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I nostri libri

E’ tempo di Natale e quindi, si sarebbe detto una volta, è tempo di regali. Quest’anno le cose andranno in maniera ben diversa: come apprendiamo ogni giorno, di soldi non si vede l’ombra e quindi sicuramente la spesa per i tradizionali doni subirà un’ulteriore contrazione. Poco male, direte voi, dal momento che spesso in queste occasioni si regalano le cose più stupide e inutili. E anche questo è vero…solo che se non si ricomincia ad avere soldi che ci consentano di consumare- e quindi anche di comprare “regalini” – la macchina non si rimette in moto. Ma lasciamo queste considerazioni ad altre sedi e veniamo al jazz. Se per caso vi rimane qualche euro ed avete amici che amano non solo ascoltare il jazz ma anche leggere qualcosa al riguardo, ci sono alcune pubblicazioni che vorrei segnalarvi.

Luca Bragalini – “Storie poco standard” – EDT – pgg. 200 – euro 12,50

Questo libro mi è giunto proprio mentre stavo preparando, per la Casa del Jazz, il quinto ciclo di guide all’ascolto dedicato agli standard del jazz. Figuratevi con quanta avidità ho cominciato a sfogliarlo e quindi a leggerlo. Purtroppo nessuna delle song esaminate da Luca Bragalini faceva parte del repertorio scelto dagli artisti per questi nuovi appuntamenti “romani”, peccato davvero ché in caso contrario il mio lavoro sarebbe stato di molto facilitato.

Scherzi a parte, il volume di Luca Bragalini va ben al di là dell’interesse contingente legato ad un programma, ad una serata: l’Autore, già ben noto ed apprezzato anche al di fuori dei ristretti confini del jazz, ha preso in esame dodici canzoni che nell’arco degli anni sono divenute degli standard del jazz, ossia sono state eseguite e registrate molte volte dai musicisti di jazz. Bisogna, infatti, considerare che fino all’avvento del bop (1940 circa) il jazz non aveva un suo repertorio per cui i musicisti volgevano la loro attenzione a Broadway prendendo a prestito hit “leggeri” che venivano rivisitati alla luce delle nuove sensibilità.

I pezzi analizzati da Bragalini sono, nell’ordine, “Over the rainbow”, “Liza”, “Georgia on my mind”, “I’ve grown accustomed to her face”, “Autumn Leaves”, “How long has this been going on”, “White Christmas”, “My favorite things”, “Someday my prince will come”, “Little girl blue”, “Ev’ry time we say goodbye”, “Nature Boy” cui l’Autore aggiunge “Nothing to lose” che, ad onta della sua valenza, mai è divenuta standard. Per il resto, come notate, si tratta di brani oramai entrati nella memoria collettiva che tutti abbiamo ascoltato almeno una volta.

Bragalini, con la competenza e la chiarezza che gli sono abituali, tratteggia per ogni canzone una vera e propria storia narrandoci come è nata, ma, cosa forse più interessante, scovando una serie di addentellati che vanno ben al di là del fatto squisitamente musicale.

Il libro è completato da una sorta di guida all’ascolto con l’elencazione delle registrazioni più significative e da un glossario che ci aiuta a meglio comprendere i termini tecnici cui Bragalini fa ricorso quando è strettamente necessario. Insomma una lettura avvincente ed istruttiva.

