Charles Lloyd: quando l’arte non ha età

Charles Lloyd, Jason Moran – “Hagar’s Song” – ECM 2311

hagarssongGiunto negli anni della piena maturità (75 suonati), Charles Lloyd sembra oramai inseguire una sola ed unica prospettiva: suonare la musica che più gli piace, nel modo che più gli piace, con i musicisti che più gli piacciono. E a quest’ultimo riguardo non v’è dubbio che egli abbia un rapporto del tutto particolare con i pianisti: come dimenticare il suo album, forse più bello, “Forest Flower” inciso con Keith Jarrett (oltre a Cecil McBee al basso e Jack DeJohnette alla batteria) e come trascurare il contributo che seppe dare allo sviluppo della carriera di Michel Petrucciani…per non parlare delle fruttuose collaborazioni con Herbie Hancock, Brad Mehldau, Geri Allen e Bobo Stenson. In questa sua ultima produzione discografica, Lloyd si ritrova ancora una volta accanto ad un pianista, Jason Moran, nella non abusata formula del duo. L’album è semplicemente strepitoso: i due suonano al meglio, senza strafare, senza preoccuparsi di stupire l’ascoltatore, ma solo assecondando la propria ispirazione e gli input che continuamente si rimandano. L’intesa è semplicemente perfetta, cementata da una collaborazione che dura oramai dal 2006 quando Moran entra nel “New Quartet”.

Il clima che si respirerà per tutto il disco si avverte immediatamente dai primi due brani, il delizoso “Pretty Girl” e il celeberrimo “Mood Indigo”, ambedue collegati a Duke Ellington (anche se il primo pezzo è stato scritto da Billy Strayhorn e inserito dal Duca nella suite “Such Sweet Thunder”). In effetti, spiega Lloyd, il repertorio scelto per questo album è strettamente connesso allo scorrere della musica nella sua vita. Così l’incontro con Ellington e Strayhorn nel Sud della Francia nel 1966 è risultato particolarmente importante per il giovane Lloyd che ne trasse motivi di profonda ispirazione. Da Ellington a Gerhswin il passo è breve: ecco allora una intensa, profonda interpretazione di “Bess, you is my woman now” in cui il pianismo così scarno, essenziale di Moran si fonde con il lirismo proprio di Lloyd che anche in questa occasione non spreca una nota che sia una…e via di questo passo attraverso “All about Ronnie”, l’original “Pictogram” con un Lloyd strepitoso al contralto e “You’ve changed” che Charles confessa essere il suo brano preferito di Billie Holiday per giungere al tracke title, “Hagar Suite”.

Si tratta di cinque brani ispirati dalla bisnonna Hagar acquistata e venduta come schiava; in “Journey up river” il tema è introdotto dal solo flauto basso in un’atmosfera che diventa vieppiù tesa con l’intervento di Moran; in “Dreams of White Bluff” le parti si invertono: Moran illustra il tema, suggestivo nella sua linearità, dopo di che Lloyd si produce in un lungo, raffinato assolo che evidenzia un sound affatto personale ed una totale padronanza strumentale. In “Alone” è Lloyd al flauto alto ad aprire le danze raggiunto quindi da Moran prima al tamburino e poi al pianoforte; attraverso un ostinato si passa senza soluzione di continuità a “Bolivar Blues” dall’andamento piuttosto sghembo; la suite termina con “Hagar’s Lullaby” un brano dolce così come suggerisce il titolo; da sottolineare come in questa suite Lloyd utilizzi tutti gli strumenti a sua disposizione vale a dire sax tenore, sax contralto, flauto basso e flauto alto.

L’album si chiude con la riproposizione di tre celebri pezzi: “Rosetta” di Earl Hines, “I shall be released” di Bob Dylan e “God only knows” di Brian Wilson a conferma della bontà di un duo che risulta assolutamente pieno, completo, come se l’aggiunta di un qualsivoglia terzo elemento potesse risultare un corpo estraneo colpevole di spezzare un mirabile equilibrio.

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Applausi meritati per Mauro Bottini alla Casa del Jazz

Mauro BottiniSala da musica piena, un Jazz conciso e diretto tra mainstream, standards e composizioni originali, un sassofonista di grande esperienza oramai più che ventennale che porta sul palco tre giovani e validi musicisti e la serata alla Casa del Jazz può dirsi più che riuscita: Mauro Bottini presenta il suo cd “Friends” in uno dei luoghi simbolo del Jazz a Roma, seguito da un pubblico affezionatissimo. Serata “sold out”, un’ ora abbondante di musica tra passato e presente, suonata appassionatamente insieme a Matteo Nizzardo organo hammond e piano, Francesco Gatta chitarra elettrica, Marco Massimi basso elettrico, Cristiano Coraggio batteria.

Bottini e i suoi percorrono con disinvoltura tutti gli stili del Jazz, attraverso classici intramontabili come “So What”  (il cui tema è affidato al basso di Massimi), ma anche “Watermelon Man”, o filtrandolo attraverso composizioni originali quali “Sunny” , o “Emotion” o la stessa “Friends”, o “The sun inside you”.  Bottini passa agevolmente, anche all’interno di uno stesso brano, da sax tenore a sax soprano, lascia generosamente spazio ai suoi musicisti, facendone svelare le doti musicali e dialogando efficacemente con loro.

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