I molti omaggi del Jazz alla figura di Mandela

Nelson MandelaHo appena sentito la conclusione della lunga ed  intensa cerimonia in omaggio a Nelson Mandela che si è tenuta allo stadio Fnb di Soweto, Johannesburg. Dopo la stretta di mano, definita “storica”, fra Raul Castro e Barack Obama, gli applausi a Bill Clinton, i fischi ad Abu Mazen ed al presidente sudafricano Jacob Zuma; dopo i grandi della Terra ha preso infine la parola l’arcivescovo Desmond Tutu. Ha ottantaquattro anni ma il suo breve discorso prima della benedizione generale, sotto la pioggia, galvanizza i presenti: mischiando inglese e lingue africane, Tutu ottiene un assorto silenzio e fa leva sull’orgoglio e la consapevolezza dei  sudafricani, sferzando ritmicamente la sua gente con la voce, in un intervento che viaggia in parallelo alla musica ed alla danza che hanno da subito accompagnato il ricordo di Madiba.

“Tutu”, del resto, si intitolava un album del 1986 di Miles Davis ed il riferimento all’arcivescovo – figura chiave della lotta all’apartheid e del suo superamento senza spargimenti di sangue – veniva rispecchiato nell’ultima traccia, “Full Nelson”, gioco di parole tra lo standard “Half Nelson” ed il nome di Mandela, figura emblematica che Davis intendeva omaggiare. All’epoca il leader dell’African National Congress era ancora in carcere, aveva rifiutato un’offerta di libertà condizionata in cambio della rinuncia al sostegno alla lotta armata (1985) e sarebbe rimasto in detenzione sino al febbraio 1990. I brani del trombettista afroamericano – sempre dalla lucida coscienza politica – erano tutt’altro che un omaggio formale, piuttosto un appoggio militante ed un riconoscimento internazionale di peso, in una fase di acuta tensione. Quando detenzione di Mandela e regime dell’apartheid staranno per concludersi, Miles Davis titolerà un altro album “Amandla” che in zulu vuol dire “potere”  (era uno degli slogan più usati nella lotta antiapartheid) ma Davis le attribuiva più il significato di “libertà”.

La stima, il valore tributato dal mondo del jazz (e della musica) a Nelson Mandela, l’ispirazione della sua figura e l’appoggio alla lotta contro l’apartheid è dimostrato non solo dalla presenza di Bono Vox alla cerimonia di Soweto ma da decine di registrazioni.

Si prenda il pianista sudafricano, esule dagli anni ’60, Abdullah Ibrahim. La situazione del suo paese, che vive sempre più stretto nella morsa del razzismo, lo angoscia profondamente. Da artista e musicista coagula il suo impegno nella realizzazione della “Kalahari Liberation Opera”, un complesso spettacolo teatral-musicale che nel 1982 fa il giro dell’Europa, raccogliendo in genere consensi. Nel 1986 pubblica negli Usa l’album “Water from an Ancient Well” con il gruppo Ekaya ed il disco si apre con “Mandela”, un pezzo in stile marabi dedicato al leader sudafricano. Nel settembre ’90 il pianista tornerà in Sudafrica dopo quattordici anni di esilio per azioni di “boicottaggio selettivo”, stabilite dal dipartimento di arte e cultura dell’Anc.

Sia chiaro che a modificare la situazione nella patria dell’apartheid ha soprattutto pesato la lotta, determinata e decisa, guidata dall’African National Congress, ma un significativo contributo l’hanno comunque dato iniziative politico-musicali di grande risonanza massmediale. Basti pensare al concerto del settembre 1985 che a Parigi riunì una all-star della musiche nere – Manu DiBango, Salif Keita e Max Roach – per chiedere la liberazione di Nelson Mandela. Ci sono, inoltre, il video e le 400.000 copie vendute del disco “Sun City”, realizzato dagli United Artists Against Apartheid guidati dal chitarrista rock Little Steven (braccio destro di Bruce Springsteen) e con la partecipazione straordinaria di Miles Davis. Ancora ci fu il “Nelson Mandela 70th Anniversary tribute”, organizzato allo stadio Wembley di Londra nel giugno 1988 per chiedere la scarcerazione del leader, ormai  anziano, dell’Anc; vi parteciparono, tra gli altri, artisti sudafricani quali Miriam Makeba, Hugh Masekela, Amaputla, Malhatini, Mahotella Queens. L’anno seguente il concerto venne ripetuto e vi parteciparono tre jazzisti sudafricani esuli (Chris McGregor, Ernest Mothle e Brian Abrahams), riuniti per l’occasione nel gruppo Indestructible Beat.

