I nostri CD

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Lettera aperta al Direttore e al suo più convinto estimatore

Gent.le Direttore,

anche se non ci conosciamo, mi consenta di rivolgerLe una semplice domanda: Ella, come Direttore della PIU’ IMPORTANTE RIVISTA ITALIANA DI JAZZ è iscritta all’Ordine dei giornalisti? La domanda è motivata dal fatto che alcuni miei lettori lombardi sostengono di no; ora, essendo la notizia davvero assurda e paradossale, da buon giornalista (professionista) verifico e vado direttamente alla fonte.

Certo, Ella potrebbe obiettarmi che, essendo un super esperto, non abbisogna di alcuna stupida certificazione; e sul “super esperto” non ci piove: chi La conosce, La descrive grande appassionato di jazz e profondo conoscitore della materia. Peccato che le due professionalità non sempre coincidono: l’essere un ottimo esperto non significa essere un buon giornalista. D’altro canto Ella stessa ha già dovuto scusarsi con i Suoi lettori per il fatto che sulla copertina del n.2 della PIU’ IMPORTANTE RIVISTA ITALIANA DI JAZZ è apparso due volte il nome di Ron Carter.

E non è stata la sola ripetizione. In effetti vorrei farLe i complimenti per il bel saggio da Lei firmato su Gil Evans, apparso sullo stesso numero della PIU’ IMPORTANTE RIVISTA ITALIANA DI JAZZ… peccato che questi complimenti li avessi già pensati quando lo stesso saggio venne pubblicato nel 2002 su “all about jazz Italia” con la sua firma; in buona sostanza, nel primo numero da Lei firmato della PIU’ IMPORTANTE RIVISTA ITALIANA DI JAZZ, Ella ci ha ammannito, senza avvertirci, qualcosa di già pubblicato mentre, prima, se non altro gli inserti avevano il sapore dell’inedito. (http://italia.allaboutjazz.com/articles/arti1002_025_it.htm)

Probabilmente una svista…e dato che parliamo di sviste, gliene segnalo un’altra che sicuramente Le è sfuggita: sul n. 4 della PIU’ IMPORTANTE RIVISTA ITALIANA DI JAZZ Ella, presentando l’ottimo articolo di Luciano Federighi su Carmen McRae (diamo a Cesare quel che è di Cesare) scrive (cito testualmente) “uno straordinario saggio sull’arte di una delle più grandi e sottovalutate cantanti di jazz della storia, Carmen McRae […] e completato da un insolito disco che raccoglie brani pochissimo o affatto conosciuti” con ciò intendendo dire “brani per nulla conosciuti”. Se non che, come Ella saprà, nella lingua italiana l’avverbio affatto non ha una connotazione negativa, ma, al contrario rafforzativa; e per quei quattro o cinque che avessero ancora le idee confuse ecco quanto scrive al riguardo il Vocabolario Treccani: “affatto, avverbio 1) Del tutto, interamente: è a. sordo; 2) Per rafforzare una negazione: non lo conosco a. 3) Come negazione recisa: niente affatto – Non ha di per sé valore negativo; è perciò scorretto (anche se è diffuso) l’uso del semplice a. col senso di niente affatto”.

Ciò premesso entriamo nel merito della vicenda che ha determinato questa mia “lettera aperta”, vicenda che merita di essere brevemente riassunta a beneficio dei molti che non la conoscono (Per chi volesse documentarsi personalmente: http://blog.libero.it/MondoJazz/commenti.php?msgid=11203797&id=29913#comments

http://mipiaceiljazz.blogspot.it/2012/04/dei-blog-e-dei-magazine.html).

Sempre nel n.4 della PIU’ IMPORTANTE RIVISTA ITALIANA DI JAZZ, veniva pubblicato un bell’ articolo di Raffaele Roselli sul mondo del web. Ora data la vastità della materia, l’articolo non aveva – e non poteva averla – alcuna pretesa di esaustività per cui il Roselli si limitava a citare alcuni blog tra cui “A proposito di jazz”. Ovviamente ciò provocava le proteste di quanti, non menzionati, si ritenevano esclusi a torto, proteste per altro espresse in termini più che civili.

A questo punto il Direttore, invece di rispondere sul punto – impresa per altro assai facile – cercava di spostare il focus e lo faceva entrando a piedi giunti sulla Dott.a Daniela Floris con un fallo da cartellino rosso immediato. E, cosa forse ancora più grave, invece di avanzare le sue critiche direttamente sul nostro sito, lo faceva altrove probabilmente per scatenare una polemica che puntualmente arrivava, rinfocolata, indovinate un po’, da “prezzemolino” Gualberto che ovviamente non perdeva occasione di polemizzare contro la Floris sostenendo le ragioni del Direttore. Ma cosa avrà commesso di tanto grave la Floris? Scrivere una corrispondenza dal Festival di Bergamo in cui si faceva chiaramente capire che il concerto di Tim Berne non era piaciuto. Apriti cielo! Il Direttore si scatenava, Gualberto si scatenava, qualche lettore si scatenava… tutti contro la Floris rea di non si capisce bene quale efferato crimine.