“Miles Davis la storia illustrata” – ilSaggiatore – pgg. 223 – euro 40,00

Questo splendido volume è dedicato, in particolare, agli amanti di Miles Davis… e delle belle fotografie. In effetti il libro ripercorre la vita del grande trombettista attraverso una serie di splendide foto tratte dagli archivi di artisti famosi quali Francis Wolf, William Gottlieb, Bob Willoughby, William “PoPsie” Randolph, Lynn Goldsmith e altri. Così il volume si apre con una pagina dedicata ad alcuni degli album più famosi di Davis cui fa seguito una foto a tutta pagina che ritrae il trombettista in un momento di pausa mentre si deterge il sudore con un fazzoletto bianco. Dopo un’altra foto dedicata a Miles giovane, si entra nel vivo del “racconto” suddiviso in 8 capitoli, introduzione e postfazione: introduzione: Running the Voodoo Down; 1) il giovane artista (1926-1948); 2) “Birth of the cool” (1949-1953); 3) Hard bop (1954-1958); 4) “Kind of blue” (1958-1963); 5) Una nuova energia (1964-1968); 6) “Bitches Brew” e oltre (1964-1974); 7) Caduta e risalita (1975-1985); “Tutu” e sipario (1986-1991); postfazione: La seconda vita di Liles di Nate Chinen

Le parti scritte sono affidate a critici e a jazzisti di calibro assoluto quali, tantopèer fare qualche nome, Ashley Kahn, George Wein, Robin D.G. Kelley, Francis Davis tra i primi e Clark Terry, Sonny Rollins, Ron Carter, Herbie Hancock, Dave Liebman, tra i secondi con in più molti brani tratti dalla sua autobiografia. Il volume è corredato da un sempre utile indice analitico.

Quasi inutile dire come la figura di Davis venga lumeggiata in tutti i suoi molteplici aspetti dal momento che, come si nota dal su citato indice, il trombettista ha vissuto da assoluto protagonista tutte le vicende del jazz a partire  dalla fine degli anni quaranta fino al 28 settembre 1991 quando un attacco di polmonite lo stronca, all’età di 65 anni, a Santa Monica (California).

Certo, su Miles si è già scritto tanto, ma risulta sempre di estremo interesse leggere con quanto amore e quanto rispetto i suoi “colleghi” ne parlano; così, ad esempio Clark Terry, che fu il primo mentore di Miles, ricorda con affetto il tempo in cui – cito testualmente – “accompagnavo Miles in posti come il Barrel dove ci sedevamo a suonare e in un posticino in Olive Street, di fronte al Tune Town Ballroom”. Dal canto suo Sonny Rollins sottolinea come “Miles elaborò un modo di suonare diverso. Voglio dire che non sceglieva la strada che molti sceglievano. Aveva il suo approccio. Miles mi è sempre piaciuto più dei suoi coetanei come il grande Fats Navarro”.

E come non condividere queste affermazioni? Insomma se amate il jazz, se amate Davis, se amate le belle foto questo è il libro per voi.

Murakami Haruki, Wada Makoto – “Ritratti in jazz” – Einaudi – pgg. 240 – euro 19,50

Di  natura completamente diverso questo terzo libro made in Japan. Gli autori sono, infatti, uno scrittore (Haruki) e un pittore (Makoto) figli del Sol Levante.

Murakami Haruki è personaggio ben noto sia nel mondo della letteratura sia in quello del jazz; in Italia sono molto apprezzati i suoi quattro romanzi “Norwegian Wood”, “L’arte di correre”, “Kafka sulla spiaggia”, “1Q84” (tutti pubblicati da Einaudi), così come è risaputa la sua passione per il jazz, su cui spesso imbastisce interi libri come “A sud del confine a ovest del sole”, in parte autobiografico, partendo da una canzone, “South of the border”, che egli credeva fosse stata incisa da Nat King Cole, per scoprire successivamente che Nat mai aveva registrato il pezzo in oggetto (confessione contenuta in “Ritratti in jazz”).

Prima di dedicarsi a tempo pieno alla scrittura, Marukami ha gestito per lungo tempo un jazz club e sicuramente questo tipo di esperienza è ben presente nella compilazione del libro.

Chi si aspetta giudizi critici “assoluti” , pareri estremamente tecnici o storicamente assai approfonditi rimarrà deluso. L’obiettivo del volume è tutt’altro, molto più intimista e proprio per questo coinvolgente.

