Festival RV Riverberi: una serata estiva, due concerti ed ecco il Jazz

gavino crimi

Foto di Riccardo Crimi

Cortile Convitto Nazionale Pietro Giannone 24 luglio, ore 21
Una location affascinante, il cortile del palazzo del Convitto a Benevento, per una bella serata di musica nell’ ambito del Festival RV Riverberi, fortemente voluto dal direttore artistico Luca Aquino, che dribblando ostacoli e carenza di fondi è riuscito a tornare in piazza con un programma denso di artisti in un clima gioioso. Ho assistito per voi alla serata del 24 luglio, che ha visto avvicendarsi Carolina Bubbico e Gavino Murgia con il suo Trio Mediterranean.

Apre il concerto la cantante – pianista Carolina Bubbico. Giovanissima, appena 24enne, Carolina affronta  un concerto totalmente da sola costruendosi estemporaneamente le basi su cui cantare ed improvvisare, con la sua loop station. Inserisce con la sua voce i riff che le occorrono simulando la linea di contrabbasso, i fill di batteria (dalla cassa, al charleston, ai piatti, al rullante, uno per volta). Poi sovrappone varie linee vocali che siano il tessuto armonico rappresentato da immaginari coristi, e poi parte  accompagnandosi con il pianoforte e cantando quasi totalmente brani originali, tratti dal suo cd “Controvento”, dei quali ha composto anche i testi. Una procedura certamente non semplice per la necessità di registrare al primo colpo senza alcuna possibilità di errore (la loop station eternerebbe ogni sfasamento ritmico, ogni intonazione imperfetta) e senza l’ apporto “salvifico” di altri musicisti. Carolina Bubbico dona con grande precisione e determinazione un’ ora di musica piacevole ad un pubblico che le tributa applausi e grande entusiasmo: visibilmente emozionata ma senza mai perdere la necessaria concentrazione affronta anche brani con ritmi sghembi e si cimenta in una riuscita reinterpretazione della celeberrima Aguas de março di Jobim, riecheggiandone anche la versione dello stesso Jobim in duo con Elis Regina.

Completamente diversa l’ atmosfera del secondo concerto, che ha visto salire sul palco Gavino Murgia con il suo progetto “Mediterranean”, insieme a Marcello Peghin alla chitarra e Pietro Iodice alla batteria. Con “Garropu” si entra in un mondo ancestrale, antico, suggestivo, ed appartenente non solo alla Sardegna (cui Gavino è di certo saldamente legato), ma alla nostra stessa origine umana, tanto terrestre quanto spirituale.  Un concerto da brivido, in cui il canto a boche, così sardo eppure, cantato in solo,  anche così vicino al canto tibetano, non è una curiosità da cartolina, ma ha una precisa valenza evocativa, ipnotica, a tratti persino rituale. E’ un Jazz, quello di Gavino Murgia e del suo trio, completamente originale, da non confondere con le trite e ritrite “contaminazioni” tra mondi musicali diversi. Grande conoscitore degli stilemi jazzistici classici, e della tecnica sassofonistica, Murgia ne  diventa egli stesso un filtro attraverso il quale si liberano le mille potenzialità espressive in chiave totalmente personale. Non porta nel Jazz i suoni della Sardegna, clonandoli, ma è la Sardegna, e non in senso provinciale, ristretto. E’ la Sardegna come ogni uomo è ciò da cui è nato, la sua terra, che in quel momento è centro di un mondo di tutti. Tanto che i suoi musicisti, che sardi non sono, creano musica  insieme a lui in perfetta sintonia, in una sorta di trance creativa (poiché in totale profonda condivisione) .

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UDIN&JAZZ 2014 Intervista a Enzo Favata

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Foto di Fabio Volta

Personalità affermata anche in campo internazionale, Enzo Favata calca oramai da anni le scene più importanti del jazz non solo italiano mantenendo le sue caratteristiche fondamentali: artista fortemente legato alla sua Sardegna, in grado di ben esprimersi su diversi strumenti (sassofoni e clarinetto basso), dotato di una felice vena compositiva. Lo abbiamo incontrato l’indomani dell’applaudito concerto al Festival di Udine.

Jazz in Sardegna, jazz sul Continente: quali le differenze sostanziali?

“Oramai di continenti che sto attraversando ce ne sono molti…un po’ meno Italia. Ma parliamo piuttosto di questo Festival di Udine che conserva sempre una certa curiosità e questo mi fa piacere; il Friuli e la Sardegna hanno questa bella vicinanza su come intendere la musica, i festival jazz. Per quanto riguarda il mio jazz, ha sempre a che fare con la Sardegna ma in questi ultimi anni mi sono aperto molto al resto del mondo. Ad esempio adesso sono appena rientrato dallo Zimbawe”.

Ma ritorniamo in qualche modo alla prima domanda: come valuti la situazione attuale del jazz nel nostro Paese?

“C’è molta gente che suona bene; il jazz italiano forse abbisogna di un rinnovamento assomiglia un po’ al PD…”

Cioè?

