Return to forever: l’organo Hammond nel jazz, in Italia

Hammond e organo liturgico prima parte, con immagini

di Paolo Veronesi – Organo Hammond, capolavoro e paradosso. Capolavoro d’ingegneria elettromeccanica applicata al suono, l’Hammond, nato nel 1935 a Chicago per surrogare l’organo a canne. La perfezione costruttiva del suo generatore a ruote foniche, la bellezza ineguagliata della sua voce carnosa e rotonda e, non ultima, l’eleganza biedermeier delle sue forme ne hanno fatto un’icona del ‘900 (approfondisci l’argomento). Paradossale, la storia dell’Hammond, lo è stata in vita, post mortem e tale continua ad essere oggi, in una vivace fase postuma che non accenna ad esaurirsi: nato clone dell’organo classico, s’impone subito in tutt’altro ambito (jazz, gospel, musica di consumo), entra di prepotenza nel blues, tocca l’apice del prestigio nel rock e nel pop a un passo dalla fine, esce di produzione nel 1975 perché costa troppo e si ritrova – lui nato clone – a venir clonato dall’elettronica, prima analogica e poi digitale. Quarant’anni di splendore e continue deviazioni dal solco d’origine, con lo strumento che sfugge di mano al costruttore, obbligato a rincorrerlo come Silvestro rincorre Titti nel noto e coevo cartoon: pensato per le aule battiste e per le case della buona società wasp, diventa roba da neri e in chiesa si associa ai loro cori ritmati. Per quasi quarant’anni Laurens Hammond, il creatore del nostro, cercherà di far fuori il keyclick, lo “sputo” meccanico dei contatti sotto i tasti, e di levarsi di torno il leslie, l’amplificatore a elementi rotanti (inventato e costruito dalla concorrenza) divenuto inseparabile spalla dell’organo. Quando nel 1973 Laurens lascia il mondo, sono almeno tre le generazioni di esecutori che hanno colto la valenza espressiva di quel rumore di contatti e ne hanno fatto un potente ausilio all’articolazione del fraseggio, la cifra peculiare dello strumento, come il colpo di lingua all’attacco del suono di tromba. Tanto impensabile, un Hammond che non “sputi”, da far dannare l’anima ancora oggi, a chi progetta le sue repliche digitali, dietro all’inafferrabile colore di quel nanosecondo di pronuncia elettrica, sempre diversa a ogni nota. Quanto al leslie, l’inimicizia di Laurens ha vissuto ed è morta con lui, neanche sfiorando il successo universale di un sistema di diffusione sonora che si continua a costruire e usare, oggi come nei decenni dai ’50 in poi.

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