Grazie all’arte di “saper scrivere” l’Autore intende comunicare solo le sue più recondite emozioni che gli derivano dall’ascolto di questa musica, la sua passione per il jazz, senza alcuna pretesa di svelare chissà quale recondita verità. Di qui una prosa asciutta, essenziale, calda che va immediatamente al cuore di ciò che si vuol dire.

Attenzione: tutto ciò non significa però che manchino informazioni e curiosità; proprio perché Murakami è stato a lungo a diretto contatto con il mondo del jazz, nel libro troviamo tutta una serie di aneddoti e curiosità di cui la maggior parte di  noi non era a conoscenza.

La chiave scelta dall’autore per raggiungere i suoi obiettivi è allo stesso tempo semplice ma efficace: scegliere 55 musicisti cui dedicare altrettante schede, impreziosite dai ritratti di Wada Makoto, e in quest’ambito raccontare qualcosa del jazzista commentando un suo disco storico. Evidentemente, come in qualsivoglia operazione che implichi scelte precise, i criteri sono del tutto soggettivi e quindi non necessariamente condivisibili. Così, ad esempio, troverà molti critici il non aver considerato Keith Jarrett e John Coltrane mentre Art Pepper, Frank Sinatra e Gil Evans sono stati aggiunti solo in occasione della pubblicazione in formato tascabile.

Dal canto suo Wada Makoto spiega che i soggetti li ha scelti secondo il suo “gusto” ovvero “che una persona mi piacesse per come suonava (o cantava); che la trovassi interessante da disegnare”.

Insomma un volume all’insegna della soggettività ma di grande interesse per il popolo del jazz.

Diego Fischerman, Abel Gilbert – “Piazzolla – La biografia” – Minimum Fax – pgg. 420 – euro 19,00

Questo è un libro che consiglio caldamente a quanti amano la musica, indipendentemente dalle etichette. Certo, io sono un fan di Piazzolla, ma questo non offusca il mio giudizio nel valutare questo volume come un punto fondamentale sia per capire a fondo la personalità di uno dei geni musicali del XX secolo, sia per  comprendere il substrato socio-economico e culturale in cui l’artista si trovò ad operare e che tanta influenza ebbe sulla sua musica.

Così la narrazione della vita di Piazzolla diventa occasione per illustrare quel mondo così complesso che vide i primi passi e quindi la definitiva affermazione di Astor. Emblematico il modo in cui gli autori parlano del clima newyorkese nei primi anni venti quando (per la precisione nel ’24) i Piazzolla arrivarono nella “Grande Mela” a cercare fortuna. E’ qui che si registra la prima esplosione di “densità economica e tecnologia” dell’era moderna: il microfono elettrico viene inventato in questo periodo ed avrà un’importanza fondamentale nella storia della musica e nella vita di Piazzolla. E’ qui che per effetto della tecnologia sul lavoro e sul tempo libero, l’esperienza viene scomposta in frammenti e ciò ha un immediato riscontro sullo stile giornalistico, sul montaggio nel cinema, sulla musica che perde l’unità di stile a vantaggio di una integrazione prima sconosciuta. Nasce “Rhapsody in Blue” di George Gershwin, la sfera del classico – sottolineano ancora gli autori – comincia a  perdere il monopolio della trascendenza e si rende possibile un’altra migrazione dall’alto verso il basso. E non occorrono certo molte parole per capire come tutto ciò risulterà determinante per la maturazione di Piazzolla che, sfidando l’impopolarità se non addirittura l’odio dei suoi compatrioti, seppe ibridare talmente il linguaggio del tango da giungere alla definizione di un linguaggio assolutamente nuovo.

Ma questo è solo un esempio ché tutto il libro è scritto seguendo tali coordinate per la gioia di chi lo legge.

Il volume è corredato da una ricca “Discografia” ovviamente solo indicativa, da una discografia complementare divisa per generi, da una ricca bibliografia.

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  5. Diego Fischerman, Abel Gilbert – “Piazzolla – La biografia”
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