In parallelo agli eventi, nel corso degli anni il mondo del jazz afroamericano ha prodotto svariati brani ispirati al Sudafrica, alla lotta antiapartheid e alla figura carismatica e luminosa di Nelson Mandela. Un breve elenco comprende “Tears for Johannesburg” e “South Africa Goddam” del batterista Max Roach; “For Nelson and Winnie” e “Mandala for Mandela” del trombettista-compositore Bill Dixon; la “Soweto Suite” dell’altosax Chico Freeman; “May Those Who Love Apartheid Burn in Hell” del vibrafonista Jay Hoggard; “Diamonds Are for Freedom” del flautista James Newton; “Free Mandela” del trombettista Marvin Hannibal Peterson; ““Soweto Six” del batterista Ralph Peterson; “Mandela” del sassofonista Luther François; “Sinawe Mandelas” del violinista Billy Bang; “Mandela Freed” del sassofonista Antonio Hart; “Cape to Cairo Suite (Hommage to Mandela)” di un altro sassofonista, Charles Lloyd; “Mandela” inciso dal chitarrista Carlos Santana e dal sopranista-tenorista Wayne Shorter.

Anche in Italia non sono mancati brani e composizioni che si ispirano a Madiba: “Whole Nelson” del batterista-compositore Daniele Fusi; “South African February Dance (To Nelson Mandela)” del pianista Stefano Battaglia; “Futura/Mente (to Nelson Mandela)” del sassofonista Daniele Malvisi; “A.P.Dance (For Nelson Mandela)” del pianista Claudio Cojaniz; “Mandela” del polistrumentista Carlo Actis Dato e della cantante Ellen Christi.

Non mancheranno i riferimenti anche dopo la scarcerazione del ’90 e l’elezione alla presidenza del 1994. Al Bim Huis di Amsterdam le “Summer Session” di agosto verranno dedicate proprio ai primi cento giorni della presidenza Mandela; si tratterà di otto ore di concerto con quaranta gruppi tra cui South African Jubilee Orchestra, i Lebombo del chitarrista Phole Mamba, i South Africa Force dell’altista Joe Malinga, Viva-LaBlack guidato dal batterista Louis Moholo, il quartetto di percussionisti Ukhambhati-Ancient to the Future.

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Bianchi e Bernecoli: un duo d’eccezione per la splendida musica di Giorgio Federico Ghedini

bianchi bernecoli

In una Roma paralizzata dalla pioggia, dallo sciopero dei mezzi e forse anche da un torpore perché no, anche emotivo che ad ondate si riaffaccia, alla libreria Feltrinelli di Viale Libia si è svolto, il 15 novembre,  un evento musicale che avrebbe meritato la sala piena.

Un duo di musicisti eccellenti, Massimo Giuseppe Bianchi ed Emy Bernecoli , pianoforte e violino, hanno eseguito brani di Giorgio Federico Ghedini, per pianoforte e violino appunto.

Grande studioso di musica antica e barocca, ma anche compositore innovativo nella struttura e nel linguaggio, Ghedini compose musica sinfonica e vocale a partire già dal 1915, con un suo stile personalissimo e connotato da una grande attenzione al contrappunto e all’ aspetto formale e strutturale del comporre. Molta della sua musica è rimasta inedita: e lo studio di Massimo Giuseppe Bianchi parte proprio dalla volontà ferrea di farne emergere il patrimonio sconosciuto (dapprima per il pianoforte ed ora per il repertorio per pianoforte e violino). Brani preziosi, perché mai eseguiti,perché studiati su manoscritti andati a cercare nell’ intento di ricostruire l’ opera omnia di un artista ancora non conosciuto come merita. Preziosi perché suonati meravigliosamente, incisi in prima assoluta, con la cura di chi la musica non solo la replica ma la interpreta con passione, maestria e competenza. Composizioni di pregio, dall’ atmosfera struggente, dalle sonorità inusuali, dalle dinamiche tanto difficili quanto dolci all’ ascolto, dalle soluzioni armoniche geniali: “Bizzarria”, tagliente ed intensa, “Secondo Poema”,  con il tema svolto a due voci a distanza di una terza, evocativo, onirico, malinconico, nostalgico, struggente.

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Mercoledì 11 dicembre Dario Germani alla Casa del Jazz

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Dopo tre lunghe settimane di interruzione, sabato 7 dicembre la Casa del Jazz ha ripreso le sue normali attività per cui mercoledì 11dicembre, nell’ambito delle guide all’ascolto curate da Gerlando Gatto, sarà di scena il trio del contrabbassista Dario Germani con Stefano Preziosi al sax e Luigi Del Prete alla batteria. Si tratta, in sostanza, della stessa formazione che, con l’aggiunta di Max Ionata quale ospite d’onore, ha inciso l’album “For Life” prodotto dall’etichetta romana Tosky Records, diretta da Giorgio Lovecchio e Davide Belcastro, che ha curato la registrazione del CD nella meravigliosa Villa d’Este di Tivoli (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali). Mercoledì il trio eseguirà due brani di Monk (“Well you needn’t” e “Crepuscule with Nellie”), un pezzo di Coltrane (Mr. P.C.), uno standard del ’38 scritto da Sammy Fain e Irving Kahal (“I’ll be seeing you”) ed un solo original – “Lullaby for Bianca” – tratta dal già citato “For Life”.

