“Ahead”: Udin&Jazz guarda avanti – Il festival è giunto felicemente alla XXIV edizione

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Dario Carnovale Emersion Quartet

Foto di Luca D’ Agostino – Phocus Agency

Non ci vuole certo molto a comprendere come Roma, per usare un eufemismo, non stia attraversando un periodo particolarmente felice: caotica, male amministrata, sembra perdere il contatto con quella parte della cittadinanza che guarda con interesse al mondo della cultura: così, per merito del sindaco Marino, nella “Caput Mundi” la parola jazz sembra non avere più diritto di cittadinanza.

Ma percorriamo qualche centinaio di chilometri verso Nord e la situazione cambia radicalmente: eccoci a Udine, piccola ma ordinata città che i soldi per la cultura li trova e li spende… bene.
In tale contesto si inserisce “Udin&Jazz” giunto alla XXIV edizione sempre sotto la mano appassionata e competente di Giancarlo Velliscig che, alla testa di un manipolo di instancabili addetti dell’associazione “Euritmica” , fa sì che tutto si svolga nel migliore dei modi, dalla predisposizione delle locations per i concerti, all’accoglienza degli ospiti… sino all’organizzazione, per la prima volta quest’anno, di un workshop sulla critica musicale con la partecipazione di esperti operatori del settore.
Per caratterizzare questa edizione gli organizzatori hanno scelto il termine “ahead” (avanti) nel senso, ci viene spiegato, che il festival “guarda avanti” e prosegue il suo percorso, puntando sempre più in alto a livello qualitativo e soffermandosi con lo sguardo alle proprie radici nella ricerca del nuovo orizzonte. Di qui un palinsesto assai variegato in cui hanno trovato posto stelle di prima grandezza internazionale accanto a nuovi e “vecchi” musicisti italiani, ardite sperimentazioni e letture più canoniche sino alla attualizzazione di antichi stilemi come il ragtime. Insomma un programma che ha soddisfatto le esigenze di un pubblico sempre numeroso ed attento.
Il festival si è svolto dal 14 giugno al 7 luglio ma la serata inaugurale, che avrebbe dovuto presentare il gruppo di Pat Metheny, è stata funestata da un acquazzone che ha reso impossibile l’esibizione del chitarrista.
Il vostro cronista è giunto a Udine martedì 1 luglio avendo così modo di assistere alla bellezza di 13 concerti.

In apertura, il 1 luglio,  una bellissima sorpresa. Già molti amici che operano in Veneto e in Friuli mi avevano parlato molto bene di un giovane pianista-batterista, Dario Carnovale, che da qualche anno si è trasferito a Udine da Palermo affermandosi come artista di indiscusso livello. Solitamente, quando ascolti qualcuno che ti è stato presentato come grande musicista, rimani deluso; questa volta è successo esattamente il contrario: nonostante fossi ben preparato, non mi aspettavo di ascoltare una musica di tale qualità compositiva ed esecutiva. Il pianista si è presentato in quartetto con Francesco Bearzatti al sax tenore, Simone Serafini al contrabbasso e Luca Colussi alla batteria.

