Tiziana Ghiglioni: senza passione non puoi essere un grande artista

Ghiglioni

 

Tiziana Ghiglioni è sicuramente una delle vocalist più rappresentative del Vecchio Continente: a ben ragione considerata la capostipite delle cantanti jazz nel nostro Paese, ancora oggi prosegue nel suo personalissimo percorso di ricerca preferendo sperimentare nuove forme piuttosto che adagiarsi sui tanti successi che hanno contraddistinto la sua carriera. Così attualmente è una delle poche artiste in grado di utilizzare la voce in funzione strumentale misurandosi da pari a pari con altri strumentisti anche in piccole formazioni – quali il trio – in cui l’errore è sempre dietro l’angolo .

Era da parecchio tempo che non la incontravo per cui , quando ho letto a Giulianova un manifesto in cui si annunciava per il 31 agosto e il primo settembre un suo workshop canto jazz, improvvisazione, tecnica e performance con successivo concerto a Teramo, non ho perso tempo e l’ho contattata telefonicamente. Poche ma calde frasi di saluto e poi l’appuntamento per l’ora di pranzo presso la chiesa sconsacrata di Santa Maria a Bitetto dove Tiziana stava ultimando le prove per lo straordinario concerto che la sera l’avrebbe vista impegnata con Piero Bittolo Bon ai sassofoni e Glauco Benedetti al basso tuba. Così ho rivisto una Ghiglioni in gran forma, entusiasta, con quello spirito ironico che ben la rappresenta, pronta a rispondere alle mie domande mentre sul pianoforte intona accordi che mutano di intensità a seconda del tono delle sue parole. 

Come valuti la situazione del canto jazz in Italia

“Mi sembra ottima; ci sono un sacco di giovani che vengono su molto ben preparati, in grado di dire perfettamente la loro nell’attuale panorama del jazz italiano…anche se, ad onor del vero, non so farti nomi. Anche se sono una cantante, preferisco ascoltare la musica anziché il canto”.

Sì, su questo possiamo essere d’accordo…ma resta il fatto che nessuna di queste nuove leve riesce a raggiungere il grado interpretativo di voi “regine” del canto jazz in Italia?

“Voi? A chi ti riferisci? Fuori i nomi”.

Da buon siculo nomi non ne faccio…ma ribadisco un concetto: nessuno-nessuna dei vocalist che si stanno affacciando sulla scena o che sono già in esercizio ma da poco tempo riesce a emozionarmi.

“Questo è un altro discorso. Per cantare bene oggi un’ottima preparazione di base è assolutamente indispensabile. Lo vedo con mia figlia: lei studia canto, ma deve impegnarsi molto per raggiungere buoni risultati. Il fatto di saper e poter trasmettere emozioni dipende, a mio avviso, da un altro fattore: la passione, la passione per questa musica”.

E tu come hai riconosciuto questa passione?

“L’ho detto tante volte ma mi piace ripeterlo anche in questa sede: sono stata letteralmente folgorata da un concerto di Archie Shepp, dopo di che ho capito che quella sarebbe stata la mia musica”.

E poi?

“Poi ho coltivato questa passione cercando sempre di dare il meglio di me stessa, cercando, sperimentando…anche perché quando ho iniziato non è che nel nostro Paese ci fossero molti punti di riferimento per quanto concerne il canto jazz. E come tu sai sono passata attraverso esperienze assai diversificate”.

Assolutamente vero. Ma cambiamo argomento. Questa estate è scoppiato lo scandalo – tutt’altro che inatteso – dei festival che non pagano i musicisti. Come valuti questo fatto?

“Sai, la cosa mi tocca solo marginalmente. Fermo restando che ognuno deve essere pagato per il proprio lavoro, oramai i festival non mi chiamano…forse per loro non sono abbastanza moderna…”.

In che senso?

“Nel senso che probabilmente si preferisce invitare qualche giovane magari per presentare qualcosa di nuovo”.

Questa volta non siamo d’accordo. A mio avviso ai festival vengono invitati sempre quei tre quattro musicisti che assicurano cassetta.

“Sì; anche quanto dici è vero”.

Allora su questo sei d’accordo…

“Certamente; il fatto è che io non ho mai avuto l’energia e la voglia di potere che hanno altri miei colleghi. Non insisto, non chiamo, non mi propongo. Non sta nel mio…”.

DNA

“Ecco, l’hai detto”.

(altro…)

Episodio 10. Giuliana Soscia e Pino Jodice

soscia e jodice p

Cari amici,

come vedete, siamo giunti al nostro podcast numero 10 che, direttamente da Pineto, ci racconta le esperienze e la vita della fisarmonicista Giuliana Soscia e del pianista Pino Jodice.

