Il Folkstudio fucina di talenti

Massimo Urbani

Massimo Urbani

Venerdì 16 novembre, presso “L’Asino che vola”, a Roma, un gruppo di musicisti e, speriamo, un pubblico numeroso si riuniranno per celebrare quella che è stata una delle più belle realtà musicali del panorama romano e nazionale: il “Folkstudio”.
Il locale, gestito con grande amore – è proprio il caso di usare questo termine – da Giancarlo Cesaroni, ha rappresentato moltissimo per l’evolversi della musica nel nostro Paese. Situato in un palazzo nel cuore di Trastevere, non si può certo dire che fosse un luogo particolarmente lussuoso. Si entrava attraverso una scalinata stretta e si accedeva al bar, uno stanzone con un grande bancone dietro il quale l’accogliente Gabriella serviva le bevande richieste. Una tenda ed eccoci all’interno dello spazio-musica: le pareti insonorizzate con sacchi di iuta, una pedana alta una quindicina di centimetri e poche panche dove accomodarsi alla meglio. Ma quando iniziava la musica, potevi davvero sentir volare una mosca.
L’atmosfera era straordinaria, raccolta, di vera partecipazione: i giovani musicisti avevano la possibilità di esprimersi in totale libertà e il pubblico era consapevole di assistere, comunque, a degli sforzi sinceri che poco o nulla avevano a che fare con le mode imperanti; insomma una sorta di rifugio dove fare ed ascoltare una musica diversa da quella che impazzava per radio e televisione. Non bisogna dimenticare che si era agli inizi degli anni ’60 quando ancora cuore faceva rima con amore… e via di questo passo.

(altro…)

Il pianoforte di Enrico Pieranunzi chiude le Guide all’Ascolto

Enrico Pieranunzi (foto Daniela Crevena)

Si è chiuso il ciclo delle Guide all’ Ascolto di Gerlando Gatto alla Casa del Jazz, dedicato agli standard con due ore emozionanti di ascolti e tanta musica dal vivo, regalata al pubblico che gremiva la sala (e non tutti sono riusciti ad entrare, purtroppo) dal Maestro Enrico Pieranunzi, che ha spiegato, risposto di buon grado alle molte domande, raccontato e suonato con grande generosità una vita di musica, una vita di Jazz, meritando moltissimi ed affettuosissimi applausi.

Un artista internazionale che è stato capace di divertire, interessare ed emozionare a tal punto che Gerlando Gatto ha giustamente deciso di dargli tutto lo spazio possibile. Ha parlato la musica, ha parlato il Jazz, ad un pubblico di affezionati che nei precedenti incontri aveva avuto gli strumenti per capire cosa stava accadendo sul palco. “Yesterdays”? La si ascolta cantata da Billie Holiday e in una versione strumentale con Pieranunzi al piano, Marco Johnson al contrabbasso e Paul Motian alla batteria. E ancora in una versione più latineggiante, appassionata, nel live di piano solo con lo stesso Pieranunzi: la mano destra che accarezza il tema vibrante nei poetici pianissimo, echi di blues sempre presenti, una dolce intensità nel dilatare ed concentrare un tema percepito visibilmente come prezioso in quanto sorgente di emozione per lo stesso Pieranunzi, che lo ha scelto.

(altro…)

I nostri CD

Greg Burk Trio – “The Path Here” – (482 Music 482-1077)