Il gruppo ha eseguito una lunga suite di Carnovale, “Emersion” recentemente uscita su CD della Auand e dedicata al grande sassofonista afroamericano Dewey Redman. Come ci ha confidato lo stesso Carnovale in una intervista che pubblicheremo nelle prossime settimane, due sono state le direttrici di questa composizione: da un canto il fatto che le  linee melodiche sono state appositamente pensate per la splendida voce del sax di Francesco Bearzatti legato a Dario da un rapporto di sincera e affettuosa stima; dall’altro evidenziare, già dallo stesso titolo, come ognuno di noi nella propria vita abbia provato l’esperienza di tentare di emergere dagli abissi in cui la vita ci costringe. Ne è venuta fuori una composizione davvero superba: ben equilibrata, con un linguaggio che evidenzia la grande conoscenza musicale del leader, con temi ora splendidamente suadenti ora caratterizzati da ritmi più incalzanti, il tutto condito da un gioco sulle dinamiche assolutamente pertinente. E il gruppo non si è fatto certo pregare per eseguire al meglio le partiture: assolutamente straordinario il pianismo di Carnovale sempre preciso, puntuale, contenuto, mai una nota di troppo, mai un’invadenza fuori luogo, perfettamente coadiuvato da una sezione ritmica che evidentemente si conosce a mena dito. Ma chi maggiormente mi ha colpito è stato Bearzatti: oramai seguo il sassofonista da lunga pezza e mai ci era capitato di ascoltarlo così sinceramente lirico. Insomma davvero un concerto da incorniciare.
Dario Carnovale Emersion Quartet

Purtroppo, nella stessa serata, ad una splendida sorpresa ha fatto seguito una cocente delusione. Dopo il pianista siciliano, ha preso posto sul palco un trio di all stars quali Jack DeJohnette alla batteria, Ravi Coltrane al sax e Matt Garrison al basso elettrico, impegnato nel primo concerto di una lunga tournée. Bene, si è avuta la netta impressione che i tre siano saliti sul palco praticamente senza mai aver provato e quindi senza alcuna idea su quello che andavano ad eseguire. Ma questo nel jazz ci sta. Peccato che evidentemente i tre non erano in serata dando luogo ad un set assolutamente inconcludente. Sembrava che ognuno andasse per i fatti propri e solo di rado si è ascoltata musica che avesse un qualche senso con Ravi Coltrane ben lontano da quell’eccellente musicista che conoscevo mentre Matt sembrava davvero un pesce fuor d’acqua. E così il concerto è andato avanti con DeJohnette che sempre più prendeva il sopravvento sui compagni di viaggio fino alla fine quando praticamente suonava quasi da solo.

Jack DeJohnette Trio

Mercoledì 2 luglio, al Teatro Modena di Palmanova, Barbara Errico ha presentato, con squisita eleganza, il suo sentito omaggio a Lelio Luttazzi, contenuto nell’album uscito da poco per “koinè”. La cantante friulana ha riproposto alcuni dei grandi successi di Luttazzi, da “Mi piace” a “Eccezionalmente sì” a “Souvenir d’Italie”… fino al toccante “Buonanotte Rossana”.

Giovedì 3 luglio, nella splendida cornice del Castello, un’altra prima tappa di una tournée; protagonista l’European Trio del batterista Peter Erskine con Rita Marcotulli al pianoforte e Palle Danielsson al contrabbasso. Spendere parole su questi tre artisti è praticamente inutile dato che sono arcinoti nel mondo del jazz internazionale. Invece è interessante sottolineare come i tre si conoscano alla perfezione dato che già nel 2006 si riunirono per incidere il loro primo disco assieme. A Udine hanno dato vita ad un set di eccellente livello. Intendiamoci: nulla di nuovo sotto il sole ma non è lecito attendersi sempre novità da musicisti già sulla scena da tanti anni. Quel che viceversa è lecito attendersi è una musica intellettualmente onesta, eseguita con professionalità e ovviamente senza risparmio di energia. Ebbene i tre si sono presentati al pubblico con la maestria che li caratterizza eseguendo la “loro” musica caratterizzata soprattutto da un interplay perfetto. Rita ha lungamente dialogato sia con l’intera sezione ritmica sia con cadauno dei musicisti mentre Erskine ha ancora una volta dimostrato il perché ha vinto due Grammy ed è stato protagonista di oltre 600 incisioni di cui oltre 30 a suo nome: un drumming instancabile, sempre propositivo nel suo elegante incedere, con un tocco che lo distingue nettamente nel pur variegato panorama dei batteristi jazz. Consentitemi un’ultima notazione per Palle Danielsson: l’avevo ascoltato l’ultima volta poco tempo fa a Stoccolma e mi ha fatto piacere rivederlo in Italia perfettamente in palla seguire con il solito talento le escursioni dei compagni di viaggio.

