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I NOSTRI CD

PIAZZOLLA IN PRIMO PIANO

Chi segue questa news letter sa benissimo come Astor Piazzolla sia uno dei miei artisti preferiti sotto ogni punto di vista: compositivo, esecutivo, dell'arrangiamento, della timbrica .. e così via. In questi giorni sono usciti due CD dedicati alla musica del compositore argentino che vale la pena segnalare con il giusto risalto.

Piazzolla, Monteverdi - “Una strana utopia”Piazzolla, Monteverdi – “Una strana utopia” (Ambronay 034) propone un tanto inconsueto quanto affascinante matrimonio tra Monteverdi e Piazzolla ovvero tra il madrigale dell'inizio del XVII secolo e il tango della fine del XX secolo. L'idea di una simile impresa è frutto della collaborazione tra il pianista, tastierista e direttore artistico Leonardo Garcia Alarcòn, il chitarrista Quito Gato e il bandoneonista William Sabatier, ovvero tre musicisti argentini che pur partendo da esperienze e studi diversi hanno poi finito con il ritrovare, in Europa, un comune terreno d'ispirazione nel tango. Di qui un programma straordinario che sotto l'abile direzione di Leonardo Garcia Alarcòn presenta un'alternanza di brani ora di Piazzolla ora di Monteverdi due musicisti che hanno in comune una straordinaria energia e il fatto di aver profondamente rinnovato il linguaggio del loro tempo. E queste affinità appaiono tanto evidenti nell'interpretazione di questi tre grandiosi musicisti e della “Cappella Mediterranea” che più va avanti il disco e meno ti rendi conto se la musica che stai ascoltando sia dell'uno o dell'altro compositore. L'esecuzione è semplicemente perfetta nel dialogo fra strumenti antichi e strumenti d'oggi: il tango viene declinato sulle note della tiorba (un grosso liuto francese) o del cornetto mentre la musica di Monteverdi viene rivisitata dal bandoneon. Il tutto impreziosito dalle splendide voci del soprano Mariana Flores e del baritono Diego Valentin Flores che amano passare, sempre con pertinenza, da un universo all'altro.

Piazzolla! Orchestre National de JazzTutt'altro che sperimentale, ma non per questo meno interessante, il secondo CD dedicato al compositore argentino “Piazzolla! Orchestre National de Jazz” (Jazz Village 570007). Questa volta, come si evince dallo steso titolo, siamo nel rodatissimo campo del connubio tra Piazzolla e Jazz, connubio che ha visto forse la sua migliore espressione nel celebre disco di Piazzolla e Mulligan, “Summit”. Ciò detto, questa interpretazione della band francese, diretta nell'occasione da Daniel Yvinec, con gli arrangiamenti di quel grande che risponde al nome di Gil Goldstein, è degna della massima considerazione. Il repertorio scelto è quanto di meglio ci si possa aspettare : da “Balada para un loco” a “Libertango”, da “Oblivion” a “Adiòs nonino” è tutto un susseguirsi di immortali melodie di Piazzolla cui vengono affiancati brani di Gardel come “El dia que me quieras”, di Francisco De Caro come “Flores negras”, di Juan Carlos Coblan (“Mi refugio”) di Mitzger e Daniel (“Pantaléon improvisaciòn”) pezzi restituiti tutti all'originario splendore da una formidabile orchestra jazz. Come si accennava, magistrali gli arrangiamenti di Goldstein che per aggiungere un pizzico di veridicità al suo lavoro fa introdurre l'intero album alla splendida voce di Carlos Gardel che interpreta “El dia que me quieras”, mentre a metà CD possiamo ascoltare un altro inserto d'epoca con Roberto Di Filippo che esegue “Flores negrs”. Più in generale, Goldstein mostra di tenere nella dovuta considerazione sia le melodie delle composizioni “piazzolliane”, sia la forte carica ritmica delle stesse, il tutto senza avvalersi dell'apporto del bandoneon, strumento principe del tango argentino. Ed è proprio con riferimento a quest'ultimo elemento che gli arrangiamenti appaiono particolarmente geniali: il ruolo del bandoneon viene ripartito tra tutti i membri dell'orchestra e nel sound complessivo, finale non si avverte la mancanza dello strumento. Il pathos delle composizioni di Piazzolla viene compiutamente restituito all'ascoltatore che ha così una diversa occasione di gustare la musica del compositore argentino. (GG)