E’ dunque il momento di tracciare un primo, seppur sommario, bilancio dei risultati raggiunti.

Imbarcarci in questa nuova fatica è stata, sotto certi aspetti, impresa temeraria dato il numero assai “ristretto” di quanti si occupano del sito; ma come ben sapete l’entusiasmo derivante dai vostri apprezzamenti anche questa volta ci ha spinto ad osare e i risultati ci stanno dando ragione.

Le interviste in podcast, in effetti, stanno raccogliendo il consenso innanzitutto dei musicisti interessati che in tal modo non corrono il rischio di essere fraintesi nella trascrizione delle loro risposte; ugualmente positivi i commenti dei lettori che hanno l’opportunità di ascoltare la voce degli artisti.

Di qui una serie di commenti che ci spingono a proseguire lungo questa strada; certo, non mancano le opinioni contrarie, anche se, come già sottolineato in altra occasione, mai abbiamo avuto il piacere di ricevere critiche costruttive, pareri che possano aprire un dibattito; no, solo insulti senza alcuna motivazione cui non vale la pena rispondere.

(altro…)

Vi spiego… il clarinetto: Gabriele Mirabassi

Gabriele Mirabassi (foto Daniela Crevena)

La prima domanda è d’ obbligo. Perché il clarinetto? E quando hai capito che sarebbe stata la tua vita?
“Il clarinetto l’ ho scelto da piccolo perché ero troppo piccolo per capire in che razza di problema mi stavo infilando … e poi è stato troppo tardi per tornare indietro. Però poi uno fa di necessita virtù e devo dire che ora penso che la mia scelta ha il suo perché”.

Parliamo allora di questo strumento. Strumento a fiato, naturalmente. Di che materiale è costruito e come è strutturato? E si dice “clarino” o “clarinetto”?
“Il clarino è uno dei modi in cui si chiama la clarina, ovvero la tromba militare degli antichi romani, che in qualche modo ha una responsabilità nella genealogia del clarinetto. Non è la stessa cosa dunque dire “clarino” e “clarinetto”.

Con che materiale è costruito il clarinetto?
“Il clarinetto è fatto di legno. Nel corso della sua storia, ma anche oggi stesso, possono essere state usate diverse qualità legno differente, ma lo strumento tradizionale è di ebano. Però, poiché l’ ebano è rarissimo e protettissimo, oggi per lo più se ne usa maggiormente una sottospecie meno minacciata in natura, e che si trova soprattutto in Mozambico: l’ ebano grenadilla. Per costruire un clarinetto occorrono due pezzi di ebano: un pezzo unico senza nodi o venature per la lunghezza intera dello strumento è praticamente impossibile da trovare. I due pezzi si chiamano “quadrelle” , e sono due tavole di sezione rettangolare molto spessa, uguali tra loro, che vengono pian piano tornite e ridotte. Vengono poi scavate, rese a sezione circolare, e unite fra loro attraverso un innesto a baionetta, con sugheri che ne garantiscono l’ aderenza.”

Quanti tipi di clarinetto esistono?
“Ne esistono tantissimi e quelli superstiti sono solo una piccola parte di quelli che sono affastellati nel corso della storia. La standardizzazione nella costruzione degli strumenti musicali è un fenomeno relativamente recente: anticamente, e fino all’ inizio di questo secolo, il clarinetto era costruito da artigiani, in un numero limitato, ed ognuno aveva un progetto proprio. Ad esempio il famoso tanto dibattuto clarinetto per cui Mozart scrisse il leggendario concerto k 622 (che oggi è stato ricostruito ma che non è mai stato ritrovato) era il clarinetto costruito da Anton Stadler ed era un modello unico. Oggi quello che comunemente chiamiamo clarinetto è quello soprano in sib, del quale esistono delle varianti. Quelle sopravvissute oggi sono fondamentalmente due: il sistema francese o Boehm e il sistema tedesco, o Oehler. Nelle orchestre tedesche usano uno strumento differente da quello che uso io . Il tubo è più piccolo di diametro e la meccanica è totalmente differente, io non lo saprei suonare. Quello che si suonava nel jazz a New Orleans era ancora un altro sistema, che non esiste più e si chiama sistema Albert . Comunque ormai lo standard è il sistema francese”.

