Festival del sassofono – Roma, Auditorium Parco della , Teatro Studio, 16 maggio

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Francesco Cafiso

Francesco Cafiso

Organizzato dall'INPS (gestione ex ENPALS) il Festival del sassofono supera la metà della sua programmazione con gli attesi concerti del duo Francesco Cafiso – Dino Rubino e del nuovo quartetto di Maurizio Giammarco e Battista Lena.

Ad aprire la serata è il giovane duo. Il set si pare con “Libero” una composizione lunga e articolata che esalta i due musicisti, impegnati a giocare con la musica, a improvvisare e a rincorrersi vicendevolmente, proponendo spesso gli stessi temi con una leggera sfasatura temporale, in quella che in musica classica viene chiamata “imitazione”. Cafiso e Rubino si integrano alla perfezione e, se il sassofonista ormai lo si conosce bene, è proprio il pianismo estremamente personale e incisivo di Rubino (che, come se non bastasse, è anche un valente trombettista), a impressionare.

A “Libero”, senza soluzione di continuità, segue “Pablo” un brano tratto da “Travel dialogues” , lavoro che il duo ha recentemente pubblicato e che precede un omaggio a Charlie Haden, “Waltz for Ruth”. Cafiso mette in mostra quelle qualità che hanno fatto di lui un enfant prodige e che oggi, a ventiquattro anni, ne fanno un musicista di grande interesse. L'intonazione del suo sax alto è perfetta, il suono è affascinante e sensuale. Cafiso è un ottimo improvvisatore e, a livello compositivo, mostra il suo amore per la nativa Sicilia. A un certo punto cita un divertente aforisma di Gesualdo Bufalino, il grande scrittore siciliano la cui grandezza è pari solamente al colpevole silenzio che ne avvolge opera e memoria. “E con oggi in tutto nella mia vita fanno sedici minuti di felicità” soleva dire Bufalino, ed è stata l'ironica amarezza di questa affermazione ad accendere la fantasia del sassofonista per la composizione di “Sedici minuti”. Un ultimo brano, “La banda”, ancora legato alla Sicilia e alle bande di paese chiude con un tocco di malinconia il concerto di Cafiso e Rubino.

Dopo l'intervallo e il veloce avvicendamento dei musicisti è la volta del nuovo quartetto di Maurizio Giammarco e Battista Lena, con Luca Bulgarelli al contrabbasso e Marcello Di Leonardo alla batteria. La formazione è nuova ma affonda le sue radici nella storica collaborazione tra i due leader le cui strade si sono incrociate di nuovo. Giammarco ha da poco pubblicato l'ottimo “Lights and shades”, (già recensito di recente in questo stesso sito) in cui è alla testa di un quartetto internazionale che vede la partecipazione di Vic Juris, Jay Anderson e Adam Nussbaum, mentre Lena è reduce dalla pubblicazione di “Notte” per l'etichetta audiofila Fonè in cui si propone in trio con Enzo Pietropaoli e Flavio Sigurtà.

Maurizio Giammarco

Maurizio Giammarco

Pochi attimi per mettere a punto le ultime cose e il concerto parte con lo splendido brano “Take the dark train” firmato da Lena a cui fa seguito “Elvinadam”, un brano che Giammarco scrisse per Elvin Jones ma che, per la scomparsa del grande batterista, fu poi “adottato” da Adam Nussbaum. Il gruppo suona come se fosse assieme da anni, la ripartizione degli interventi è equilibrata e ben distribuita e questo fa sì che la fruizione della musica, al di là della bellezza dei temi e degli assoli, ne risulti esaltata. Sembra che il tempo abbia smesso di fluire e che la platea trattenga il respiro quasi temendo che qualsiasi rumore esterno possa interrompere questa magia. “I'm getting sentimental over you” è l'unica concessione agli standard di tutto il set e precede “Tritoners”, uno spettacolare brano firmato da Giammarco che per la prima volta viene eseguito davanti al pubblico. Segue l'intenso “Local Warming”, composizione contenuta in “Lights and shades” e due brani che Giammarco definisce “country” non certo per una loro parentela con il genere musicale, quanto per la loro stretta attinenza con la terra e la campagna: “Terra Vergine” e “Grass scope”. Scherzosamente Giammarco sottolinea questo fatto affermando che in realtà Battista Lena ormai “…fa il contadino” e, dopo un attimo di pausa aggiunge“… e tra poco anche io lo seguirò”. “Terra Vergine” si avvale di un supporto elettronico che genera un'atmosfera indiana, attorno alla quale i musicisti costruiscono i loro assoli. Quello di contrabbasso di Bulgarelli merita una menzione speciale. “Grass scope”, come “Tritoners”, è alla sua prima esecuzione in pubblico e sfoggia una marcata personalità. Un'ultima composizione del chitarrista viareggino, la veloce “See you”, chiude un concerto tanto intenso e appagante da non aver bisogno neanche di un bis. Se il buongiorno si vede dal mattino, il gruppo di Giammarco e Lena sarà uno di quelli da non mancare assolutamente questa estate.

Marco Giorgi

www.red-ki.com

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