Di contro qualcuno prendeva le difese della Floris e tra questi permettetemi di ringraziare Roberto Dell’Ava e Elfio Nicolosi che nel dibattito (si fa per dire) sono intervenuti con grande equilibrio, indipendentemente dalle tesi esposte. Ora, qui non si vuol sostenere che non si debba criticare un articolo, ci mancherebbe altro! Ma c’è modo e modo: una cosa è argomentare la propria critica, altra cosa è lanciare una serie di invettive se non di vere e proprie ingiurie, strada, quest’ultima, scelta dal Direttore, intervenuto con una acrimonia tale da far pensare che avesse qualche conto in sospeso con la dott.a Floris, con il sottoscritto o con il sito… cosa che però escluderei del tutto. Nei quattro anni di attività, “A proposito di jazz” ha polemizzato fortemente – ma solo perché costretto – solo con un contrabbassista che non vale la pena ricordare – e con il quale è stato raggiunto un accordo di reciproca soddisfazione, accordo che proporrò anche al Direttore.

Per quanto riguarda in modo specifico i nostri rapporti con la PIU’ IMPORTANTE RIVISTA ITALIANA DI JAZZ solo una volta abbiamo criticato un editoriale del precedente Direttore, ma argomentando fino in fondo le nostre tesi tanto che si è sviluppato un interessante ma ragionato dibattito, senza insulti, senza invettive, senza demonizzazioni. Gualberto sostiene che il Direttore ha ben argomentato le proprie critiche. Ma dove, ma quando? Non c’è una sola riga che entri nel merito dell’articolo ma solo frasi apodittiche del tipo “l’assurda recensione al concerto di Tim Berne a Bergamo Jazz apparsa su “A proposito di jazz”, roba che, mi dispiace, nessuna rivista degna di questo nome si sarebbe mai sognata di pubblicare; io, di sicuro, no”, oppure “spero che anche sui blog verrà prima o poi realizzato qualcosa di analogo, in cui si parli con cognizione di causa (e competenza, una buona volta) dei contenuti delle pubblicazioni a stampa e non ci si limiti a riempire pagine internet riportando comunicati stampa o quintali di link o filmati youtube o quel che è”, o ancora “Lei (Daniela Floris) è perfettamente legittimata a esprimere le Sue, a voce o per iscritto, e fin qui niente da dire; per quanto mi riguarda, invece, Le dico con estrema sincerità che, se Lei mi avesse sottoposto il pezzo in questione, Le avrei chiesto di riscriverlo da capo a fondo.” E ancora “Io rispetto tutte le opinioni, anche quelle più improbabili, ma nella mia veste professionale mi permetto di avanzare dei dubbi sullo stile e sulla terminologia in cui vengono espresse. Tutto qui.

Per quanto mi riguarda, la competenza è legata anche alla capacità di saper esporre le proprie idee in forma piana e comprensibile, qualità che nella Sua recensione di Bergamo Jazz stentano e non poco (secondo il mio modesto pensiero) a venire fuori. Poi, ovvio, ognuno la pensa e continuerà a pensarla come crede. Il Suo pezzo potrà anche avere delle intuizioni interessanti, non dico di no, ma Le garantisco che da lettore (e non voglio neanche tirare in ballo le mie competenze professionali) sono sepolte sotto un robusto strato di paccottiglia verbale e risulta davvero difficile tirarle in superficie.” E queste sarebbero motivazioni: allora, mettiamoci d’accordo, è in discussione il contenuto dell’articolo o la forma? Francamente non si capisce, mentre si vede fin troppo bene il tono carico di livore e francamente insopportabile del Direttore il quale con un sol colpo ha ferito più persone: la già citata Floris, il sottoscritto reo di aver pubblicato il pezzo incriminato, tutti coloro che scrivono per un sito quale “A proposito di jazz” e lo stesso Roselli che fra tanti siti ha menzionato proprio il nostro. Complimenti Direttore! E a questo punto mi consenta di rivolgerLe una seconda domanda: Ella si rende conto dello stato di credibilità in cui versa la PIU’ IMPORTANTE RIVISTA ITALIANA DI JAZZ? Se, come penso, la risposta è affermativa, allora non sarebbe meglio guardare in casa propria – a proposito di paccottiglia – invece di irrompere in casa altrui con modi tutt’altro che urbani? Comunque, Eg. Direttore, Le propongo quel patto che ho proposto al su citato contrabbassista: Ella eviti di leggere “A proposito di Jazz” e noi eviteremo di leggere la PIU’ IMPORTANTE RIVISTA ITALIANA DI JAZZ. Certo, sarà un grosso sacrificio, ma pazienza ce ne faremo una ragione e continueremo ad andare avanti.