Ciò detto, vale forse la pena soffermarsi sull’incresciosa vicenda della Casa del Jazz. Come molti lettori ricorderanno, a causa del nubifragio abbattutosi sulla Capitale nella notte tra il 19 e il 20 novembre scorsi, uno dei grandi pini siti nel giardino della struttura è caduto sull’edificio principale dove si svolgono le serate-concerto. Di qui la cancellazione di tutti gli eventi in programma, proprio per l’inagibilità del sito.

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CONCERTI CAMPANI IN DICEMBRE PER EMANUELE CISI

cisi

Appena rientrato da un fortunato tour statunitense, il tenor sassofonista Torinese Emanuele Cisi sarà ospite di quattro concerti partenopei, accompagnato da alcuni tra i migliori musicisti del circuito jazz campano ed internazionale. La ritmica sarà costituita infatti dal chitarrista Giacinto Piracci e dal batterista Leonardo De Lorenzo. Ai contrabbassi si avvicenderanno Aldo Vigorito, Antonio De Luise e Marco de Tilla.

Cisi, jazzista rinomato di fama mondiale, proporrà un programma di standards ed alcune sue composizioni tratte dal vastissimo repertorio costituito dalle tante registrazioni discografiche a suo nome.
Per il primo concerto, che si svolgerà all’auditorium Maria Aprea , presso l’Accademia Musicale Giuseppe Verdi di Volla, è prevista anche una clinic pomeridiana aperta a tutti i sassofonisti.

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I nostri CD. Sempre musica di classe in casa ACT

Bugge & Henning – “Last spring” – ACT 9526-2

Ecco l’album che non ti aspetti: leggi che uno dei due protagonisti è Bugge Wesseltoft e immediatamente pensi alla musica elettronica, al suo “New conception of jazz” ovvero all’intento del pianista-tastierista norvegese di affiancare in modo organico l’improvvisazione jazz con i ritmi e i suoni della musica elettronica. Ma, come si dice, hai fatto i conti senza l’oste, in questo caso rappresentato dal violinista e violista di estrazione classica Henning Kraggerud: è infatti lui a dettare le atmosfere dell’album che si richiama soprattutto alle melodie folkloristiche norvegesi ma anche alla musica classica con il brano che dà il titolo all’album basato su una composizione di Edward Grieg e la riproposizione della notissima “Wiegenlied” “Lullaby” di Joahannes Brahms di cui forniscono, per altro, un’interpretazione straordinariamente toccante. Kraggerud è giustamente considerato uno dei più grandi violinisti europei avendo suonato sia in grandi orchestre come la Danish National Orchestra o la London Philarmonic Orchestra sia in celebrati ensemble da camera quali il quintetto all star con Marta Argerich, Joshua Bell, Yuri Bashmet e Mischa Maisky ; in questo album Henning conferma appieno le sue doti di solista maturo, che predilige un linguaggio minimalista e un classicismo austero. Di qui una sorta di meditazione in musica caratterizzata dalla bellezza e purezza del suono, dalla cura di ogni singola nota, di ogni minimo dettaglio, di ogni seppur minima variazione della melodia. E’ sostanzialmente Kraggerud il musicista incaricato di disegnare le linee melodiche ma non bisogna trascurare l’eccezionale lavoro svolto da Bugge Wesseltoft che, abbandonate le vesti di travolgente improvvisatore, riesce a calarsi benissimo nelle atmosfere volute dal “compagno” sottolineandone i passaggi principali senza dare la benché minima sensazione di invadenza.
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Nono MeditangoFestival

Meditango

Dal 6 al 21 dicembre torna a Roma un appuntamento che ormai da nove anni segna il dicembre romano, ad opera di Alex Cantarelli e Mimma Mercurio, direttori della TCMMeditango, il Meditangofestival.

Quest’ultimo, nato per rendere omaggio alla multiformità dell’arte performativa, e nello specifico alla commistione tra il Tango Argentino e le altre forme di espressività artistica, anche in questa edizione si caratterizza per la sperimentazione da un lato e la tradizione tanguera dall’altro, proponendo al pubblico tre diversi week-end all’insegna di performance artistiche di indubbio valore.

Il primo week-end, dal 6 all’8 dicembre, è dedicato a “Lampi”, una rassegna di corti di tango, teatro, danza e musica, che si avvale della collaborazione di numerosi artisti e che vedrà in scena per ogni serata diversi spettacoli della durata massima di mezz’ora, la cui caratteristica è la fusione del Tango con generi artistici ad esso solo apparentemente molto lontani, come la scherma o il tai chi.

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