A Proposito di Jazz – Di e con Gerlando Gatto

I nostri CD

Tempo di lettura stimato: 10 minuti

Joe Barbieri – “Respiro”

Joe Barbieri – “Respiro” – Microcosmo Dischi MCD 034
Joe Barbieri può oramai essere considerata una delle personalità più interessanti del nostro panorama musicale, al di là di qualsivoglia classificazione. Le sue modalità di scrittura, gli stilemi del canto, la varietà di ispirazioni lo pongono in una sorta di territorio assolutamente personale che pur avendo notevoli affinità con altri generi mal sopportano la limitazione in un recinto predefinito. Di qui la scelta degli ospiti che la dice lunga su quali siano state, in questa occasione, le intenzioni del cantautore napoletano impegnato, senza dubbio alcuno, nella prova più significativa e ambiziosa della sua carriera. Non a caso l’album esce contemporaneamente in 62 Paesi dei cinque Continenti, dopo essere stato registrato nel nuovo Mad Recording Studio installato in un luogo particolare e dal forte significato simbolico, vale a dire l’appartamento che fu set di due film celebri di Vittorio De Sica regista, “Matrimonio all’italiana” con Sophia Loren e Marcello Mastroianni e “L’oro di Napoli”. Ma veniamo alla musica; anche questa volta Barbieri ha voluto innanzitutto circondarsi di musicisti che conosce assai bene quali, tanto per fare qualche nome, Antonio Fresa, Giacomo Pedicini, Sergio Di Natale, Pasquale Bardaro, Oscar Montalbano, Stefano Jorio, Emidio Ausiello… cui, come si accennava ha aggiunto di volta in volta ospiti illustri, prima fra tutte l’orchestra d’archi del primo violino albanese Armand Priftuli presente in ben sette degli undici brani. Il disco si apre con “Zenzero e cannella” un brano a tempo medio caratterizzato da una dolce melodia che come confessa lo stesso Barbieri coniuga due sue grandi passioni, musica e cucina. “Scusami” è un delicato e nostalgico bolero composto in mezz’ora mentre “Diamoci del tu” trae ispirazione dallo swing del Trio Lescano e di Django Reinhardt; notevole il lavoro di Oscar Montalbano alla chitarra e di Pasquale Bardaro al vibrafono. “Un regno da disfare” è impreziosito dalla presenza del pianista Stefano Bollani che dimostra di essersi calato appieno nella poetica di Barbieri. In “Sostanza e forma” risalata ancora l’amore di Barbieri per la linea melodica; “E vase annure” è un omaggio rivolto contemporaneamente sia a Napoli sia al Brasile, omaggio reso possibile dalla straordinaria tromba di Fabrizio Bosso, presente anche in “Etape par étape par étape” una canzone che si rifà volutamente alla canzone francese degli anni ’30 e ’40. In “Le milonghe del sabato” c’è tutta la passione di Barbieri per il tango magnificamente coadiuvato nell’occasione da Gianmaria Testa mentre in “Diario di una caduta” troviamo l’ultimo ospite dell’album, Jorge Drexler. Il disco si chiude con altre due delicate composizioni di Barbieri, “Come una casa” e “Il balconcino del quinto piano”. (GG)

Felice Clemente & Javier Pérez Forte – “Aere libre”