 Peter Erskine European Trio

Venerdì 4 luglio altro doppio concerto sempre al Castello. Per primo si è esibito il quintetto di Enrico Terragnoli in “Ornithology” un progetto di Flavio Massarutto con le immagini di Massimiliano Gosparini. “Ornithology” è una produzione di Cinemazero / Visioni Sonore 2013 ed è una storia a fumetti che trasporta il linguaggio del fumetto nella dimensione cinematografica. Il tutto corredato dalla bella colonna sonora del chitarrista Enrico Terragnoli con Paolo Botti viola, dobro, banjo, violino di Stroh, Gianni Massarutto armonica, Piero Cescut al basso e Zeno De Rossi alla batteria. Davvero un bel progetto, originale nella sua ideazione e ottimamente realizzato in tutte le sue componenti con una bella e toccante storia ideata da Massarutto ben servita dal tocco grafico di Gosparini e soprattutto dalla coinvolgente e sempre pertinente musica offerta dal quintetto. Sembra facile ed invece sonorizzare un’opera come questa e riuscire a sintetizzare le emozioni che l’autore ha voluto esprimere – ricordo, sogno, nostalgia – è impresa di grande difficoltà.

Enrico Terragnoli 5et Ornithology

 

La sera ecco “Inner Roads” di Enzo Favata con la nuova stella del pianismo italiano Enrico Zanisi, l’eccellente Danilo Gallo al contrabbasso e il sempre poderoso  U.T. Ghandi alla batteria. Il sassofonista sardo si è oramai ritagliato un suo spazio ben preciso nel mondo musicale italiano grazie soprattutto alle sue capacità compositive che gli consentono di scrivere sempre musica fresca, attuale, mai ripetitiva. E se ne è avuta l’ennesima prova anche nel concerto di Udine: Enzo ha presentato una serie di composizioni caratterizzate tutte da una bella linea melodica, componente essenziale della sua musica, linea melodica che ora attinge non solo alle melopee mediterranee ma anche alla milonga, al tango. Il quartetto si è mosso lungo coordinate ben precise fatte apposta per mettere in evidenza da un canto l’eccellente struttura compositiva dei brani, dall’altro la bella compattezza del gruppo che ha saputo ben alternare scrittura e composizione con Gallo e Gandi a costituire una sezione ritmica tra le più affidabili del nostro jazz ed Enrico Zanisi a confermarsi pianista di assoluto livello, capace di nulla suonare più del necessario e tuttavia di dare spessore ad ogni sua uscita solistica.

Interlocutoria la giornata del 5 luglio con le esibizioni di “Udine Jazz Collective” ensemble nato dai corsi di musica d’insieme Jazz di Glauco Venier docente presso il conservatorio “Jacopo Tomadini” di Udine ma stranamente assente durante il concerto e la “North East Ska Jazz Orchestra” che ha eseguito un programma di standard combinati con le sonorità tipiche della musica giamaicana.