Fabio Accardi – “Whispers” – Mordente Records 004

Fabio Accardi – “Whispers”Assolutamente convincente questo nuovo album del batterista Fabio Accardi che fa seguito ad “Arcoiris” prima realizzazione della sua giovane etichetta Mordente Records. Già a proposito di “Arcoiris” avevo avuto modo di sottolineare come cantabilità e gusto per la linea melodica, coniugate con una varietà di situazioni sonore, fossero le caratteristiche principali dell' album. Sono quindi lieto di confermare appieno queste pristine impressioni dato che il batterista barese non ha abbandonato la strada tracciata con il suo primo album, anzi con questo secondo lavoro sembra perseguirla con ancora maggior determinazione. E sia la scelta del repertorio, sia l'organico chiamato a sostenerlo vanno in questa direzione. In particolare, per quanto concerne i compagni di viaggio, Accardi ha chiamato accanto a sé Vince Abbracciante (fisarmonica & wurlitzer), Mirko Signorile (piano), Nando Di Modugno (chitarra), Giorgio Vendola e Camillo Pace (contrabbasso) e in qualità di ospiti Gaetano Partipilo (sax), Luisiana Lorusso e Serena Fortebraccio (voce), Sarita Schena (voce recitante)… come a dire tutti artisti che dalla loro ricerca non escludono certo la melodia. Sul repertorio occorre sottolineare come Accardi, accanto a cinque originals, abbia posto tre brani che rispondo ad altrettante precise coordinate del suo stile vale a dire l'amore per Jack De Johnette – (“Silver Hollow”) – per la musica brasiliana – (“Lilia” di Milton Nascimento) e per Marcosa Valle – (“Bodas de sangue”). Comunque l'inserimento di questi tre pezzi nulla toglie alla bella omogeneità dell'album che si dispiega dal primo all'ultimo minuto all'insegna dell'amore declinato attraverso le sue varie possibilità, ivi compreso quello verso la madre perduta di recente e riprodotta in un particolare nella foto di copertina: Fabio dedica alla madre l'intero album e questo mix di dolcezza e malinconia è reso al meglio dalla fisarmonica di Vince Abbracciante, solista sensibile e delicato così come del tutto pertinenti appaiono gli altri assolo presi da Mirko Signorile e Gaetano Partipilo. I brani sono tutti ben scritti e altrettanto ben arrangiati ed eseguiti anche se personalmente ho preferito “Whispers in an autumun rain” dall'andamento sognante con Mirko Signorile e Abbracciante in bella evidenza e “Frevolidia” con in primo piano la chitarra di Nando Di Modugno e ancora la fisarmonica di Abbracciante (pezzi ambedue di Fabio Accardi), mentre l'originale versione di “Silver Hollow” evidenzia tutta l'abilità del leader ai tamburi. (GG)

