Come si reinventa un brano jazz

gerlando gatto 10 ottobre 2012

“But non for me”, “A night in Tunisia”, “Django”, gli standard che sono andati in scena alla Casa del Jazz mercoledì 10 ottobre, in un serrato conseguirsi di ascolti, interviste, musica live: ospiti il trio “pianoless” formato da Giampaolo Ascolese (batteria), Elio Tatti (contrabbasso) e Filiberto Palermini (Sax) .

Brani stra-noti a chi ama il Jazz, ed il mistero è proprio quello: il loro rimanere riconoscibili nonostante le migliaia di varianti a cui sono stati sottoposti da parte di altrettante migliaia di musicisti, ognuno dei quali a sua volta ne ha eseguite decine di varianti. Perché il Jazz è questo, il jazz è comporre estemporaneamente. E chi ascolta il Jazz ha il privilegio di assistere alla creatività in diretta.

Storicizzare questa creatività è un po’ ciò che si è prefissato di fare Gerlando Gatto, e questo non fa che amplificare lo stupore che ne proviene. “But not for me”, ad esempio, nella versione “letterale” cantata da Lee Wiley , registrata nel ’39, diventa swingante e si avvale dei dialoghi serrati tra pianoforte e contrabbasso nella versione di Ahmad Jamal del 1958. Ed ancora viene stravolta, resa completamente nuova, riarmonizzata da John Coltrane: Coltrane che ancora oggi, nel 2012 non finisce di scuotere, emozionare con il suo genio ogni volta che le sue note riempiono l’ aria. E ancora, nel live di Ascolese, Tatti e Palermini, ecco rinascere ancora una volta “But not for me”, densa di suono, con il sax di Palermini che, previa presentazione del tema in maniera pulita e chiarissima, si lancia in uno sviluppo energico e molto personale (così come è auspicabile accada nel Jazz).

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