Strana serata quella del 6 luglio: in programma, al Castello, due concerti. Com’è logico avrebbe dovuto aprire la serata il solo del pianista Angelo Comisso cui avrebbe fatto seguito il duo stellare Brad Mehldau e Mark Guiliana. Ma il pianista statunitense, che evidentemente comincia a seguire Jarrett non solo dal punto di vista artistico, ha fatto i capricci e ha voluto aprire lui la serata. E fin qui nulla di particolarmente grave… solo che il concerto per almeno due terzi è stato davvero difficile da ascoltare. I due americani presentavano il loro nuovo progetto tutto basato sull’elettronica per cui Brad suona pochissimo il pianoforte acustico concentrandosi sul Fender Rhodes e sul sintetizzatore mentre Mark Guiliana suona la batteria rafforzata da vari effetti elettronici. Intendiamoci: il progetto c’è, si intravvede lo studio che i due hanno fatto, si avverte lo sforzo notevole di attualizzare lo spirito dance-funk degli anni ’70 in chiave jazzistica. Ma per ottenere buoni risultati occorre che la bravura dei musicisti si coniughi con l’eccellenza del fonico che deve essere in grado di ben dosare il tutto. Ebbene a Udine non si capiva bene se il fonico (portato appresso dallo stesso Mehldau) fosse distratto o semplicemente incompetente. Per una buona mezz’ora la presa di suono è stata disastrosa: la batteria si sentiva troppo forte e le altre linee si distinguevano a mala pena. Nonostante la crescente irritazione di Velliscig il fonico nulla faceva fino a quando, all’ennesima rimostranza del direttore artistico del Festival, il fonico si decideva ad azionare le manopole e a rendere il tutto finalmente godibile. Peccato, perché la musica proposta dai due è sicuramente interessante.

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Il concerto, comunque, si prolungava più del solito cosicché Angelo Comisso è salito sul palco a tarda ora e notevolmente irritato. Ma evidentemente il pianista ha oramai un suo pubblico tanto che, nonostante la sera inoltrata, pochissima gente ha lasciato il  suo posto. E bene ha fatto dal momento che Comisso ha confermato quanto di buono si dice sul suo conto, con un pianismo che riesce a presentare un jazz chiaramente contaminato dalla musica colta-contemporanea in un mélange assolutamente personale e a tratti assai coinvolgente vista l’evidente sincerità di ispirazione. Alla fine molti applausi e richieste di bis cui Comisso si è però sottratto. E al riguardo vogliamo dare non un consiglio, ché certamente Comisso non ne ha bisogno, ma solo proporre una personalissima riflessione: al di là di ogni possibile e giustificata irritazione, se il pubblico ti vuole tu ti devi dare… naturalmente entro certi limiti.

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Chiusura lunedì 7 luglio con due concerti affatto diversi. Nel pomeriggio presso la Corte Palazzo Morpurgo, il graditissimo ritorno del pianista Claudio Cojaniz che ha presentato il suo nuovo lavoro in piano solo, registrato per la “Caligola” , significativamente intitolato “Stride”. Il pianista friulano ha eseguito un repertorio di standard arrangiati in modo assai particolare secondo le modalità dello stile “stride-piano”. E si è trattato di una cavalcata all’indietro nel tempo, alla riscoperta di veri e indimenticati capolavori di Beiderbecke, Gershwin, Mingus, Monk interpretati con grande amore e lucidità. Insomma un‘ora e trenta di grande musica che per foruna ritroviamo nel già citato CD.

Il festival  si è chiuso con un evento assai particolare: The Crimson ProjeKCT. Per timore della pioggia, il concerto è stato spostato dal Castello al Teatro Palamostre che ha fatto registrare il tutto esaurito. La band non presenta oggi alcuno dei componenti originali essendo costituita da Adrian Belew alla voce e chitarra, Tony Levin chapman stick, Pat Mastelotto e Tobias Ralph alla batteria, Julie Slick basso e Markus Reuter touch guitar. I “Crimson” costituirono uno dei gruppi che meglio hanno caratterizzato il progressive mondiale e in questa occasione “Udin&Jazz” ha voluto anche celebrare i quaranta anni dal concerto al “Carnera” di Udine del 19 marzo 1974 con cui il gruppo inaugurò la tournée europea dopo l’uscita del leggendario album “Starless and Bible Black”. Grandi applausi e richieste di bis generosamente concessi dal  gruppo che ha così suonato  per oltre due ore.

Molti dei protagonisti di cui vi ho parlato avrete occasione di conoscerli meglio attraverso alcune interviste che ho avuto modo di realizzare durante il Festival e che pubblicheremo man mano nel corso delle prossime settimane.

 



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