Susie Arioli – “All the way” – Jazz Village 570006

Susie Arioli – “All the way”Una serie di 13 standard uno più conosciuto dell'altro a comporre un puzzle quanto mai armonico e suadente. Certo, merito della bellezza dei brani, ma merito anche di chi li ha interpretati con grande personalità e competenza. Susie Arioli, canadese con alle spalle già sette album sotto suo nome, si ripresenta con un organico variabile comprendente Jeff Johnston al piano, François Stevenson al vibrafono, Jérôme Dupuis-Cloutier alla tromba, Al MacLean, Averil Parker e Ben Henriques al sax tenore, Cameron Wallis al sax baritono; alla ritmica, Tony Albino e Michel Berthiaume batteria e Bill Cossage e Frédéric Grenier al basso; gli arrangiamenti sono di Jordan Officer che appare anche nella veste di chitarrista. Come si accennava, i brani fanno parte del classico repertorio del jazz classico, porti in inglese eccezion fatta per “What a Difference a Day Made” presentato in versione francese con il titolo “Un jour de difference”. Comunque sia che canti n inglese sia che si esprima in francese, Susie appare del tutto convincente: nonostante lo strumento non sembri dotato di grande estensione, basandosi soprattutto sul registro medio, tuttavia le sue capacità interpretative, di costruire atmosfere fa premio su tutto il resto. La Arioli ha una dizione perfetta, ogni singola parola che esce dalla sua bocca assume un preciso ruolo nel contesto del brano. A ciò si aggiunga gli ottimi arrangiamenti di Officer per cui l'alternarsi tra le parti vocali e gli assolo strumentali fa sì che mai si avverta una minima sensazione di stanchezza o di deja vu. Si ascolti al riguardo l'ottimo lavoro svolto dai sassofoni in “Here's To The Losers” di Segal e Wells, mentre “All the way”, che da il titolo all'intero album, viene riportata nella sua dimensione più jazzistica. Ancora notevole l'interpretazione di “My funny Valentine”: senza l'apporto dei fiati, Susie dialoga magnificamente con la sezione ritmica e in special modo con Officer che si produce in un pregevole assolo. Stessa atmosfera in “Forgetful” in cui Officer acquista un ruolo di primissimo piano data la mancanza del pianista. (GG)

Pietro Ballestrero Ensemble – “Kyra” – Velut Luna 228

Pietro Ballestrero Ensemble – “Kyra”Davvero convincente questo album firmato dal chitarrista Pietro Ballestrero con il suo ensemble costituito unicamente da strumenti a corda: Valerio Iaccio e Massimiliano Gilli al violino, Gerardo Vitale alla viola, Augusto Gasbarri al violoncello e Fulvio Buccafusco al contrabbasso; ospite d'onore Gabriele Mirabassi al clarinetto. E bisogna immediatamente sottolineare come il contributo di quest'ultimo risulti fondamentale per la bella riuscita dell'album. Gabriele è davvero un fuoriclasse, uno di quegli artisti che, grazie ad una squisita sensibilità e ad una superlativa musicalità, riescono ad inserirsi bene in qualsivoglia situazione e ad esprimersi al meglio. Così, nel contesto di una musica prettamente cameristica, il clarinetto di Mirabassi vola alto e sicuro disegnando ampie volute che si integrano perfettamente nelle atmosfere volute dal leader. E quali siano queste atmosfere lo spiega lucidamente lo stesso Ballestrero, autore di tutte le musiche, affermando che “la musica di KYRA è nata in maniera emotiva, nel tentativo di rappresentare o creare qualcosa di bello. Ogni brano ha una storia da raccontare ed un legame diretto con un sentimento o uno stato d'animo, gioia, tristezza, rabbia, paura, amicizia, riso, pianto”. Quindi il jazz, la musica, il suonare insieme intesi non già come volontà di espressione dell'abilità individuale dei musicisti i cui obiettivi finali sembrano essere spirito di ricerca, originalità, energia collettiva, virtuosismo e infine, eventualmente, la bellezza, ma azione tesa a ricercare in primo luogo proprio la bellezza come purezza di suono ed espressione emozionale. Di qui la scelta di un organico talmente inusuale, di qui una serie di brani ognuno con una storia da raccontare ed un legame diretto con un sentimento o uno stato d'animo, gioia, tristezza, rabbia, paura, amicizia, riso, pianto… tutti comunque accomunati dalla “bellezza” della linea melodica. (GG)