Felice Clemente & Javier Pérez Forte – “Aere libre” – Crocevia di suoni 007
Ancora un duo e ancora un album semplicemente delizioso: protagonisti Felice Clemente ai sax soprano e tenore e al clarinetto e Javier Pérez Forte alla chitarra classica. Album delizioso, dicevo, e questa valutazione la si può formulare quasi immediatamente, dopo aver ascoltato il brano d’apertura, “De la raìz a la copa” del compositore argentino Juan Falù. I due si integrano alla perfezione e si percepisce quale sarà la cifra stilistica dell’intero album. Una musica senza confini, senza etichette, eseguita da due virtuosi dei rispettivi strumenti che si muovono su coordinate ben condivise. Di qui una pluralità di universi musicali cui fare riferimento: il jazz, la musica sudamericana, quella africana, la musica colta e contemporanea senza che tutto ciò dia luogo ad una sorta di indistinguibile pastiche. Tutt’altro: gli input restano ben distinti cosicché ciascun pezzo vive di luce propria caratterizzato dalla diversità di colori, da differenze timbriche, dalla minore o maggiore forza ritmica mentre la linea melodica resta sempre ben individuata sia che venga proposta dai fiati sia che venga evidenziata dalla chitarra. Così, ad esempio, con il secondo brano – “Pera y chocolate” di Felice Clemente – siamo già in territorio sudamericano con vaghe reminiscenze tanghere. Il terzo brano, “Merenguito”, potrebbe indurre ad errore facendo pensare ad infocate atmosfere dominicane; invece si tratta di un delicato brano del compositore venezuelano Alfonso Montes, tutto giocato su un sottile equilibrio fra tradizioni venezuelane ed influenze europee e magistralmente interpretato dalla chitarra di Pérez Forte e dal clarinetto di Felice Clemente. Seguono quattro originals equamente divisi tra i due; particolarmente interessante “Lila”, di Pérez Forte: il delicato dialogo tra fiato e chitarra viene quasi disturbato dal ticchettio di un metronomo; all’inizio la sensazione è straniante ma poi, man mano che la musica scorre fluida come al solito, anche l’intruso entra a far parte organico dell’universo sonoro magicamente disegnato da due. Avvicinandosi alla fine dell’album viene affrontato un brano celebre come “Mas que nada” di Jorge Ben: anche in questo caso l’interpretazione è molto originale, con Clemente che si assume l’onere di esporre il tema per poi improvvisare magnificamente sostenuto da Pérez Forte, che si concede alcuni significativi passaggi in splendida solitudine. Chiusura in stile tanguero con il celebro brano di Horacio Salgàn “A don Agustìn Bardi”. (GG)

El portal – “New Trophy”

El portal – “New Trophy” – CAM Jazz3312-2
Sono cinque statunitensi all’esordio con la CAM Jazz i componenti di questo quintetto postosi immediatamente all’attenzione del pubblico e della critica: Nolan Lem al sax tenore, Rainer Davies alla chitarra elettrica, Paul Bedal al fender Rhodes, Joe Rehmer al basso e Dio Keith Kerr IV alla batteria. La genesi di questo gruppo è particolarmente strana: nasce,infatti, a Miami nel autunno del 2006 in una casa con le finestre blindate, dove i componenti si recarono per mettersi al riparo dal violentissimo uragano Katrina che sconvolse le coste degli States. Lì, mentre le forze della natura premevano con tutta la loro potenza, questi cinque musicisti gettarono le basi per un percorso comune che di lì a poco si sarebbe sviluppato con risultati straordinari. Nasce così un’intesa di fondo ed un gruppo che chiamano El Portal proprio da un quartiere di Miami. Senonchè il quintetto stenta a solidificarsi in quanto, col trascorrere del tempo, i vari membri si disperdono spostandosi in altre città come Chicago, Philadelphia, Kansas City e Foligno. Qui si stabilisce il leader del gruppo, il bassista Joe Rehmer che trova il modo di farsi apprezzare dai musicisti “nostrani” che lo chiamano spesso e volentieri. Lo scorso anno, i cinque decidono di effettuare una tournée in Italia culminata con la partecipazione allo Young Jazz Festival 2011. Ascoltando l’album un dato balza subito evidente: questi ragazzi suonano con originalità, allontanandosi da qualsivoglia clichés siamo abituati ad ascoltare in questi periodi. La loro musica è fresca, moderna, ma non scevra da influenze “tradizionali”. Così, tanto per intenderci, ad assolo tirati e improvvisati alla free jazz fanno da contraltare mutamenti di ritmo propri della poetica mingusiana o stilemi nell’utilizzo del basso propri della musica rock. Il tutto amalgamato da una grande empatia, da una padronanza strumentale sempre posta al servizio dell’espressività e da una ricerca sul suono assai interessante. Anche il repertorio presenta notevoli motivi di interesse essendo stato composto, nella totalità, dal tenorista Nolan Iem. (GG)

Erroll Garner – “The man I love”