Ci spieghi cosa vuol dire “strumento traspositore”? Ovvero perché si dice che un clarinetto è “in sib”?
“Semplicissimo: il clarinetto è un tubo, tagliato ad una certa lunghezza. La lunghezza del tubo fa si che soffiando nel tubo stesso si generi, come nota, un si bemolle. Tagli un pezzo di legno lungo un si bemolle in pratica! Per ottenere altre note si praticano sul tubo alcuni buchi. Quelli centrali grandi si tappano con il polpastrello, e rispettano la serie degli “armonici” del si bemolle. Tutti i piccoli buchi laterali (che per essere chiusi necessitano di piccole chiavunzole) invece producono le alterazioni. Servono cioè a fare delle note che sono lontane dagli armonici del si bemolle. Ed hanno anche bisogno di un’ abilità costruttiva maggiore. Nella qualità del suono di questi piccoli buchi c’è la differenza tra un clarinetto che costa poco o tanto, perché essendo più piccoli e laterali è molto più difficile che le note che ne derivano siano intonate ed abbiano un suono omogeneo rispetto a quelle che poggiano sugli armonici. Questi piccoli buchi sono lontani dal corpo centrale e per poterli tappare e stappare sono raggiunti da alcuni servomeccanismi, le piccole chiavi, appunto.
Il si bemolle in cui è tagliato il clarinetto noi per convenzione lo chiamiamo DO. Il che ci aiuta, essenzialmente nella diteggiatura, ad usare meno le alterazioni. “

(altro…)

Masterclass di canto jazz con Judy Niemack

masterclass

Sabato 19 e domenica 20 ottobre si svolgerà presso il Conservatorio di musica “Lucio Campiani” di Mantova una masterclass di canto jazz condotto dalla vocalist Judy Niemack, con la partecipazione del chitarrista Jean François Prins. Le due giornate si chiuderanno, domenica sera, con un concerto dei due artisti cui parteciperanno tutti gli iscritti alla masterclass.

Le quote d’iscrizione variano dai 100€ per gli allievi  iscritti al Conservatorio di Mantova ai 160 € per gli allievi esterni (iscrizioni effettuate dopo il 5 settembre 2013)

ai 50€ per gli uditori.

(altro…)

Masterclass di Giuliana Soscia e Pino Jodice sulle contaminazioni nel jazz

soscia e jodice p

Si svolgerà dal 1 al 6 ottobre, a Spoleto, “Strumenti & Musica Festival” promosso dall’Associazione culturale “Italian Accordion Culture”.

L’evento si articola in una settimana di audizioni e concerti con musicisti italiani e stranieri di riconosciuto spessore artistico; saranno inoltre selezionati i fisarmonicisti chiamati a rappresentare l’Italia al prossimo Trofeo Mondiale CIA (Confédération Internationelle des Accordéonistes). La giuria sarà presieduta dai più grandi nomi legati allo strumento e da critici musicali nazionali e internazionali.

La novità di quest’anno consiste nell’introduzione di un nuovo concorso dedicato ai giovani pianisti.

(altro…)

Addio a Jimmy Fontana cantante con la passione del jazz

Jimmy Fontana il mondoIl mondo della musica deve piangere un’altra scomparsa, quella di Jimmy Fontana all’anagrafe Enrico Sbriccoli.

E vedo già lo stupore dipingersi sul volto di qualche lettore, stupore del tutto giustificato se non si conosce la storia di questo artista. In realtà, Jimmy Fontana, prima di dedicarsi alla musica pop, era stato conquistato dal jazz tanto da collaborare, come contrabbassista, con la “Roman New Orlean Jazz Band” di Roma. Lo stesso nome dello pseudonimo, Jimmy, era un esplicito omaggio ad un grande del jazz, Jimmy Giuffre.

Ma anche quando si affermò definitivamente come cantante di musica leggera, Jimmy mantenne una eleganza nell’eloquio, una carica di swing, un’articolazione della melodia da cui era facile desumere una buona conoscenza e pratica del jazz.

Jimmy nasce il 13 novembre del 1934 a Camerino, nelle Marche. Appassionato di musica sin da bambino, impara a suonare il contrabbasso da autodidatta e inizia a frequentare l’ “Hot Club” di Macerata dove, poco dopo, si esibisce con un gruppo di amici tutti dilettanti. Diplomatosi in ragioneria, si trasferisce a Roma e qui, come già detto, suona con la “Roman New Orleans Jazz Band”.

Nel frattempo si iscrive all’Università ma la sua vera vocazione è la musica: così abbandonati gli studi, si dedica totalmente a ciò che veramente ama.  Incide per la Consorti alcuni standard jazz, dopo di che entra nella “Flaminia Street Jazz Band” come cantante, registrando album per l’Astraphon. Quindi, si pone a capo del “Jimmy Fontana and his trio”, e nello stesso periodo incontra Leda, la donna che diventerà sua moglie (e che gli darà quattro figli: Luigi, Roberto, Andrea e Paola).

(altro…)