BandOrkestra.55 – “scorribanda” – CNI 25821

BandOrkestra.55 – “scorribanda” Fresco, trascinante, entusiasmante… a tratti anche commovente: queste le valutazioni che mi sono sorte spontanee dopo aver ascoltato due volte di seguito questo eccellente album. Ci vogliono idee chiare, tanta abilità strumentale e di arrangiamento… e tanto, tanto coraggio per affrontare partiture celebri e ripresentarle in veste “bandistica”. Eppure l'orchestra, inventata e diretta da Marco Castelli una decina d'anni fa, è pienamente riuscita nell'intento fornendo interpretazioni tutte riconducibili ad una precisa cifra stilistica assolutamente originale e quindi fortemente identitaria. Insomma appena la si ascolta si capisce immediatamente che siamo dinnanzi alla BandOrkestra con il suo fantastico andamento che tutto travolge come una sorta di rullo compressore grazie ad una possente sezione fiati e ad una ritmica fortemente propulsiva. Ma non si creda che nell'album non siano contenuti momenti di dolcezza, di rara sensibilità: si ascoltino al riguardo il celeberrimo “Quizas, quizas, quizas” di Farres caratterizzato da un assolo di Alessandro Simonetto al violino e “Acqua” di Marco Castelli, un brano a tratti commovente il cui tema viene minuziosamente cesellato dal flautista Tommaso Bisiach. E alla luce di queste considerazioni appare quanti mai centrato anche il titolo “Scorribanda”. In effetti il gruppo capitanato da Marco Castelli effettua delle vere e proprie incursioni nella musica combinando delle medley a prima vista improbabili ed invece dense di fascino caratterizzate come sono da un'energia straordinaria e da un fascinoso mélange di swing, ska, boogie woogie, afro, latin reggae… e chi più ne ha più ne metta a conferma da un canto della grande conoscenza dell'orchestra, dall'altro della sua estrema versatilità. Così BandOrkestra passa con grande disinvoltura da Shearing, Rodgers e Gershwin (accomunati in una medley dal significativo titolo “Lullaby of Birdland”) ai Beatles o ancora a Michael Jackson, autori tutti rivisitati con grande originalità e competenza. (GG)

John Cage – “Music for an aquatic ballet – Music for carillon no.6” – Brillant 9284

John Cage – “Music for an aquatic ballet – Music for carillon no.6John Cage è stato sicuramente uno dei musicisti più importanti e influenti dello scorso secolo, un artista che ha saputo dire veramente qualcosa di nuovo innovando il linguaggio e indicando strade diverse che si sarebbero rivelate quanto mai fruttuose. Quest'anno cadono sia il centenario della sua nascita sia il ventennale della sua morte il che spiega le molte uscite discografiche che gli sono state dedicate. In tale ambito va inserita questa produzione preziosa per almeno due ordini di motivi. Il primo è che alcune composizioni contenute nell'album sono state qui incise per la prima volta; il secondo è che ad eseguirle è un duo di straordinari interpreti, il flautista Roberto Fabbriciani e il percussionista Jonathan Faralli. In particolare Fabbriciani è uno degli interpreti migliori che la musica di Cage possa avere in quanto lo stesso flautista ha avuto modo di collaborare strettamente con il compositore così come con altri significativi esponenti della musica “moderna”; non a caso lo stesso Cage indicava Fabbriciani come il miglior flautista in esercizio. Dal canto suo Faralli è percussionista dalla grandiosa inventiva che anche in questa occasione riesce a dare un'impronta personale alla musica che esegue. Ed in effetti il pregio maggiore dell'album consiste nel fatto che i due non si limitano ad eseguire le partiture di Cage, ma infondono loro una sorta di spirito nuovo, una inventiva affatto particolare raggiungendo così una libertà espressiva straordinaria che nulla toglie all'originale valenza dei brani. Si ascolti, al riguardo, “Music for an Aquatic Ballet”, una piece eseguita dallo stesso Cage per la prima volta il 2 luglio del 1938 presso il National Aquatic Show dell'Olympic Swim Stadium di Los Angeles per accompagnare live la performance di una squadra di nuoto sincronizzato; le partiture originali sono andate perse e ciò che si ascolta nel CD è una ricostruzione operata dai due esecutori che attraverso l'ausilio di un tape ripropongono i respiri, i tuffi, le evoluzioni delle atlete, le reazioni del pubblico: insomma è come rivivere, attraverso una sorta di radiocronaca musicale, le emozioni di quel giorno quando per la prima volta Cage sperimentò gongs e tam tams immersi in acqua sì che le atlete potessero sentirli compiutamente. Un lavoro davvero splendido per concezione ed esecuzione. (GG)

Claudio Cojaniz A.P. Trio, “The Heart of the Universe” (Caligola Records, Caligola 2158).

