Con lui se ne va un altro pezzo della storia del jazz

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Jimy Hall

Lo scorso 10 dicembre si è spento nel suo appartamento del Greenwich Village a New York il grande chitarrista Jim Hall. Aveva da poco compiuto 83 anni. Ad annunciarne la scomparsa è stata la Jane che ha riferito come il marito sia morto nel sonno dopo un breve  malore.

Nonostante l'età  Hall era ancora un artista attivissimo. Aveva tenuto da poco l'ultimo concerto e aveva in programma una tournée in Giappone in duo con il contrabbassista Ron Carter. Chiunque ami il jazz e la chitarra elettrica conosce il valore di questo grande artista, tanto grande quanto modesto, uno di quei musicisti capace di rendere indimenticabile qualsiasi esibizione per la poesia che sapeva far scaturire dal suo strumento. Così, anche se non lo avevamo mai conosciuto di persona, la sensazione è quella di aver perduto un amico. Tante volte lo avevamo visto esibirsi in giro per l'Italia e tante volte, intervistando chitarristi delle nuove generazioni, avevamo potuto constatare quanto questi si ritenessero influenzati da lui o come lo ritenessero imprescindibile per lo sviluppo della chitarra. Tra di loro Pat Metheny e Bill Frisell, che ne ripropose in chiave moderna la tavolozza dei timbri e dei colori.

Hall ce lo ricordiamo sorridente sul palcoscenico, accompagnato, prima che dai musicisti del suo gruppo, dal ronzio incessante del suo vecchio amplificatore Marshall che per tutto il concerto forniva una tonale di fondo alla musica. Col tempo abbiamo cominciato a considerare quel ronzio come parte integrate della musica di Hall, al punto che, sentendolo mancare nelle registrazioni da studio, ne sentivamo quasi la mancanza. Un altro ricordo indelebile che abbiamo di Hall è dovuto al bellissimo documentario “Jazz on a Summer's Day” del 1960 nel quale il chitarrista esegue, con la band di Chico Hamilton l'ipnotico brano “The Train and the River”.

L'amore di Hall con il jazz risale alla sua adolescenza. Il colpo di fulmine avvenne nel 1943, quando il giovane Jim aveva tredici anni. La radio trasmise un concerto con Charlie Christian alla chitarra. “Capii che quello era il mio destino” ricordò in seguito Hall. “Non capivo neanche bene cosa stesse facendo, ma aveva un sound così affascinante che volevo replicare”.

Marco Giorgi

per www.red-ki.com

Hall studiò chitarra privatamente e poi frequentò il Cleveland Institute of Music dove si diplomò in pianoforte e composizione. Nella band dell'istituto il giovane musicista suonava il contrabbasso, non essendo disponibile una chitarra. L'esordio discografico avvenne nel 1955 quando Hall si unì alla band di Chico Hamilton. Da allora in poi la frequenza delle sue apparizioni all'interno d'incisioni storiche è degna di nota. Gli album che Hall ci ha lasciato sono innumerevoli, così come quasi incalcolabili sono le sue partecipazioni a dischi di altri musicisti. Oggi ascoltiamo album come  come “2° East, 3° West” (1956) di John Lewis, “The Street Swinger” del trio Brookmeyer-Hall-Raney (1957), “Western Suite” (1958) di Jimmy Giuffre, “You and Lee” (1959) di Lee Konitz, “Essence” e “Jazz Abstractions “ (1960) ancora di John Lewis, sono dei classici del jazz, ma al momento in cui apparvero rappresentavano la punta più avanzata dell'avanguardia intellettuale statunitense. A tutte queste perle del jazz della cosiddetta “Third Stream” Hall diede il suo valido contributo soprattutto nel periodo di partecipazione alla formazione di Jimmy Giuffre.

Il chitarrista accompagnò anche Ella Fitzgerald nel periodo 1960-61 e fece parte del quartetto di Sonny Rollins tra il 1961 e il 1962 quando il grande tenorista realizzò il memorabile “The Bridge”. “Essere stato scelto da Sonny Rollins mi fece sentire pienamente accettato dalla comunità jazz” dichiarò Hall. E se il chitarrista cominciò a essere chiamato a suonare con regolarità con i nomi che contano del jazz “…lo si deve a Sonny”.

Impossibile non ricordare altri album come “Undercurrents” (1962), in duo con Bill Evans e Interplay (1962) in quintetto sempre con Evans. Hall fu membro anche del quartetto di Art Farmer tra il 1962 e il 1964 e registrò, tra il 1959 e il 1965 con Paul Desmond. Con il sassofonista di Dave Brubeck registrò nel 1964 un album straordinario che oggi sembra essere stato dimenticato “Lisboa Antigua”. Date un ascolto a questa incisione se vi fidate del nostro consiglio.

Hall, ancora, nel 1966 partecipò alla registrazione di “Blow Up, colonna sonora firmata da Herbie Hancock e realizzò un altro duo con Bill Evans “Intermodulation”.

Negli anni Settanta il chitarrista fu attratto nell'orbita della CTI di Creed Taylor, ma il suo sound seppure “modernizzato” dagli arrangiamenti tendenti al kitsch di Don Sebesky, si distingueva da quello “imposto” dalla casa. “Concierto” del 1975, ad esempio è un album che merita di essere riascoltato con attenzione e rivalutato se non altro per la presenza di un Chet Baker in stato di grazia. A completare il cast della registrazione c'erano Roland Hanna al pianoforte, l'amico di sempre Ron Carter al contrabbasso e Steve Gadd alla . Con Carter, Hall aveva registrato nel 1972  il live “Alone Together” a cui, dopo dieci anni esatti, fece seguito “Live at the Village West”.

Nel periodo conclusivo della sua esistenza Hall ha continuato a percorrere la sua strada di musicista, esibendosi dal vivo con grande costanza e registrando non meno di un album all'anno. La sua strada discografica si è incontrata con quella di Pat Metheny 1999 e, più recentemente nel 2008, con quella di Bill Frisell. Sono questi due dei tre chitarristi che Hall ha più ammirato. Il terzo è il britannico Fred Frith, irriducibile alfiere dell'avanguardia chitarristica che mostra come Hall, ormai divenuto “mainstream” fosse sempre attento a cogliere spunti di novità anche in ambiti extra jazzistici.

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