Tempo di lettura stimato: 2 minuti

Maurizio Giammarco

Maurizio Giammarco

Riprende il viaggio nel Jazz, per la prima volta dopo poco più di un mese dalla chiusura di un ciclo di Guide all’ Ascolto di Gerlando Gatto davvero molto, molto fortunato.  Non capita spesso in un periodo difficile come questo di vedere promosse e confermate iniziative culturali: in Italia al contrario si assiste ad un sempre crescente  assottigliarsi di eventi artistici; dunque bisogna dare atto a Giampiero Rubei , che come sapete dirige la Casa del Jazz, di aver fatto una scelta controcorrente, incoraggiato di certo dalla spinta propulsiva e dal successo di pubblico che ha avuto il ciclo immediatamente precedente.

Si continua a parlare di standards, che sono poi i brani che hanno fatto il Jazz e che come dicevamo mostrano quanto sia dinamico questo particolare genere di musica che ha la meravigliosa caratteristica di non essere mai, mai uguale a se stesso.  Ogni live è una storia a se, ogni artista è una storia a se, ogni pubblico è una storia a se, e ciò sembra banale ma non lo è affatto. Persino ogni brano è una storia a se: poiché diventa sorgente di mille e mille interpretazioni diverse, e persino (come ha evidenziato Gerlando Gatto insieme a Maurizio Giammarco, durante questo primo incontro del secondo ciclo) base per la composizione di un nuovo brano: “Misty”  di Errol Garner diventa “I want to talk about You” , composta da Billy Ecksteine.  E “I want to talk about You” suonata da John Coltrane è ancora diversa dalle centinaia delle altre versioni possibili.

“All the things you are”, uno degli standards più conosciuti al mondo (che abbiamo ascoltato nella strepitosa versione suonata da Gonzalo Rubalcaba al pianoforte, Charlie Haden al contrabbasso e Paul Motian alla batteria) può diventare spunto per Maurizio Giammarco che su quella struttura armonica crea “Playthings”.

Giammarco in queste quasi due ore intensissime di musica ha suonato in solo, infaticabilmente: suonare il sax tenore – strumento melodico, anche ritmico ma di certo non armonico – costringe il musicista a suonare, oltre che il tema e l’ improvvisazione,  anche note importanti degli accordi per dare un riferimento tonale e rendere comprensibile il brano a chi ascolta.  Ed è riuscito a rendere tutta la ricchezza che hanno questi brani che non bisogna aver paura di definire “immortali” già solo nella loro struttura melodica. Possono essere semplici come progressione di accordi (come Misty) o più strutturati (come All the things You are) ma hanno sempre quel qualcosa che li fa diventare sorgente di infinite possibilità musicali, se il musicista che le esegue non si avvale di patterns triti e ritriti e se le usa come spunto per una nuova creatività invece che come comodo divano su cui appoggiarsi senza fatica.

Ancora molti sono gli standards che andranno in scena alla casa del Jazz, ancora molti gli artisti che viaggeranno con Gerlando Gatto alla ricerca di tutto il Jazz possibile, con i loro racconti, le loro spiegazioni sugli ascolti e la loro musica dal vivo.  Il programma prevede ancora molte sorprese… che il Jazz sia con voi!

Mercoledì prossimo altri standards insieme ad Andrea Beneventano, in trio.

Articoli scelti per te:

Ti è piaciuto l'articolo? Lascia un commento!

Commenti

commenti

Shares