Claudio Cojaniz A.P. Trio, “The Heart of the Universe”Un intenso profumo si sprigiona dai nove brani dell'album del pianista friulano: è quello della libertà, della scoperta gioiosa, di un universo da solcare. C'è una storia alla base dell'album, quella di un bambino, Willy, che esplora la Luna e il cosmo ma parte dall'Africa e ad essa ritorna con “la Terra (che) trema quando i Deska del Sudan battono con forza ritmicamente i talloni! Willy è un bambino indaco, eterno Orfeo”. La storia la raccontano Cojaniz con il suo pianoforte insieme a due giovani, originali e fantasiosi musicisti quali il contrabbassista Alessandro Turchet ed il batterista Luca Colussi. “A.P. Dance (For Nelson Mandela)” balla su scale pentatoniche ed evoca (come in atri passi del Cd) le sonorità di Abdullah Ibrahim; “Great Spirit” è gioiosamente cantabile e sembra un inno; “Teacher in the Universe” apre spazi di meditazione e rarefazione; “Willy / Webern” svela un'altra delle fonti di ispirazione di Claudio Cojaniz; “Captain F.” “cerca di evitare che l'improvvisazione sia solo l'adempimento di certi obblighi…” con un incantato senso del blues; “White Fire / Shoemberg” ci proietta, tra addensamenti e rarefazioni della materia sonora, nella musica contemporanea; “Black and Groove” trasuda blues feeling con il tempo scandito sul rullante, un backbeat arcaico quanto seducente; “Shadows”, musica del vuoto e di presagi nelle parole dell'autore, sospesa e risonante nei suoi silenzi; “Busy Street” è l'Africa con l'incedere ipnotico e catartico, in un crescendo inarrestabile in cui i musicisti fanno a gara gioiosamente nell'incalzare del ritmo (con Colussi in primo piano). Il viaggio è finito ma vi assicuro che viene voglia di ripartire subito. (LO)

Elton Dean's Ninesense, “The 100 Club Concert 1979” (Reel Recordings RR024/025).

Elton Dean's Ninesense, “The 100 Club Concert 1979” Documento davvero straordinario questo doppio Cd, prodotto in Canada, che nasce dalla passione, dalla competenza e dal senso storico di Riccardo Bergerone. Il nonetto dell'altista inglese venne inciso dal ventiduenne Bergerone il 5 marzo del 1979 dal vivo al “The 100 Club” di Londra, con un registratore stereo della Sony. Non si tratta, però, di un'operazione-nostalgia basata sul rimpianto della musica del passato e, magari, della propria gioventù: la produzione di Bergerone è lucidissima e documentata, ricostruisce una stagione eccellente della musica inglese e dei suoi protagonisti a largo spettro (Dean è stato membro dei Soft Machine) e ci consente di ascoltare nel vivo della performance un collettivo di nove spiccate individualità sonore. Elton Dean's Ninesense comprendeva, oltre al leader al sax alto e saxello, Alan Skidmore (sax soprano e tenore), Mark Charig (cornetta e corno tenore), Harry Beckett (flicorno e tromba), Nick Evans e Radu Malfatti (trombone), Keith Tippett (piano), Harry Miller (contrabbasso) e Louis Moholo (batteria), una all-stars del jazz anglosassone, europeo e sudfricano! Bergerone aveva, dopo un viaggio seminale a Londra, organizzato un riuscito tour italiano del gruppo di Dean, iniziando un'amicizia ed una collaborazione che si sarebbe solo interrotta con la morte del sassofonista inglese (2006); davvero pregevole è stato il lavoro dell'appassionato torinese come organizzatore e divulgatore del jazz d'avanguardia europeo, da Elton Dean all'Italian Instabile Orchestra. Insieme allo spaccato vivissimo del jazz in Europa alla fine degli anni '70, il doppio Cd propone una musica fatta di lunghe, complesse composizioni che finiscono una nell'altra. In esse si alternano con estrema naturalezza ed efficacia sezioni scritte, aree di libera improvvisazione, cambi di tempo e di atmosfera. Alla base ci sono spesso temi dal forte impatto emotivo, gioielli compositivi che sono saturati di energia da tutti i musicisti, ciascuno magnifico sia nelle parti d'insieme che nei soli, sospinti da una ritmica sudafricana (Miller e Moholo) davvero travolgente. Tensione, ispirazione, catarsi abbondano in questo jazz, come si ascolta nella sezione finale di “Oases”, primo degli otto brani tutti scritti da Elton Dean tranne “First Born” del trombonista Evans. Epico. (LO)

