In ricordo di Pino Maffei

Maffei libroL’11 maggio 2013 è scomparso Pino Maffei. Ne ha dato notizia il compositore e  bandleader Dino Betti Van Der Noot in una lettera spedita ad amici e giornalisti, ricca di informazioni e testimonianza di un affetto e di una stima che il critico ed organizzatore si era conquistato in una vita di lavoro per il jazz.

Proviamo a parlarne mettendone a fuoco le attività di animatore culturale, giornalista e critico musicale, organizzatore di concerti.

Insieme ad Arrigo Polillo, Maffei è stato per un lungo periodo il propulsore dell’Hot Club di Milano, soprattutto nell’immediato, secondo dopoguerra.  Negli anni ’50 collaborò  con Gian Carlo Testoni, Polillo e Giuseppe Barazzetta alla “Enciclopedia del Jazz” (edita nel 1953, vide  la partecipazione anche di Roberto Leydi); la monumentale opera (523 pagine alla III edizione) per la sua innovativa concezione ispirò il critico statunitense Leonard Feather. Pino Maffei si occupò della terza parte del  volume costituito da schede biografiche. Tra le sue pubblicazioni c’è da ricordare anche la monografia dedicata a Benny Goodman nel 1961, edita dalla Ricordi per la serie “Kings of Jazz” (fra gli autori Martin Williams, Paul Oliver e Vittorio Franchini).

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Viaggio al Nord per Claudio Filippini

Claudio Filippini Trio – “Facing North” – CAMJ7854-2

1360514436_folderProva di grande maturità per Claudio Filippini che ha affrontato questa nuova fatica discografica avendo come compagni d’avventura due musicisti da lui assai lontani per ambienti formativi ed esperienze di vita: il batterista finlandese Olavi Louhivuori e il grandissimo contrabbassista svedese Palle Danielsson, vera e propria icona del jazz nordico e più in generale del jazz europeo. L’idea e’  venuta dall’immaginifico produttore e anima della Cam Jazz, Ermanno Basso, e il pianista pescarese l’ha subito colta e fatta propria seppure con tutte le perplessità del  caso. Insomma una sorta di scommessa che portava Claudio fuori dai suoi terreni abituali per misurarne le capacità interpretative in un contesto assolutamente nuovo e difficile. Ebbene la scommessa e’  stata vinta a piene mani dal momento che Filippini ha condotto il trio con mano sicura ed elegante fin dalle primissime note. L’album si apre, infatti, con una deliziosa composizione di Black e Mancini, “Nothing to lose”, in cui si evidenziano immediatamente quelle che saranno le caratteristiche dell’intero album: un pianismo raffinato, cristallino, con un fraseggio quasi minimale, scevro da qualsivoglia dimostrazione di tecnicismo, ma piuttosto intriso di un sensibile intimismo, con un tocco che la dice lunga sulla preparazione “classica” del leader; un sostegno ritmico di assoluta eccellenza con Palle Danielsson che quasi in ogni brano si riserva uno spazio per un pertinente assolo e Olavi Louhivuori magnifico interprete di un drumming tanto poco invasivo quanto propulsivo, caratterizzato soprattutto da una particolare maestria sui piatti. E i tre mai perdono il filo di una perfetta intesa sia quando affrontano originals sia quando si misurano con rivisitazioni di brani già noti quali, oltre il già citato “Nothing to lose”, “God Only Knows” di Brian Wilson portato al successo naturalmente dai Beach Boys, il celebre “Embraceable You” di George & Ira Gershwin, fino a “Chasing Pavements”, cavallo di battaglia della cantante inglese Adele. Tra i brani meglio riusciti, a mio avviso, “Landscape” impreziosito da una splendida e sognante introduzione di Palle Danielsson con l’archetto e successivamente giocato tutto su un mirabile equilibrio tra pianoforte, batteria e contrabbasso.

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Guida all’ascolto alla Casa del Jazz. Ospite: Claudio Filippini

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Nuovo appuntamento,mercoledi 22 maggio,alla Casa del Jazz per il terzo ciclo di guide all’ascolto dedicato agli standards del jazz, condotto sempre da Gerlando Gatto.

Gerlando Gatto sarà affiancato sul palco da uno dei musicisti più in vista di questo ultimissimo periodo: Claudio Filippini. Nato a Pescara nel 1982, Filippini si è già imposto come uno dei più validi pianisti “nostrani”. Forte di una solida preparazione di base (si è diplomato giovanissimo presso il Conservatorio “G.B. Pergolesi” di Fermo) ha avuto modo di incontrare durante il suo percorso di studi musicisti come Kenny Barron, George Cables, Jimmy Owens, Joey Calderazzo, Enrico Pieranunzi, Franco D’Andrea, Otmaro Ruiz, Stefano Bollani, Stefano Battaglia.Ha da poco pubblicato per Camjazz,il cd “Facing North” con due straordinari compagni di viaggio, Palle Danielsson al contrabbasso e Olavi Louhivuori alla batteria.Oggi viene considerato uno dei pochi pianisti in grado di affrontare con successo l’ardua “pratica” del piano-solo ed in effetti si esibirà proprio in splendida solitudine. In programma i seguenti standard: “Embraceable You” (George Gershwin), “Isfahan” (Ellington-Strayhorn) e “From this moment on” (Cole Porter).

