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Giovanni Guidi – “ City of Broken Dreams” – ECM 2274

Giovanni Guidi – “ City of Broken Dreams”Guidi è di certo una delle figure più importanti emerse sulla scena jazzistica internazionale che in breve tempo ha bruciato le tappe facendosi conoscere ed apprezzare in tutto il mondo. A ciò hanno certamente contribuito le “frequentazioni” con artisti importanti quali il trombonista Gianluca Petrella e soprattutto Enrico Rava. Il trombettista si è speso molto per “sponsorizzare” il giovane pianista (classe 1985) e ancora una volta ha dimostrato di possedere un ottimo fiuto: Guidi, dopo la partecipazione ad alcune tra le più importanti rassegne e festival internazionali, è approdato alla corte di Manfred Eicher, dapprima come pianista in due album a nome rispettivamente di Enrico Rava  (“Tribe” con il Rava Quintet) e del  Parco della Musica Jazz Lab (il live “On The Dance Floor”) ed ora incidendo da leader il CD “City of Broken Dreams”.

Nell'occasione Guidi è accompagnato da due eccellenti partners quali Thomas Morgan al contrabbasso e Joao Lobo alla batteria. Thomas Morgan, statunitense, è stato uno dei musicisti preferiti da Paul Motian nel corso dei suoi ultimi anni ed ha collaborato con grandi artisti quali Samuel Blaser, Stefano Romerio, Scott Dubois; è inoltre apparso in precedenti album ECM con John Abercrombie (“Wait Till You See Her”), Masabumi Kikuchi (“Sunrise”) e il New York Quartet di  Tomasz Stanko (“Wislawa”). Il portoghese Lobo è batterista originale, che rifiuta il drumming poderoso e cronometrico per trarre dal proprio strumento suoni atipici creando ora tensione ora distensione in un gioco di continui rimandi con gli altri due compagni d'avventura.

Dal canto suo Giovanni Guidi evidenzia il meglio del proprio “repertorio” vale a dire una squisita sensibilità, una superiore capacità interpretativa, e, dal punto di vista tecnico, un'assoluta padronanza della dinamica ed una preziosa leggerezza di tocco. Il trio si muove su un repertorio di dieci brani scritti tutti da Guidi che dimostra, così, una bella facilità di scrittura. In effetti i pezzi sono strutturati in modo tale da consentire a ciascuno del trio di muoversi in piena libertà pur nel quadro di una perfetta empatia. Insomma un disco di stremo interesse che sicuramente costituisce una tappa importante nella carriera del giovane pianista.

– “ Songways” – ECM 2286

Stefano Battaglia – “ Songways”Stefano Battaglia è sulla scena da molti più anni . Nato a Milano nel 1965, inizia gli studi pianistici all'età di sette anni, diplomandosi nel 1984 con il massimo dei voti e la lode con menzione. Inizia la carriera come concertista classico partecipando a numerose rassegne italiane ed europee con un repertorio bachiano ed il “Fitzwilliam Virginal Book”, una raccolta di composizioni del 500/600 di virginalisti inglesi. Quasi contemporaneamente inizia a farsi conoscere anche nel circuito jazzistico: nel 1988 viene premiato dal Top Jazz come miglior talento e comincia a collaborare con i più grandi musicisti italiani e con diversi grandi nomi della musica jazz internazionale tra cui Steve Swallow, Aldo Romano, Lee Konitz, Kenny Wheeler, Richard Galliano. Oggi ha raggiunto una piena maturità espressiva ed una piena consapevolezza dei propri mezzi forgiando un linguaggio in cui i suoi studi classici sono più che evidenti.

In “Songways” Battaglia si ripresenta con il suo attuale trio (Salvatore Maiore al contrabbasso e Roberto Dani alla batteria) e prosegue nella direzione del recente “The river of anythere”. Come già nel precedente album ECM, il pianista ha scritto tutti e dieci i pezzi: una serie di canti, inni, danze, ispirati ancora una volta dalla descrizione visionaria di luoghi della letteratura e dell'arte. Così  “Ismaro” trae spunto dall´Odissea di Omero, capitale del regno dei Ciconi, “Mildendo Wide Song” si rifà al racconto di Jonathan Swift e da Gulliver, mentre “Babel Hymn” ricorda chiaramente la torre di Babele e le successive vicende. Comunque, richiami a parte, Battaglia stupisce ancora una volta per il grande equilibrio che ha saputo raggiungere con la sua musica: un insieme di tonalità, atonalità, modale, arcaismo, modernità, materismo, astrattismo.

Il tutto eseguito da un trio che trova nell'empatia il suo pregio maggiore: i tre si conoscono a menadito nel senso che l'uno sa perfettamente dove l'altro vuole andare a parare per cui l'improvvisazione può scorrere spontanea, senza forzature, ma con quell' idem sentire che oramai rappresenta la caratteristica principale del trio. In tale ambito ovviamente encomiabile il lavoro di tutti e tre: perfetto il lavoro di Stefano che riesce a ricondurre ad unità il lavoro degli altri due con Maiore che dà alla musica una certa concretezza mentre a Dani viene offerta la possibilità di porsi particolarmente in luce tanto che lo stesso Battaglia sostiene: “Questo disco documenta fedelmente lo sviluppo naturale della vita del Trio che in questo momento lascia uno spazio d'azione maggiore alla batteria”.

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