“Boh…”

A questo punto ridiamo ambedue…ripreso un contegno, riprende l’intervista.

Parlaci delle tue ultime esperienze.

“Nel coro del tempo ho molto rinnovato le collaborazioni. Oggi le cose più interessanti sono questo nuovo quartetto con Enrico Zanisi, Danilo Gallo e U.T. Ghandi: il progetto è fresco in quanto ha a che fare sia con la musica che ho scritto tanti anni fa sia con idee nuove. Ritengo sia molto interessante volgersi indietro perché credo ci sia ancora molto da capire nella musica degli anni ’70 per poter sviluppare una progettualità nuova, il tutto senza fare covers: ecco in questo quartetto ci sono elementi che hanno qualche affinità con il quartetto di Dewey Redman con il giovane Jarrett anche se Zanisi nulla c’entra con quel tipo di linguaggio.. però quelle idee che mescolano il rock senza paura di nominarlo e soprattutto di suonarlo mi sembrano ancora oggi vincenti. E poi un progetto diametralmente opposto, psichedelico, onirico, che non a caso si chiama  “DECODER”  ed il suo nuovo spettacolo “The dark side of  jazz” che vede sempre Gallo e Ghandi… io suono il clarinetto basso, il tenore, il soprano con l’ausilio di molta live electronic; poi c’è un Marcello Peghin davvero ispirato che regge benissimo il confronto con colleghi più famosi come Rypdal e Aarset ( anzi dando un serio contributo carico di originalità in quell’area cosiddetta del sound nordico). Con questo quartetto abbiamo lavorato molto grazie anche ad una commissione che ci è stata affidata dai Parchi dell’Asinara e della Maddalena… è un grande progetto multimediale che si chiama “The secret life of Parks” ove ho coniugato diversi elementi. Queste sono le cose italiane”.

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In ricordo di Gaslini

Foto Giorgio Gaslini
A vederlo, a sentirlo sembrava impossibile che se ne andasse. E invece la dura, durissima legge di natura ha colpito anche lui privandoci di un uomo, un artista che molto ha fatto per l’evoluzione della nostra musica in Italia.

La scomparsa di Giorgio Gaslini è uno di quegli eventi difficili da commentare per la statura del personaggio, per le sue innumerevoli opere, per l’influenza cha ha avuto su diverse generazioni di musicisti. Per non parlare delle sue teorie musicali davvero anticipatrici di sviluppi che si sarebbero compiutamente verificati solo molti anni dopo le su intuizioni.

Ma di questo hanno parlato e parleranno molte testate, molti giornalisti. Il mio vuole, invece, essere un saluto affettuoso ad un maestro che definire “amico” è troppo pretenzioso ma con cui avevo un bel rapporto da oltre quarant’anni.

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Paolo Recchia Trio giovedì 31 luglio al Festival “Jazz e Dintorni” di Civitavecchia

La musica di Stan Getz, gigante del jazz di tutti i tempi, nella splendida versione del trio guidato dal giovane sassofonista di Fondi, Paolo Recchia, esponente della nuova leva jazzistica nazionale, sarà protagonista della serata ad ingresso libero di giovedì 31 luglio in occasione del Festival “Jazz e dintorni” giunto alla II edizione che si svolgerà nei Giardini de “La Cittadella della Musica” e che vede la direzione artistica di Franco Ciambella.

Il Paolo Recchia Trio, con Enrico Bracco alla chitarra e Nicola Borrelli al contrabbasso, propone brani tratti dal vastissimo repertorio di Getz (quasi 50 anni di carriera tra Stati Uniti, Europa e Brasile) reinterpretati con originalità e colore ed inclusi nel loro ultimo album “Three for Getz” prodotto dalla etichetta giapponese Albóre Jazz. Un progetto di studio e di riscoperta che Paolo Recchia ha voluto intraprendere per meglio entrare in sintonia e in simbiosi con un artista che portò per primo in America la musica brasiliana, che fu fervido sostenitore della “Bossa Nova” e precursore delle contaminazioni tra i generi. Recchia ha saputo fondere la sua tecnica, le sue conoscenze assimilate nel corso degli anni attraverso lo studio in un linguaggio ed in un suono personale fatto di melodia, padronanza armonica, suono rotondo, sensibilità e swing.

Paolo Recchia esordisce a livello discografico nel 2008 con  “Introducing Paolo Recchia featuring Dado Moroni”;nel 2011pubblica il suo secondo cd “Ari’s Desire” con ospite il noto trombettista Alex Sipiagin, entrambi per la Via Veneto Jazz e distribuiti EMI Music. “Three for Getz” è il suo terzo album che vanta le note di copertina di uno dei più prestigiosi musicisti della storia del jazz italiano, Dino Piana: «Mentre ascoltavo  mi sembrava di sentire Lee Konitz, Bud Shank ed altri musicisti con cui io ho avuto anche la fortuna di suonare. Allo stesso tempo però ho ascoltato emergere la personalità di Paolo (Recchia ndr) proprio nella particolare sensibilità di fraseggio che in un ragazzo giovane, abituato ad altri tipi di linguaggio, non è facile da trovare».

