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Terje Rypdal – “Odyssey in studio & in concert” – ECM 2136-38

Per gli amanti della musica di Terje Rypdal (e più in generale del buon jazz) un cofanetto della ECM assolutamente imperdibile: vi sono contenuti la ristampa del doppio “Odissey”, completato da quel “Rolling Stone” che non compariva nella vecchia edizione in un solo CD, e “Unfinished Highballs” una registrazione radiofonica del 1976 effettuata dallo stesso gruppo del chitarrista norvegese con lo “Swedish Radio Jazz Group”, il tutto sotto la direzione congiunta di Georg Riedl e Terje Rypdal. A metà degli anni ’70 Rypdal era già considerato una delle più fulgide realtà del jazz norvegese: dal ’71 incideva per la ECM e nel ’75 raggiunse uno dei punti più alti della sua arte. Fino a quel momento “Odyssey” era un trio che si componeva soprattutto in occasione dei concerti e dei tour; dovendo incidere questo album, Rypdal dapprima pensò a Jon Christensen che però era impegnato con Jarrett; quindi come tastierista si rivolse a Pete Knudsen ma anch’egli era impegnato. Da questa serie di difficoltà nacque un inusuale organico che definì la fortuna del disco: Rypdal chitarra acustica ed elettrica, sintetizzatore e sax soprano, Torbjørn Sunde trombone, Brynjulf Blix organo, Sveinung Hovensjø basso elettrico e Svein Christiansen batteria. La band sarebbe rimasta assieme fino al 1977 e, come affermato dallo stesso Rypdal, si è trattato della migliore formazione che egli abbia diretto, una formazione con cui il chitarrista affrontò e vinse la sfida di coniugare scrittura e improvvisazione e di armonizzare le sue due facce di compositore ed esecutore. E tali elementi si riscontrano facilmente ascoltando l’album; a circa 30 anni di distanza la musica, nella sua concezione orchestrale, conserva intatta una sua freschezza ed originalità evidenziando tutti gli input che erano confluiti nello stile compositivo del chitarrista: da Coltrane all’ultimo Davis, da Albert Ayler a Jimy Hendrix…fino alla musica colta e contemporanea. Poi Rypdal avrebbe cambiato strada abbracciando una fusion molto spinta, al limite della sperimentazione. Di particolare interesse, come accennato, la pubblicazione di “Rolling Stones” una sorta di hit del periodo, un brano che- ricorda Rypdal – bisognava assolutamente eseguire specie se ci si trovava in Germania o in Italia: in questo caso il pezzo, basato su un pulsante 4/4, si avvicina nettamente alla fusion. Di tutt’altra natura “Unfinished Highballs” che occupa il terzo CD: si tratta di una suite in 7 parti in cui Rypdal evidenzia di aver ben appreso a lezione di Gerge Russell. La sua è una scrittura quasi sinfonica che trova un’interprete ideale sia nel gruppo “Odyssey” sia nello “Swedish Radio Jazz Group”: Particolarmente significativo, in apertura dell’album, il dialogo tra la chitarra di Rypdal e la celeste di Bengt Hallberg , uno dei più importanti pianisti svedesi di tutti i tempi, dialogo che crea un effetto di tensione e distensione di grande efficacia.

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