Erroll Garner – “The man I love” – chant du monde 3 cd 374 2167.60
Se amate Erroll Garner allora non dovete lasciarvi sfuggire questo cofanetto, per altro a prezzo modico, contenente ben tre CD, intitolati rispettivamente “Misty”, “Soliloquy” e “I love Paris”. Nel primo possiamo ascoltare registrazioni effettuate da Garner in trio dal 1945 al 1956; il pianista appare accompagnato ora da Wyatt Ruther al basso e Eugene “Fats” Heard alla batteria, ora da John Levy e George de Hart, ora da John Simmons e Shadow Wilson, ora da Al Hall e Specs Powell. Il repertorio è di quelli che non si scordano facilmente: così si parte con la più nota composizione di Garner, “Misty”, per finire con “Passin’ Through” attraverso tutta una serie di piccole gemme incise dal pianista come “Indiana”, “The man I love” che non a caso da il titolo alla raccolta, “Laura”, “How high the moon”, “Sophisticated lady”, “Some of these days”, “Moonglow”, la sempre splendida “Hunoresque” di Dvorak… Nel secondo volume, significativamente intitolato “Soliloquy” ritroviamo Garner alle prese con il piano-solo dimensione anch’essa particolarmente adatta ad evidenziare le doti interpretative del pianista; anche in questa sezione si ascoltano splendidi brani, registrati nel decennio che va dal ’47 al ’57, tra cui meritano una particolare citazione “Dancing in the dark” di Arthur Schwartz e Howard Dietz, “If I had you” di James Campbelle e Richard Connelly e “Soliloquy” dello stesso Garner. Il terzo album si chiama “I love Paris” ed esprime tutto l’amore di Erroll per la “Ville lumière” dopo averla visitata nel dicembre del 1957; vi figurano, quindi, una serie di brani che in un modo o nell’altro si ricollegano alla capitale francese, da “The song from Moulin Rouge” al celeberrimo “I love Paris” di Cole Porter, da “La vie en rose” di Edith Piaf e Gugliemi”, da “My man” a “The last time I saw Paris”… ad alcune composizioni dello stesso Garner come “The french touch”, “Paris bounce”, “La petite mabo” e “Moroccan quarter”; le incisioni risalgono al marzo del 1958 e Garner è accompagnato da Edward Calhoun al basso e Kelly Martin alla batteria. A questo punto non ci sarebbe bisogno di aggiungere altro; ma se ancora non siete convinti allora vi consiglio di ascoltare con attenzione i primi due brani “Misty” e “Indiana” per per riascoltare lo stile così definito del pianista di Pittsburgh che amava eseguire con la mano sinistra un accompagnamento ad accordi mentre la mano destra disegnava la linea melodica con quel leggero sfasamento che produceva una “tremenda” carica di swing.

Tord Gustavsen Quartet – “The well”

Tord Gustavsen Quartet – “The well” – ECM 2237
Il pianista norvegese Tord Gustavsen è artista ben noto agli appassionati italiani avendo già inciso , sempre per la ECM, ben tre album in trio ed un CD sempre con il trio completato da Mats Eilertsen: al contrabbasso e Jarle Vespestad alla batteria, rinforzato nell’occasione da Tore Brunborg ai sassofoni tenore e soprano, e Kristin Asbjørnsen voce. Anche in questa ultima registrazione, effettuata ad Oslo nel febbraio del 2011, Gustavsen si presenta in quartetto, vale a dire con i soliti componenti il trio più il tenorista Tore Brunborg, anch’egli musicista di punta della scena norvegese e protagonista da leader di alcuni splendidi album per la Odin. In realtà il passaggio dal trio al quartetto è stato determinato dalla morte del bassista Harald Johnsen che aveva accompagnato Tord nei primi tre album in trio per la ECM. Forzato a cambiare organico, il pianista ha voluto mutare anche la formula introducendo un fiato. Il risultato è eccellente: la musica nulla ha perso della precedente valenza caratterizzata com’era da una sorta di ricerca interiore declinata sulla scorta di un pianismo essenziale in cui ogni singola nota aveva un suo peso specifico, con tempi lenti e atmosfere rarefatte. Adesso, con l’aggiunta del fiato, la musica ha raggiunto un maggior spessore ed anche una più compiuta diversità espressiva: ne abbiamo una prova nelle due versioni di “Communion” in cui Brunborg ha un ruolo di primo piano. “Playing” è caratterizzato dal continuo dialogo tra il drumming di Jarle Vespestad e il piano del leader che evidenzia una bella capacità e lucidità improvvisativa.  In “Circling” il pianismo di Tord assume delle sfumature addirittura latineggianti con Eilertsen e Vespestad artefici di un accompagnamento straordinario per eleganza e leggerezza. In “On every corner” ancora in primo piano il sax tenore di Tore Brunborg che così come in “Intuition”, una splendida ballad, evidenzia ,soprattutto nella ricerca di un certo sound, una sicura influenza di Jan Garbarek, padre di tutti i sassofonisti “moderni” norvegesi… e forse non solo norvegesi. (GG)

Ladysmith Black Mambazo – “Ladismith Black Mambazo and friends”

