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20140302-151710.jpgE' una sorta di strage: scusatemi ma non riesco a trovare altro termine per indicare ciò che sta avvenendo nel mondo della . Una serie impressionante di disgrazie, spesso improvvise, sta falciando vittime a destra e a manca.

Ultimo, in ordine di tempo, il celeberrimo chitarrista spagnolo Paco De Lucia, leggenda del flamenco, la cui morte ricorda in qualche modo quella del pianista Esbjorn Svensson: ambedue amanti delle immersioni, ambedue morti all'improvviso e a mare, ma con una differenza fondamentale, l'uno, il pianista svedese, morto proprio durante un'immersione, l'altro, il chitarrista spagnolo, venuto meno a 66 anni per un infarto mentre giocava con i figli sulla spiaggia di Cancun in Messico.

Per effetto della sua trasversalità, Paco (al secolo Francisco Sanchez Gomez) era uno dei miei musicisti preferiti; quando veniva a Roma andavo sempre ad ascoltarlo e non ricordo una sola volta in cui non sia uscito pienamente soddisfatto.

Personalmente non amo molto la chitarra ma quando ascoltavo Paco mi veniva improvvisa e prepotente la voglia di provarci, voglia che passava un attimo dopo aver focalizzato a quale punto di maestria fosse giunto l'artista spagnolo

La sua maniera di porgere la musica era semplicemente straordinaria: in possesso di una tecnica prodigiosa, non ne faceva sfoggio preferendo sempre porla al servizio dell'espressività in un gioco di equilibri che mai lo portava ad esagerare. Di qui la possibilità di affrontare altre rispetto al suo “amore” primario costituito dal flamenco.

Chi mi legge in questo momento sa benissimo quanto sia stato importante Paco De Lucia anche nel mondo del jazz; comunque per quei quattro o cinque che non lo sapessero o che lo avessero dimenticato è sufficiente ricordare le numerose partecipazioni a festival del jazz come quello di Montreux nel 2012 e soprattutto le incisioni accanto a Chick Corea, Larry Coryell, Al Di Meola, John McLaughlin. In particolare nel 1980 incide con John McLaughlin e Al Di Meola “Friday night in San Francisco” album che ha venduto piu' di cinque milioni di copie. Intorno alla metà degli anni Novanta Paco de Lucia torna a collaborare con John McLaughlin e Al Di Meola: nasce così “The Guitar Trio” che ha modo di farsi ammirare dalle platee di tutto il mondo. Due anni più tardi esce “Luzia”, disco dedicato alla memoria della madre scomparsa e da ricordare nella discografia di Paco perché per la prima volta De Lucia accompagna la musica anche con la sua voce.

In tutti gli album in cui si trova a collaborare con jazzisti di vaglia, Paco non solo riesce ad integrarsi perfettamente con gli occasionali compagni di viaggio che, ovviamente, provengono da mondi diversi ed utilizzano un linguaggio diverso ma è proprio lui che meglio riesce a fondere il jazz e il blues con la “sua” musica tradizionale che resterà sempre e comunque il flamenco.

De Lucia conosce il palco sin da bambino esibendosi per la prima volta all'età di 11 anni. Nel 1962 si trasferisce a Madrid con la famiglia e poi parte per gli Stati Uniti per il suo primo tour con il fratello. Alla fine degli anni Sessanta conosce Camaron de la Isla, con il quale forma un duetto artistico, impegnato nella presentazione del flamenco piu' ortodosso. Insieme registrano dieci dischi tra il 1968 e il 1977. Piu' tardi, insieme e separatamente, riescono ad affermare un flamenco piu' popolare entrando nel terreno del pop, del rock e del jazz.

Il 1981 è – discograficamente parlando – l'anno forse più importante nella carriera di Paco: incide “Solo quiero caminar”, considerato l'album che più di ogni altro ha rivoluzionato la musica flamenca: il disco vede, accanto a Paco, Ramón de Algeciras, Pepe de Lucía, Rubén Dantas, Carles Benavent e Jorge Pardo.

Nel maggio 2010 riceve dal Berklee College of Music di Boston il titolo di Dottore Honoris Causa per il suo contributo musicale e culturale. Sei anni prima gli era stato conferito il Premio Príncipe de Asturias nell'Arte.
Quando muore un artista di siffatto spessore, ci si chiede spesso quale possa essere il suo lascito culturale. Ebbene a mio avviso l'insegnamento che resterà nella storia della musica dall'arte di Paco è essenzialmente la possibilità di seguire strade diverse rimanendo sempre fedele a sé stessi, alla propria poetica di fondo.

De Lucia è stato un chitarrista di flamenco e mai ha dimenticato di esserlo così mai hanno equivocato sulla sua essenza i milioni di appassionati che hanno ascoltato i suoi dischi e assistito ai suoi concerti. Il flamenco ha un suo linguaggio rigoroso e una ben individuata ritualità che trova la sua ragion d'essere nella tradizione. De Lucia mai ha trascurato tutto ciò riuscendo ad apparire allo stesso tempo fortemente ancorato alle tradizioni e quanto mai moderno nell'uso di un linguaggio allo stesso tempo antico ed attuale, sconfiggendo così una contraddizione che soli i grandi artisti riescono a superare.

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