Vi spiego… il clarinetto: Gabriele Mirabassi
La prima domanda è d’ obbligo. Perché il clarinetto? E quando hai capito che sarebbe stata la tua vita?
“Il clarinetto l’ ho scelto da piccolo perché ero troppo piccolo per capire in che razza di problema mi stavo infilando … e poi è stato troppo tardi per tornare indietro. Però poi uno fa di necessita virtù e devo dire che ora penso che la mia scelta ha il suo perché”.
Parliamo allora di questo strumento. Strumento a fiato, naturalmente. Di che materiale è costruito e come è strutturato? E si dice “clarino” o “clarinetto”?
“Il clarino è uno dei modi in cui si chiama la clarina, ovvero la tromba militare degli antichi romani, che in qualche modo ha una responsabilità nella genealogia del clarinetto. Non è la stessa cosa dunque dire “clarino” e “clarinetto”.
Con che materiale è costruito il clarinetto?
“Il clarinetto è fatto di legno. Nel corso della sua storia, ma anche oggi stesso, possono essere state usate diverse qualità legno differente, ma lo strumento tradizionale è di ebano. Però, poiché l’ ebano è rarissimo e protettissimo, oggi per lo più se ne usa maggiormente una sottospecie meno minacciata in natura, e che si trova soprattutto in Mozambico: l’ ebano grenadilla. Per costruire un clarinetto occorrono due pezzi di ebano: un pezzo unico senza nodi o venature per la lunghezza intera dello strumento è praticamente impossibile da trovare. I due pezzi si chiamano “quadrelle” , e sono due tavole di sezione rettangolare molto spessa, uguali tra loro, che vengono pian piano tornite e ridotte. Vengono poi scavate, rese a sezione circolare, e unite fra loro attraverso un innesto a baionetta, con sugheri che ne garantiscono l’ aderenza.”
Quanti tipi di clarinetto esistono?
“Ne esistono tantissimi e quelli superstiti sono solo una piccola parte di quelli che sono affastellati nel corso della storia. La standardizzazione nella costruzione degli strumenti musicali è un fenomeno relativamente recente: anticamente, e fino all’ inizio di questo secolo, il clarinetto era costruito da artigiani, in un numero limitato, ed ognuno aveva un progetto proprio. Ad esempio il famoso tanto dibattuto clarinetto per cui Mozart scrisse il leggendario concerto k 622 (che oggi è stato ricostruito ma che non è mai stato ritrovato) era il clarinetto costruito da Anton Stadler ed era un modello unico. Oggi quello che comunemente chiamiamo clarinetto è quello soprano in sib, del quale esistono delle varianti. Quelle sopravvissute oggi sono fondamentalmente due: il sistema francese o Boehm e il sistema tedesco, o Oehler. Nelle orchestre tedesche usano uno strumento differente da quello che uso io . Il tubo è più piccolo di diametro e la meccanica è totalmente differente, io non lo saprei suonare. Quello che si suonava nel jazz a New Orleans era ancora un altro sistema, che non esiste più e si chiama sistema Albert . Comunque ormai lo standard è il sistema francese”.
Ci spieghi cosa vuol dire “strumento traspositore”? Ovvero perché si dice che un clarinetto è “in sib”?
“Semplicissimo: il clarinetto è un tubo, tagliato ad una certa lunghezza. La lunghezza del tubo fa si che soffiando nel tubo stesso si generi, come nota, un si bemolle. Tagli un pezzo di legno lungo un si bemolle in pratica! Per ottenere altre note si praticano sul tubo alcuni buchi. Quelli centrali grandi si tappano con il polpastrello, e rispettano la serie degli “armonici” del si bemolle. Tutti i piccoli buchi laterali (che per essere chiusi necessitano di piccole chiavunzole) invece producono le alterazioni. Servono cioè a fare delle note che sono lontane dagli armonici del si bemolle. Ed hanno anche bisogno di un’ abilità costruttiva maggiore. Nella qualità del suono di questi piccoli buchi c’è la differenza tra un clarinetto che costa poco o tanto, perché essendo più piccoli e laterali è molto più difficile che le note che ne derivano siano intonate ed abbiano un suono omogeneo rispetto a quelle che poggiano sugli armonici. Questi piccoli buchi sono lontani dal corpo centrale e per poterli tappare e stappare sono raggiunti da alcuni servomeccanismi, le piccole chiavi, appunto.
Il si bemolle in cui è tagliato il clarinetto noi per convenzione lo chiamiamo DO. Il che ci aiuta, essenzialmente nella diteggiatura, ad usare meno le alterazioni. “