Tempo di lettura stimato: 2 minuti

Harry Miller Hazel Miller

“Sono stata fortunata a prendermi cura di artisti che facevano una musica incredibilmente bella”. Chi parla, in modo laconico quanto sentito, è Hazel Miller fondatrice dell'etichetta Ogun assieme al marito Harry Miller, contrabbassista di origine sudafricana. La sua figura e le sue parole sono state il fulcro della celebrazione romana del quarantennale della label inglese indipendente.

“Union Special. Serata per il quarantesimo anniversario della Ogun Records” si è svolta a Roma (4 ottobre), nello spazio di Blutopia, negozio di dischi e “centro culturale” animato dalla passione di Fabrizio Spera. La Miller è stata introdotta da Riccardo Bergerone (da decenni sostenitore e divulgatore del jazz sudafricano ed inglese) e intervistata da Pino Saulo ed Antonia Tessitore di RadioTre: dalla serata sarà ricavata una puntata speciale della trasmissione notturna “Battiti”, da sempre attenta ai linguaggi d'avanguardia.

Nel piccolo, caratteristico spazio al Pigneto era stata anche allestita una policroma mostra di Lp del catalogo Ogun (curata da Roberto Corinaldesi e dallo stesso Spera) e – mentre le parole rievocavano i decenni, la Londra e l'Europa affascinate e contagiate dal jazz sudafricano – scorrevano foto inedite selezionate da Bergerone e Roberto Ottaviano (già presentate durante il recente Talos ). In conclusone video scelti da Claudio Fusacchia.

La serata ha avuto un grande successo di pubblico, con il doppio delle persone che sarebbero potute entrare a Blutopia. L'incontro, durato circa un'ora, si è dipanato davanti a spettatori attentissimi, motivati e appassionati, con un intervento del chitarrista Mike Cooper (che ebbe modo di suonare con Harry Miller) ed una conclusione affidata alla musica di Kenny Wheeler, da poco scomparso: anch'egli ha fatto parte di quella originalissima famiglia di artisti che ruotava attorno all'etichetta Ogun, nata nel settembre 1974 per documentare una musica straordinaria in periodi straordinari, di estrema apertura, passione, ansia di libertà e sperimentazione.

Forte di un centinaio di produzioni, l'etichetta inglese debuttò con un formidabile “Live in Willisau” registrato al festival svizzero dalla Brotherhood of Breath, guidata dal pianista, compositore e arrangiatore Chris McGregor. L'etichetta ha proposto, tra gli altri, il trio di Mike Osborne, Elton Dean's Ninesense, Isipingo, le registrazioni sudafricane e non dei Blue Notes, Stan Tracey / Mike Osborne, Viva La di Louis Moholo, il trio di sassofoni S.O.S., ARK di Keith Tippett … Una lunga sequenza di registrazioni, molte, dal vivo, che testimoniavano la vivacità e la creatività dei tempi. E' la stessa Miller a raccontare come la Ogun Promotions organizzasse concerti settimanali al “Jazz riveroat” sul Tamigi, un barcone dove si esibivano, tra i tanti, Derek Bailey, Evan Parker, Mike Westbrook e Willem Breucker. Assieme alla moglie di Stan, Jackie Tacey, Hazel Miller organizzava un jazz club settimanale a Stockwell, nel sud di Londra ed innumerevoli iniziative. “Harry era un musicista – ha detto la Miller – e questa era la priorità, quindi si pubblicavano album e si promuovevano serate con lo stesso spirito di cooperazione con cui si gestisce una famiglia (..) La nostra vita cambiò radicalmente, ma allo stesso tempo ci guadagnammo una fama internazionale mentre la Ogun iniziava a occuparsi di nuovi aspetti musicali e ampliava il numero dei membri della famiglia”.

Interrottasi negli anni '80 dopo la morte di Harry Miller, a causa di un incidente stradale, l'etichetta ha ripreso vita nei '90 soprattutto sulla spinta della Dedication Orchestra, la big-band formata in modo cooperativo e senza fini di lucro dai jazzisti inglesi e sudafricani per valorizzare e tramandare il repertorio di Chris McGregor, Johnny Dyani, Dudu Pukwana, Mongezi Feza, Harry Miller e dello stesso Louis Moholo, l'unico sopravissuto di quel gruppo di esuli.
La storia della Ogun, tuttavia – come hanno raccontato la Miller, Bergerone e Pino Saulo – non finisce e sono in vista nuove produzioni, ristampe, inediti. Però, come è sempre accaduto per la etichetta indipendente, “bisogna crederci veramente, tutto deve venire dal cuore: come la musica”.

Una storia viva, quella raccontata da Blutopia, e soprattutto una storia che è ancora alimentata dallo spirito innovativo e collettivo di decenni passati che, a volte, sembrano distanti anni luce.

Articoli scelti per te:

Ti è piaciuto l'articolo? Lascia un commento!

Commenti

commenti

Shares