Vive in Italia da molti anni, insegna in svariati conservatori del nostro paese (fra cui quello di Frosinone) ed è apprezzato da studenti e colleghi. Mi riferisco al pianista, didatta e compositore Greg Burk che sta lavorando (ormai il progetto è completato) ad una applicazione per IPad ed IPhone chiamata “MyRhythm”. Sarà acquistabile su ITunes ed è l’esito finale di un lavoro iniziato nel 2003 quando Burk era docente al Berklee College di Boston. Del resto basta ascoltare “The Path Here” per rendersi conto di quanto il ritmo sia importante nella musica del pianista americano. La prima traccia (“Song for IAIA”) parte da un arpeggio della mano destra cui si sovrappone un essenziale tema che sfocia in una seconda sezione più lirica e sognante ma che confluirà in un’improvvisazione a base funky. “Look to the Asteroid” decolla da una frase minimalistica che si evolve con travolgente senso dello swing, in notevole sintonia con brani e moduli usati dal pianista-rivelazione del momento, l’indoamericano Vijay Iyer: i due, provenienti da percorsi autonomi, hanno diverse similitudini in quanto a suono e poetica. Ma Greg Burk è anche un perfetto conoscitore di tutta la tradizione del jazz ed estende il suo interesse alla sperimentazione ed alla musica etnica, come si può ascoltare nel boppistico “Blues in O”, nel politimbrico “Chilld’s Dance”, nel geometrizzante “BC”. Al suo fianco due splendidi musicisti come il contrabbassista Jonanthan Robinson ed il batterista Gerald Cleaver: sarà possibile ascoltarli dal vivo il 21 novembre alla Casa del Jazz dopo un tour italiano con vari musicisti che toccherà Fano, Padova, Ferrara, Bologna e Roma. (LO)

Rudresh Mahantappa nuova stella del jazz

Rudresh Mahantappa

Se n’era parlato nella rubrica “I nostri cd” a proposito di “Samdhi”, l’ultimo album pubblicato per la Act. Parlato dell’alto sassofonista e compositore Rudresh Mahantappa, jazzista indoamericano che si sta sempre più affermando sulla scena internazionale.

La romana Casa del Jazz, nella sua ormai limitata programmazione concertistica, non si è lasciata sfuggire l’occasione di presentare in prima assoluta il quartetto di Mahantappa che si è esibito il 25 ottobre in una sala piena di appassionati ed operatori. Rispetto all’album della Act la formazione romana prevedeva il batterista Gene Lake (al posto di Damion Reid), ottimo rimpiazzo formatosi alla scuola poliritmica di Steve Coleman, mentre era del tutto assente “Anand” Anantha Krishnan (mridangan e kanjira), lo strumentista che rende evidente nel Cd il forte quanto reinventato legame con la tradizione classica indiana. Dopo varie formazioni miste (l’Indo-Pak Coalition ed il progetto Kinsmen) Rudresh Mahantappa sembra, infatti, puntare verso un’interiorizzazione della matrice indiana. Il suono del suo alto ha come metabolizzato l’eredità di Parker e Coltrane con quella di una vicenda sonora millenaria, il tutto all’interno di strutture complesse, poliritmiche, ricche di dinamiche e sature di energia che il quartetto (completato da David Gilmour alla chitarra, altro colemaniano, e Rich Brown al basso elettrico a sei corde) padroneggia senza nessun imbarazzo, in assenza totale di riferimenti scritti.

(altro…)

Le insondabili magie del jazz tra la musica di Coltrane e l’arpa di Carboni

Marcella Carboni

Marcella Carboni

La serata di mercoledì 31 ottobre, a Roma,  era davvero improbo uscire da casa: pioveva senza sosta e come spesso accade nella Capitale quando il maltempo imperversa, la città si era sostanzialmente bloccata. Gli autobus viaggiavano con gravi ritardi mentre le auto restavano intrappolate nei soliti nodi tra cui la famigerata “sopraelevata” che nonostante il nuovo tunnel non riusciva a smaltire il traffico.

C’era quindi la fondata possibilità che alla Casa del Jazz non ci fosse pubblico a seguire la programmata guida all’ascolto di Gerlando Gatto dedicata agli standard del jazz con ospite l’arpista Marcella Carboni.

Invece una trentina di appassionati, sfidando le intemperie, si sono presentati puntuali all’appuntamento ed hanno seguito con partecipazione le parole di Gatto, la splendida musica presentata attraverso filmati e dischi e la sempre straordinaria performance della Carboni, oramai artista affermata, matura e perfettamente consapevole dei propri mezzi espressivi. E’ stato, infatti, un piacere non solo ascoltare la sua musica ma anche sentirla parlare con competenza, grazia e passione del suo lavoro e del suo strumento.

Ma veniamo alla cronaca della serata. Ad iniziare una bella versione della sigla “Stardust” eseguita da Erroll Garner in trio con John Levy contrabbasso e George DeHart batteria (25 settembre 1945).

(altro…)