Ladysmith Black Mambazo – “Ladismith Black Mambazo and friends” -inakustik INAK 9111 2CD
Le corali maschili hanno un ruolo importante nella musica sudafricana. Nel Paese colonizzato da olandesi ed inglesi, la tradizione del canto collettivo di diverse etnie (bantu, xhosa, zulu) subì una qualche influenza dagli innari protestanti, fondendosi (nella II metà dell’ ‘800) con gli spirituals afroamericani portati dai Fisk Jubilee Singers che nel loro tour mondiale (raccoglievano fondi per la prima università ‘black’ degli Usa) toccarono Città del Capo e Durban prima di Londra. Nacque da lì una florida produzione corale che arriverà, inurbandosi, sino ai canti di lotta e protesta di sindacati e partiti, lasciando una profonda traccia anche nel jazz sudafricano dalla dimensione collettiva e cantabile. Tra i gruppi più famosi a livello internazionale ci sono i Ladysmith Black Mambazo emersi grazie al Lp “Graceland” di Paul Simon (1986). Il coro, guidato da Joseph Shabalala, vi figurava in “Homeless” (scritto da Simon e Shabalala) e in “Diamonds On the Soles of Her Shoes”: erano i tempi dell’apartheid ed il disco fu un’importante vetrina mondiale per i musicisti sudafricani, tra cui il virtuoso bassista Baghiti Khumalo. Da due decenni la Repubblica Sudafricana è uno stato non segregato ed i Ladysmith Black Mambazo hanno collaborato con tanti amici musicisti in ambiti sonori diversi. Nel doppio cd antologico (privo di formazioni complete e date di registrazione) si ascoltano, tra gli altri, gli africani Hugh Masekela, Zap Mama, Phoebe Snow; Simon, Dolly Parton, Emmylou Harris e vari artisti afroamericani, in un abbraccio ideale tra le sponde del Black Atlantic: il bluesman Taj Mahal, il vocalist Lou Rawls ed il Golden Gospel Singers guidato da Bob Singleton. (LO)

Spaghetti Jazz – “Live in Buenos Aires”

Spaghetti Jazz – “Live in Buenos Aires” – cdbaby.com
Diversi sono I motivi di interesse per l’ultima produzione del chitarrista Enzo Rocco, che spesso gira il mondo (a Londra collabora, tra gli altri, con Lol Coxhill) portandosi dietro una musica radicale ed aperta. Rivelatosi con il Tuba Trio (con Giancarlo Schiaffini ed Ettore Fioravanti, 1995), Rocco oggi milita nel gruppo Transit di Marcello Noia (con Daniele Cavallanti) e nel quartetto Etnojazz di Luca Garlaschelli. L’album “Live in Buenos Aires” ha una distribuzione solo digitale (attraverso CDbaby, iTunes, Amazon, eMusic, Napster) e si vende on line (download digitale o Cd); sono sempre più numerosi gli artisti che rinunciano alla produzione “materiale” per affidarsi alla rete che ha il vantaggio di essere pervasiva e planetaria e lo svantaggio di dare spazio a milioni di produzioni indipendenti. Il Cd, in ogni caso, rende ascoltabile il trio che il chitarrista anima da dieci anni con due amici-complici-musicisti sudamericani: Rodrigo Dominguez (sax soprano e tenore; electronic toys) e Hernan Mandelman (batteria). La performance è stata registrata dal vivo a Buenos Aires nel giugno 2009, nel club Notorius che Rocco definisce “il Blue Note di Baires”. Oltre sessanta i minuti di musica che scorrono come un nastro continuo ad alta densità improvvisativa, focalizzandosi nelle diverse combinazioni di organico, nelle numerose varianti timbriche e sempre alla ricerca di una rischiosa “composizione istantanea”. Si va da “Un perro nefasto” a “Stefania e il naso” e via via “Ciabatte”, “Mavalà / Tre sorelle / Garibbà”, “Todos los pepinos del mundo”, “Cuartal”, “Insectos molestos”, “Aargh!” e “Il beccheggio”. Una musica, quella di Spaghetti jazz, che conserva il senso dell’ironia e del ludico ed unisce alla sperimentazione un senso giocoso del ricercare. (LO)

Articoli scelti per te:

Ti è piaciuto l'articolo? Lascia un commento!

<< Pagina precedente

  1. Page 1
  2. Page 2
  3. Page 3
  4. Page 4
  5. Page 6
  6. Page 7
  7. * Tutto in una pagina *
Pagina successiva >>

Commenti

commenti

Exit mobile version