Intuitive Music Quartet, “Music From Für Kommende Zeiten” (Siltaclassics SCOO3)

Intuitive Music Quartet, “Music From Für Kommende Zeiten”L'etichetta documenta il jazz d'avanguardia e, mediante la collana Siltaclassics, anche la musica contemporanea. In questo cd Mario Mariotti (trombe, flicorno ed ‘oggetti'), Walter Prati (live sound processing e sintetizzatore) Mell Morcone (piano) e Giorgio Dini (contrabbasso) lavorano su sette brani del compositore tedesco Karleinz Stockhausen. Il concetto di “musica intuitiva”, secondo Stockhausen, è ”una forma musicale di improvvisazione basata sulla creazione istantanea (…) E' un tipo di processo musicale, dove al posto della tradizionale partitura, agli esecutori vengono date istruzioni ed idee in maniera verbale o con l'ausilio di elementi grafici o testi”. Ci sono, infatti, i testi alla base di “Für kommende zeiten – For Times to Come” (1968.'71). Un free jazz basato su suggestioni verbali si potrebbe semplicisticamente pensare; in realtà (lo si legge nelle note di copertina) “dopo che alle prime performance incontrò tanti problemi nell'instaurare un modello di cooperazione tra i musicisti, Stockhausen arrivo ad odiare l'influenza del Free Jazz”. Del resto erano i tardi anni '60 e l'onda lunga della new wave era arrivata in Europa coinvolgendo strutture e musicisti (si pensi a Nuova Consonanza o a Giancarlo Schiaffini). Nella registrazione del gennaio 2012 l'Intuitive Music Quartet riesce, seguendo la filosofia sonora del maestro tedesco, a mantenere un supremo equilibrio, disegnando una musica rarefatta e magmatica, un flusso continuo in cui è la dimensione collettiva a prevalere. Eccellente il live sound processing di Prati come le sonorità di Mariotti (con le mutevoli trombe), Morcone (con ellittici interventi al piano) e Dini (soprattutto con l'archetto). (LO)

Timo Lassy – “In with Lassy” – Schema Records 458

Timo Lassy – “In with Lassy”Evidentemente si sta creando una sorta di profondo legame tra il jazz finlandese e il mondo discografico italiano: non può essere un caso che dopo la Cam anche la Schema Records dia spazio (più che meritato) ad un altro musicista finlandese, vale a dire il sassofonista Timo Lassy che in questo album si presenta in compagnia di Georgios Kontrafouris piano, Antti Lötjönen basso, Teppo Mäkynen batteria, Abdissa Assefa percussioni. In realtà Timo Lassy dovrebbe essere ben conosciuto anche al pubblico italiano essendo stato uno dei componenti di quel ““Five Corners Quintet” che tanto successo ha ottenuto sul piano internazionale. Comunque, anche da solista, Timo ha rapidamente scalato le vette delle classifiche finlandesi ponendosi oggi come un preciso punto di riferimento della scena jazzistica. Ciò grazie ad una eccellente preparazione di base che gli ha consentito di elaborare un linguaggio in cui si mescolano sapientemente input provenienti dall'hard bop, soul music e latin jazz. Ottima anche l'empatia che si è creata nel gruppo composto tutto (l' avrete forse già capito dai nomi) da musicisti finlandesi con l'eccezione del pianista, greco. Il clima dell'album si apprezza già in apertura con “Teddy the sweeper” in cui il riferimento agli anni '60, ai gruppi di Art Blakey o di Horace Silver non potrebbe essere più evidente. E la stessa sensazione si ha ascoltando l'intero album che però mai da la sensazione di un qualcosa di noioso, ripetitivo, scolasticamente eseguito… anche perché Timo se la cava benissimo anche con le ballad: lo si ascolti nella splendida “The good life”, composta nel 1962 da Sacha Distel e portata al successo da Tony Bennett, in cui il sax di Lassy si staglia con un sound netto e preciso nella sua dolcezza, ottimamente coadiuvato dai compagni di viaggio. Il fatto è che tutti i musicisti sono eccellenti e che, almeno a mio avviso, si ascolta sempre con maggior piacere ed interesse un buon disco che si rifà all'hard bop o in genere al passato più o meno recente, piuttosto che un disco d'avanguardia suonato male. (GG)

