Intervista al cantautore dopo le prime due date del nuovo “Essenze Jazz Tour”

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Eduardo De Crescenzo è uno degli artisti più raffinati e sensibili dell’intera scena “cantautoriale” del Paese. Napoletano, in possesso di una solida preparazione di base, ha scritto melodie indimenticabili: non a caso alcune di queste hanno raggiunto fama internazionale. Adesso si ripresenta al pubblico con un nuovo progetto “Essenze Jazz Tour” in cui quei testi e melodie che hanno fatto sognare o riflettere tanti giovani… e meno giovani vengono da lui reinterpretati alla luce di arrangiamenti jazz curati da Stefano Sabatini. Così sul placo Eduardo si esibisce con uno straordinario quintetto jazz composto da Stefano Sabatini al pianoforte, Enzo Pietropaoli al contrabbasso, Marcello Di Leonardo alla batteria, Daniele Scannapieco al sax tenore e soprano e Lamberto Curtoni al violoncello. Prima tappa del “Jazz Tour” il 24 aprile a Milano, quindi il 4 maggio a Roma (concerto di cui abbiamo già riferito) e momento clou l’11 giugno al Teatro San Carlo della sua Napoli. Nell’intervallo tra queste due ultime date lo abbiamo intervistato.

Perché ha deciso di ripresentare le sue canzoni in chiave Jazz?
“E’ un momento della mia vita artistica in cui sentivo il bisogno di “ ripulire tutto”. Di tornare all’essenza. Di sentire sul palco il “talento” al servizio dell’emozione e niente altro”.

Quanto hanno influito le precedenti esperienze in tal senso?
“Ho cominciato a suonare la fisarmonica “a orecchio” a tre anni . A cinque anni ho iniziato gli studi di musica classica. Nell’adolescenza – come quasi tutti di quella generazione – ho subìto il fascino dell’America : il soul e il jazz mi hanno rapito. Poi negli anni ’80 l’incontro con il grande pubblico del pop. Negli anni ’90 il bisogno di approfondire il mio “mediterraneo”. L’esigenza in ognuna di queste esperienze di sentire il suono delle mie radici, della mia città fatta di musica. Su tutto il bisogno di cercare me stesso. Sono sempre restio a collocarmi sotto “un’etichetta” proprio perché quando sono sul palco le sento passare “tutte”. Oggi non riuscirei più a scindere le esperienze che hanno contato di più e quelle che hanno contato di meno”.

Come mai si è rivolto a Stefano Sabatini?
“E’ un collaboratore storico, amato e stimato fin dal 1982. Era ovvio che fosse il mio primo pensiero in questo progetto, la persona giusta con cui stendere il primo canovaccio degli arrangiamenti. Poi il contatto con gli altri: EnzoPietropaoli, Daniele Scannapieco, Marcello Di Leonardo e Lamberto Curtoni, l’unico che arriva dal mondo della musica classica. Tutti loro sono “Essenze”. In questo tipo di musica “l’esecuzione estemporanea” è parte dell’arrangiamento e dell’emozione finale”.

E’ soddisfatto del risultato raggiunto?
“Si. La sera mi diverto sul palco. Mentre suono e canto mi ascolto anche il loro concerto”.

Cosa la soddisfa maggiormente?
“Il calore. La possibilità di porgere dal palco cose a volte complesse ma che riescono ad affascinare e coinvolgere anche un pubblico non esercitato”.

Pensa che da questa esperienza possa scaturire un album?
“Credo di si. E’ un’esperienza musicale che sicuramente vorrò fissare su un supporto.

Come giudica la situazione musicale italiana non solo con riferimento alla musica leggera?
“Premetto che do un significato diverso a “musica leggera” e “musica pesante”. Ci sono artisti straordinari sotto qualsiasi “etichetta” e sotto qualsiasi “etichetta” ci sono mediocrità inascoltabili.
E’ una questione molto complicata. Si sommano e si accavallano molte problematiche: un degrado culturale progressivo ormai innegabile, internet che ha azzerato il diritto d’autore, l’industria discografica che ormai non riesce a proteggere e recuperare i suoi investimenti, la crisi economica che incalza e che spinge il bisogno di musica nei beni di lusso …”.

In questo quadro a Suo avviso che ruolo stanno giocando i talent show?
“Non giocano alcun ruolo. Sono la risposta allo scenario di crisi generale di cui abbiamo appena detto, lo rendono solo più visibile”.

Tornando alla Sua musica, quella futura,che influenza possono avere sulla stessa le condizioni generali del Paese?
“Un artista è sempre figlio del suo tempo. Lo racconta, lo rielabora, lo abbraccia o lo contesta … non potrei mai prevedere le emozioni che mi attraverseranno in futuro”.

Che effetto Le ha fatto, l’altra sera a Roma, essere accompagnato da quel gruppo di fan che hanno cantato con Lei tutto il repertorio?
E’ una caratteristica dei miei concerti: una fetta di pubblico si abbandona alla visceralità evocativa delle emozioni e sente il bisogno di riviverle con me, un’altra fetta si arrabbia perché vorrebbe ascoltare il concerto in silenzio per meglio afferrare passaggi e sfumature artistiche. A volte litigano tra di loro. Io confesso che le amo entrambe”.

Emozione per la performance al san Carlo?
Ogni concerto è fonte di grande emozione per me. Devo però riconoscere il piacere che certi luoghi “sacri” della musica si aprano all’esperienza contemporanea. Il San Carlo è uno dei teatri più prestigiosi d’Europa e poi appartiene alla mia città. I musicisti comunque hanno chiesto una prova supplementare prima del grande appuntamento”.

Una curiosità: sapeva che “L’odore del mare” è stata portata al successo in centro e sud America da Ricardo Montaner?
“Non ho sentito questa versione. La cercherò. Ho ascoltato “Ancora” fatta da Mireille Mathieu con il testo tradotto da Charles Aznavour, “E la musica va” ( The beat goes on) incisa in Inghilterra da Phil Manzanera che mi chiamò a Londra per suonare la fisarmonica nel suo disco…”.

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