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Quando il jazz incontra la musica moderna

Ibrido Hot sevenSerata molto interessante, forse più del solito, quella del 15 maggio scorso alla Casa del Jazz per il secondo appuntamento del nuovo ciclo di guide all’ascolto dedicato agli standards e condotto da Gerlando Gatto. Ospite un gruppo assolutamente atipico, l’”Ibrido Hot Seven” vale a dire Antonio Apuzzo sax alto, sax tenore, clarinetto, clarinetto basso, Francesco Fratini tromba, Pino Capomolla flauto, Andrea Amendola viola, violino, Sandro Lalla e Gianluca Taddei contrabbasso, Luca Bloise marimba e percussioni.

Il “padrone di casa”, ovvero Gerlando Gatto, ha introdotto l’appuntamento con il solito garbo facendo ascoltare la sigla scelta per l’occasione, vale a dire “Me and Mrs. Jones” nella storica incisione di Billy Paul, il cantante soul che portò il brano al successo nel 1974.

Si passa quindi alla presentazione del gruppo e Gatto ed Apuzzo si soffermano sul concetto di “jazz da camera” come musica che presenta un rapporto sinergico tra un impianto prettamente jazzistico e modalità esecutive desunte per lo più dalla tradizione eurocolta.

E’ stata quindi la volta di uno storico filmato: il tenorsassofonista Ben Webster impegnato nell’esecuzione di “Chelsea Bridge” di Billy Strayhorn; la straordinaria esecuzione di Webster dà modo a Gatto e Apuzzo di sottolineare la grandezza di questo artista ponendone in rilievo quel “soffiato” che costituisce la sua principale caratteristica.

Com’è nella logica del ciclo, si ascolta una seconda interpretazione di “Chelsea Bridge” dovuta al “29th Street Saxophone Quartet”, seguita dall’esecuzione live che evidenzia un gruppo ben compatto, consapevole dei propri mezzi espressivi e perfettamente a suo agio con questo materiale tematico. Convinti e calorosi gli applausi che si ripetono dopo la presentazione del primo original, “Sette incontri”, un pezzo per l’appunto in sette quarti dovuto alla bella penna di Pino Capomolla. A questo punto Gatto introduce un elemento affatto nuovo: spiegazione con dimostrazione di alcuni termini usati nel jazz e così con l’aiuto dei musicisti si illustra e si fa ascoltare cosa si intende per “poliritmia”.

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A scuola di sassofono con Cafiso e Giammarco

Francesco Cafiso

Francesco Cafiso

Organizzato dall’INPS (gestione ex ENPALS) il Festival del sassofono supera la metà della sua programmazione con gli attesi concerti del duo Francesco Cafiso – Dino Rubino e del nuovo quartetto di Maurizio Giammarco e Battista Lena.

Ad aprire la serata è il giovane duo. Il set si pare con “Libero” una composizione lunga e articolata che esalta i due musicisti, impegnati a giocare con la musica, a improvvisare e a rincorrersi vicendevolmente, proponendo spesso gli stessi temi con una leggera sfasatura temporale, in quella che in musica classica viene chiamata “imitazione”. Cafiso e Rubino si integrano alla perfezione e, se il sassofonista ormai lo si conosce bene, è proprio il pianismo estremamente personale e incisivo di Rubino (che, come se non bastasse, è anche un valente trombettista), a impressionare.

A “Libero”, senza soluzione di continuità, segue “Pablo” un brano tratto da “Travel dialogues” , lavoro che il duo ha recentemente pubblicato e che precede un omaggio a Charlie Haden, “Waltz for Ruth”. Cafiso mette in mostra quelle qualità che hanno fatto di lui un enfant prodige e che oggi, a ventiquattro anni, ne fanno un musicista di grande interesse. L’intonazione del suo sax alto è perfetta, il suono è affascinante e sensuale. Cafiso è un ottimo improvvisatore e, a livello compositivo, mostra il suo amore per la nativa Sicilia. A un certo punto cita un divertente aforisma di Gesualdo Bufalino, il grande scrittore siciliano la cui grandezza è pari solamente al colpevole silenzio che ne avvolge opera e memoria. “E con oggi in tutto nella mia vita fanno sedici minuti di felicità” soleva dire Bufalino, ed è stata l’ironica amarezza di questa affermazione ad accendere la fantasia del sassofonista per la composizione di “Sedici minuti”. Un ultimo brano, “La banda”, ancora legato alla Sicilia e alle bande di paese chiude con un tocco di malinconia il concerto di Cafiso e Rubino.

Dopo l’intervallo e il veloce avvicendamento dei musicisti è la volta del nuovo quartetto di Maurizio Giammarco e Battista Lena, con Luca Bulgarelli al contrabbasso e Marcello Di Leonardo alla batteria. La formazione è nuova ma affonda le sue radici nella storica collaborazione tra i due leader le cui strade si sono incrociate di nuovo. Giammarco ha da poco pubblicato l’ottimo “Lights and shades”, (già recensito di recente in questo stesso sito) in cui è alla testa di un quartetto internazionale che vede la partecipazione di Vic Juris, Jay Anderson e Adam Nussbaum, mentre Lena è reduce dalla pubblicazione di “Notte” per l’etichetta audiofila Fonè in cui si propone in trio con Enzo Pietropaoli e Flavio Sigurtà.

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