletti

Che fine faranno le molte collezioni private di jazz? E, soprattutto, dove sono finite le registrazioni che di solito i fonici fanno durante i concerti? E’ possibile in qualche modo recuperarle e metterle a disposizione di tutti?

A tali esigenze intende rispondere una nuova iniziativa del “Saint Louis College of Music” di Roma presentata giovedì 19 aprile alla stampa specializzata in Campidoglio: la costituzione, sul web, dell’ “Archivio Nazionale del Jazz”.

L’idea è scaturita dalla fertile mente di Adriano Mazzoletti che davvero una ne fa e cento ne pensa; così dopo aver dato alle stampe quella che per tanti anni resterà, in assoluto, la migliore opera sul jazz italiano, eccolo partorire un’altra brillante operazione che, se ben condotta, risulterà davvero di grosso rilievo.

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La Casa del jazz compie sette anni

Roberto Gatto

Roberto Gatto (foto Roberto Cifarelli)

La Casa del Jazz festeggia mercoledì 25 aprile il suo settimo anno di attività e per l’occasione si terrà una giornata di concerti, con ingresso gratuito, nel parco con i docenti e gli alunni del Conservatorio di Santa Cecilia di Roma, in particolare,Roberto Gatto, Paolo Damiani e Antonio Iasevoli.

Aprirà la giornata alle 12 ,la Roberto Gatto Band, conRoberto Gatto, batteria, Andrea Molinari chitarra, Antonio Giordano , sax tenore, Francesco Puglisi , contrabbasso. Sicuramente uno dei migliori batteristi al mondo,Roberto Gatto, la sua musica è caratterizzata sempre dal desiderio di esplorare i generi più diversi e contaminarli, di incontrare e collaborare con altri musicisti, trasmettere emozione e divertimento a chi lo ascolta. Una batteria. Sembra poco, ma può essere tantissimo. Non tanto perché Roberto, seduto dietro ai suoi tamburi ha saputo viaggiare per il mondo dei suoni come pochi, pochissimi altri hanno saputo fare, ma soprattutto perché non è solo di ritmo, di percussioni, di battiti che si tratta. E forse non si tratta nemmeno solo di musica.Roberto Gattoè un, infatti, un esploratore, un “ragazzo”  che ha pensato di trasformare il suo strumento in una macchina in grado di muoversi nel tempo e nello spazio. No, non stiamo esagerando, perché Roberto, partendo dalla batteria, dal ritmo, dal battito, è andato altrove, è riuscito a superare le strette gabbie dei generi e degli stili, ha messo a disposizione il suo talento per aiutare quello degli altri, ha scritto, raccontato, sperimentato, visto, vissuto la musica in prima persona.

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