 

PAOLO RECCHIA TRIO

“Three for Getz” Omaggio a Stan Getz

Paolo Recchia (sax), Enrico Bracco (chitarra), Nicola Borrelli (contrabbasso)

Giovedì 31 luglio 2014 – ore 21.00

Festival “Jazz e dintorni” – “La Cittadella della Musica” – Civitavecchia – Via G. d’Annunzio n. 2

 

Contatti Paolo Recchia

Sito Ufficiale: www.paolorecchia.it

Facebook Official: www.facebook.com/PaoloRecchiaOfficialPage

 

Ufficio Stampa e Promozione: Top1 Communication

Per interviste e recensioni album: segreteria@top1communication.eu

Per concerti:tourbooking@paolorecchia.it, marketing@top1communication.eu

 

SPECIALE UDIN&JAZZ

Dario Carnovale Emersion Quartet

Foto di Luca D’ Agostino – Phocus Agency

Non ci vuole certo molto a comprendere come Roma, per usare un eufemismo, non stia attraversando un periodo particolarmente felice: caotica, male amministrata, sembra perdere il contatto con quella parte della cittadinanza che guarda con interesse al mondo della cultura: così, per merito del sindaco Marino, nella “Caput Mundi” la parola jazz sembra non avere più diritto di cittadinanza.

Ma percorriamo qualche centinaio di chilometri verso Nord e la situazione cambia radicalmente: eccoci a Udine, piccola ma ordinata città che i soldi per la cultura li trova e li spende… bene.
In tale contesto si inserisce “Udin&Jazz” giunto alla XXIV edizione sempre sotto la mano appassionata e competente di Giancarlo Velliscig che, alla testa di un manipolo di instancabili addetti dell’associazione “Euritmica” , fa sì che tutto si svolga nel migliore dei modi, dalla predisposizione delle locations per i concerti, all’accoglienza degli ospiti… sino all’organizzazione, per la prima volta quest’anno, di un workshop sulla critica musicale con la partecipazione di esperti operatori del settore.
Per caratterizzare questa edizione gli organizzatori hanno scelto il termine “ahead” (avanti) nel senso, ci viene spiegato, che il festival “guarda avanti” e prosegue il suo percorso, puntando sempre più in alto a livello qualitativo e soffermandosi con lo sguardo alle proprie radici nella ricerca del nuovo orizzonte. Di qui un palinsesto assai variegato in cui hanno trovato posto stelle di prima grandezza internazionale accanto a nuovi e “vecchi” musicisti italiani, ardite sperimentazioni e letture più canoniche sino alla attualizzazione di antichi stilemi come il ragtime. Insomma un programma che ha soddisfatto le esigenze di un pubblico sempre numeroso ed attento.
Il festival si è svolto dal 14 giugno al 7 luglio ma la serata inaugurale, che avrebbe dovuto presentare il gruppo di Pat Metheny, è stata funestata da un acquazzone che ha reso impossibile l’esibizione del chitarrista.
Il vostro cronista è giunto a Udine martedì 1 luglio avendo così modo di assistere alla bellezza di 13 concerti.

In apertura, il 1 luglio,  una bellissima sorpresa. Già molti amici che operano in Veneto e in Friuli mi avevano parlato molto bene di un giovane pianista-batterista, Dario Carnovale, che da qualche anno si è trasferito a Udine da Palermo affermandosi come artista di indiscusso livello. Solitamente, quando ascolti qualcuno che ti è stato presentato come grande musicista, rimani deluso; questa volta è successo esattamente il contrario: nonostante fossi ben preparato, non mi aspettavo di ascoltare una musica di tale qualità compositiva ed esecutiva. Il pianista si è presentato in quartetto con Francesco Bearzatti al sax tenore, Simone Serafini al contrabbasso e Luca Colussi alla batteria.

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Il grande Roy Hargrove al Summer Jazz Festival di Roma

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Roy Hargrove, tromba e flicorno
Sullivan Fortner, pianoforte

Justin Robinson, sax
Ameen Saleem, contrabbasso
Quincy Phillips, batteria

Foto di repertorio di Daniela Crevena

L’ estate romana del Jazz sembrava oramai perduta, tra chiusure illustri, appelli e speranze flebili, quando ecco che si intravede un’ oasi, un angolo beato, del quale è dunque importante parlare: il Roma Summer Jazz Festival. E’ un angolo beato per giunta molto suggestivo, in quel cortile affascinante di Via Margutta che ha visto girare le scene più celebri del film “Vacanze Romane”: è qui che si svolgono i concerti in programma, che arriveranno fino a settembre e che vedono nomi di rilievo del Jazz anche internazionale, grazie all’ ospitalità del centro Sant’ Alessio Margherita di Savoia per i ciechi.
Ha aperto il Festival nientedimeno che Roy Hargrove, trombettista di enorme talento che in quintetto con musicisti bravissimi ha portato a Roma la sua musica personalissima, emozionante, e vera.

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