Troppo poco jazz a “Luglio suona bene”

La capienza di parterre e tribune verrà aumentata fino a comprendere più di 3.000 posti a disposizione degli spettatori; il grande palco affacciato sotto le cupole disegnate da Renzo Piano sarà interamente coperto; infine, la nuova immagine della manifestazione è stata affidata a Pablo Echaurren. Queste le tre principali novità della dodicesima edizione di “Luglio Suona Bene” (Cavea dell’Auditorium Parco della Musica, dal 30 giugno all’1 agosto 2014) che è stata presentata mercoledì 7 maggio nella Sala delle Bandiere del Campidoglio.

Dopo mezz’ora di attesa, causa ritardo del sindaco, Aurelio Regina, Presidente della Fondazione Musica per Roma, dopo aver ricordato la figura di Gianni Borgna, suo predecessore, cui è stato intitolato il Teatro Studio dell’Auditorium, ha snocciolato una serie di cifre che fanno ben capire l’importanza dell’evento: come si accennava 12 edizioni per circa 360 serate che hanno visto l’esibizione di più di 1.200 artisti.

Anche quest’anno i prezzi saranno piuttosto contenuti, da un minimo di 15 euro a un massimo di 90 euro – per un solo paio di eventi – fatti salvi i numerosi sconti previsti per i  giovani e gli Enti convenzionati.

Gli organizzatori hanno stimato che a conti fatti si possa azzardare un computo finale di 75.000 spettatori, per un incasso superiore ai 2 milioni di euro (sono già stati già acquistati biglietti in prevendita per più di 550.000 euro).

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Lorenzo Tucci. Drumpet, il mio Jazz, e la sfida adrenalinica del duo

drumpet copertina

Foto Paolo Soriani

Intervistiamo il batterista Lorenzo Tucci in occasione dell’ uscita del suo nuovo lavoro “Drumpet” edito per l’ etichetta Jandomusic – Via Veneto Jazz, in duo con il trombettista Fabrizio Bosso. Drums + Trumpet , un titolo che parla di una stretta fusione tra i due strumenti, un Jazz che cerchiamo di scoprire insieme a lui che questo lavoro ha fortemente voluto e su cui abbiamo molte curiosità da dirimere. Molte!

Se non sbaglio questo è il tuo secondo lavoro in duo, dopo Lunar, con Luca Mannutza a pianoforte e tastiere. Si può parlare di un sentiero che prosegue, una strada di ricerca?
“Si! Se ne può parlare sicuramente. Suonare in duo mi affascina tantissimo, lo trovo molto stimolante, mi suggerisce sempre nuove idee, nuove sonorità . Mi permette di suonare cose che non avrei mai immaginato. Il duo, come formazione, mi mette a “dura prova”, potrei quasi dire che non so mai come vada a finire. In fondo è come una promessa fatta a qualcuno, il che ti spinge a fare di tutto per non deluderlo:quel qualcuno è il pubblico. Suonare senza un scaletta, senza brani già intitolati , già editi, già famosi, mi dà una adrenalina incredibile. E’ un rischio: c’è chi prova tutto questo con il Poker , con le Slot, con le droghe oppure buttandosi da  6.000 metri con un paracadute. Io lo provo con il duo!”

Sono quasi tutti brani originali quelli di Drumpet. Quale è la loro poetica, il filo rosso che li lega?
“Quello che lega i brani fra loro è la coerenza. Quando penso ad un nuovo lavoro che sto per fare penso al disco intero , non ad una serie di brani ripescati nel cassetto magari anche belli ma non legati  tra loro. Un disco per me deve essere  come un romanzo, con un inizio e una fine, i cui capitoli nel cd altro non sono che i brani che lo compongono. E il titolo di un album musicale deve essere congruo con quello che c’è al suo interno. Umilmente cerco di ottenere questo risultato:  poi è sempre l’ascoltatore  a giudicare se ci sono riuscito”.

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