Eliot Zigmund – “Corner Brilliance” – almar 012-03-10

Eliot Zigmund – “Corner Brilliance”In questo periodo sembra andare particolarmente di moda la formula inventata nei primissimi anni ‘70 da Sonny Rollins vale a dire il trio costituito da sax, batteria e contrabbasso. Se vi ricordate, proprio la scorsa news-letter vi ho presentato un album di Pierrick Pédron che sotto molti aspetti si avvicina a questo CD di Eliot Zigmund: in ambedue i casi si tratta proprio di un trio piano-less che affronta il repertorio monkiano privo , però, dello strumento monkiano per eccellenza, il pianoforte. Nel caso del sassofonista francese l'esito era più che positivo.. e le stesse considerazioni valgono anche per quest'album in cui il batterista leader suona con due ottimi musicisti ”nostrani” quali il sassofonista Pietro Tonolo e il bassista AldoZunino. Il fatto è che Thelonious Monk oramai da tempo viene considerato uno dei massimi esponenti della storia del jazz e alla sua musica si rivolgono come un faro perennemente acceso, moltissimi musicisti che ne traggono validi motivi di ispirazione. Di qui, almeno per quanto concerne artisti particolarmente preparati e sinceri, la sincera introiezione della musica monkiana che viene rielaborata a seconda della sensibilità dei singoli. E' quanto, a mio avviso, accaduto in questo CD che vede all'opera tre artisti di sicuro spessore. E mi piace in particolar modo, constatare come Pietro Tonolo dia un ulteriore saggio di bravura e di maturità evidenziando non solo quella profonda conoscenza della musica monkiana cui prima si faceva riferimento, ma anche una compiuta consapevolezza del come i sassofonisti collaboratori di Thelonious hanno approcciato la sua musica; ciò gli ha consentito di evitare stilemi triti e ritriti per tracciare una propria strada affatto originale. Zigmund è quel mostro sacro della batteria che tutti abbiamo imparato a conoscere in tanti anni di luminosa carriera che lo hanno visto accanto a musicisti di caratura assoluta quali, tanto per fare qualche nome, Bill Evans, Michel Petrucciani, Jim Hall. Aldo Zunino è bassista solido, in grado di ben figurare in qualsivoglia contesto e ciò spiega perché attualmente sia uno dei musicisti più richiesti a livello italiano ed europeo. (GG)

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  1. PIAZZOLLA IN PRIMO PIANO
  2. Fabio Accardi – “Whispers”
  3. Susie Arioli – “All the way”
  4. Pietro Ballestrero Ensemble – “Kyra”
  5. BandOrkestra.55 – “scorribanda”
  6. John Cage – “Music for an aquatic ballet – Music for carillon no.6”
  7. Claudio Cojaniz A.P. Trio, “The Heart of the Universe”
  8. Elton Dean’s Ninesense, “The 100 Club Concert 1979”
  9. Intuitive Music Quartet, “Music From Für Kommende Zeiten”
  10. Timo Lassy – “In with Lassy”
  11. Eliot Zigmund – “Corner Brilliance”
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