E veniamo adesso all’amico Gualberto: caro Gianni ci conosciamo da alcuni decenni e davvero mi ero illuso che tra di noi ci fosse almeno un minimo di reciproca stima professionale. Ma, evidentemente mi sbagliavo ché altrimenti non avresti scritto le cose che hai scritto. Pazienza, ci si sbaglia anche ad età avanzata. Comunque ho da chiederti due cortesie: in primo luogo, quando intingi la tua penna nel solito velenoso sarcasmo, tieni presente che i tuoi bersagli sono sempre persone in carne ed ossa, con il loro portato, la loro sensibilità, la loro umanità: il gioco al massacro non conviene ad alcuno, neanche a te. Infine, per favore, smettila con quella smaccata esibizione di cultura, una spruzzatina qua, una citazione là: lo sappiamo tutti che sei uomo di cultura anche al di là dell’ambito musicale ma ciò non ti autorizza a pensare che gli altri siano dei coglioni ambulanti solo perché hanno letto qualche libro in meno… magari si sono dedicati a qualcos’altro di non meno importante e sicuramente più gratificante.
Un’ultima avvertenza per tutti i polemisti di professione: se pensate, a seguito di questa mia, di trasformare “A proposito di jazz” in una palestra per le vostre elucubrazioni mentali, avete sbagliato di grosso: sull’argomento non pubblicherò alcunché eccezion fatta per l’eventuale risposta del Direttore. Se avete qualcosa da dire, fatevi ospitare, se ce la fate, dalla carta stampata… così forse vi renderete conto dell’importanza dei blog.

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All’insegna dell’estremo oriente il Festival New Conversations

Trilok Gurtu

Trilok Gurtu

Sarà dedicata soprattutto all’estremo oriente la diciassettesima edizione del festival New Conversations – Vicenza Jazz, che si tiene dal 4 al 12 maggio. Saranno quindi musicisti provenienti dall’India, il Giappone e il sud est asiatico a rendere davvero unico il programma ideato dal direttore artistico Riccardo Brazzale e intitolato “Alla Fiera dell’Est: sulle rotte di Marco Polo e Thelonious Monk”: un omaggio alle perlustrazioni sia geografiche che musicali attraverso le figure di due grandi esploratori.
Festival tra i più rinomati a livello internazionale, Vicenza Jazz 2012 sarà un contenitore per molteplici ascolti jazzistici: dalle esoteriche proposte estremo orientali alle grandi firme del jazz afro-americano, dalle piccole formazioni cameristiche alle magniloquenti produzioni orchestrali di grande respiro, dagli artisti per ‘intenditori’ ai gruppi dal vasto seguito popolare. Tutto raccolto in nove giorni ad altissima concertazione musicale: il programma offrirà un centinaio di spettacoli. Tutta la città di Vicenza sarà amichevolmente invasa dalle improvvisazioni afro-orientali: dai teatri (con l’immancabile e monumentale cornice del palladiano Teatro Olimpico, oltre al Teatro Comunale) ai palazzi storici, dalle chiese alle piazze e le vie del centro, dai numerosi locali notturni al Conservatorio “Pedrollo”.

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Rubino, Dalla Porta, Bagnoli un trio di gran classe

Dino Rubino

Dino Rubino

Trentunenne, siciliano di Catania, Dino Rubino è di sicuro una delle personalità più affascinanti e convincenti del nuovo panorama jazzistico nazionale. Musicista di grande personalità, Rubino possiede una peculiarità che pochi altri hanno: suonare altrettanto bene, con originalità e padronanza tecnica, due strumenti totalmente diversi come il pianoforte e la tromba. Strumenti che a sentir lui, non lo abbandonano mai e tra cui, di conseguenza, è impossibile scegliere; anche alla domanda precisa, “quale strumento preferisci”, Rubino non può rispondere. E la cosa ancor più stupefacente è che ascoltandolo suonare i due strumenti, si ha quasi la percezione di due artisti diversi: raffinato, elegante, con un tocco squisitamente delicato, quasi minimalista quando suona il piano, irruento, dal fraseggio assai articolato, con un bel suono pieno e rotondo quando si esibisce con la tromba o il flicorno.

E tutte queste doti sono risaltate evidenti nel concerto che il musicista siciliano ha tenuto alla Casa del Jazz di Roma il 30 aprile scorso per presentare l’album “Zenzi” tribute to Miriam Makeba. Sul palco il trio che ha registrato l’album, vale a dire oltre a Rubino al piano, Paolino Dalla Porta al contrabbasso, e Stefano Bagnoli alla batteria, come a dire due grossi calibri del jazz made in Italy.

E ancora una volta si è confermato il vecchio detto “l’assente ha sempre torto”.

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Vittorio Mezza: la musica come processo di vita

Vittorio Mezza

Vittorio Mezza

E’ uscito in questi giorni, per l’Abeat Records, l’ottimo album di Vittorio Mezza, “Life process”. Si tratta di un piano solo con cui il pianista campano evidenzia la raggiunta maturità di un musicista perfettamente consapevole delle proprie possibilità e quindi dei risultati che intende raggiungere. E proprio sul significato di “Life process” e più in generale sul modo di intendere il jazz lo abbiamo lungamente intervistato.

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