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Il concerto nel jazz club romano il I ottobre

Brian Blade

Riprende dopo varie vicissitudini la stagione all’ Alexanderplatz di Roma e uno dei primi concerti dopo l’ apertura è un vero e proprio evento, che ha attirato un folto pubblico di appassionati e moltissimi musicisti. Il batterista Brian Blade insieme a Scott Colley al contrabbasso e Benjamin Koppel al sax hanno incantato con un concerto intenso, interessante, suggestivo, originale. In pochi possono permettersi di suonare in formazione che non preveda il supporto armonico di un pianoforte, o di una chitarra senza che l’ effetto sia ostico, e acusticamente esiguo. Se poi il musicista leader della formazione è un batterista che non sia di alto livello, il rischio di ascoltare musica solo aspra, o scarna, sale. Ma Brian Blade dell’ espressività del suo strumento ha fatto la sua caratteristica fondamentale, ed è riuscito a portare il suo drumming a livelli poetici indiscussi, costruendosi uno stile riconoscibile tra mille. Dunque, nel silenzio di un club che si è quasi trasformato in auditorium, i fortunati che c’erano, tanti, hanno ascoltato un Jazz affascinante, energico, ma anche morbido, melodico, e fortemente “musicale”.

Mai sentiti tanti armonici dipanarsi da un ensemble di musicisti che per tutto il tempo hanno curato il timbro complessivo del suono. La batteria di Brian Blade ha svelato tutte le possibilità che presenta uno strumento così potenzialmente ricco ma spesso così poveramente utilizzato solo in funzione ritmica: ha alternato con gusto e musicalità mallets, spazzole e bacchette, esaltando di volta in volta i suoni gravi e pieni di tamburi, rullante e rides, o le uscite secche alla fine di una sequenza ritmica quasi ipnotica, creando contrasti emozionanti. Ha eseguito melodie, accordi, riff efficaci, sempre in profonda sintonia con il sax di Koppel (che si è espresso con fraseggi raffinati per le dinamiche e soli travolgenti e trascinanti per fantasia e swing) e con lo strepitoso contrabbasso di Scott Colley, che ha tenuto brillantemente la struttura armonica fondamentale per decodificare la parte melodica del sax, e spesso, credetemi, andando in unisono con la batteria.

Se ciò che il trio cercava era una atmosfera rarefatta, la batteria è diventata un frullio d’ ali, il contrabbasso quasi è scomparso. Ma ai raddoppi l’ ondata timbrica si è sestuplicata, e le bacchette hanno percorso pelli e metallo in un groove irresistibile per gli stessi Colley e Koppel. Un flusso continuo, ininterrotto, di atmosfere anche contrastanti: fino al brano in stile contrappuntistico, in cui contrabbasso e sax si sono inseguiti irresistibilmente tra quel contrappunto e i voli liberi improvvisati, con Brian Blade divertito e concentrato sino alla cadenza finale.

Quasi tutti brani originali, accattivanti, ma anche un suggestivo “In a sentimental mood”, tanto noto quanto reso in maniera inusuale, come accade nel Jazz quello vero. E anche qui la batteria ha orbitato tra un soffio di spazzole sul charleston nei momenti più introspettivi e il gioco ardito su ride e tom nei momenti più intensi. Brian Blade ha il coraggio anche di fare il minimo, se è il minimo che serve. E se una cellula melodica minima è quella che serve, Scott Colley la tiene come una perla preziosa da non gettare via sconsideratamente appena possibile.

Dovrei scrivere molto altro ma aggiungerò una sola cosa: non capita spesso di ascoltare una vere e proprie note lunghe provenienti dalla batteria, che suonano armonicamente insieme a sax e contrabbasso per formare un accordo… con il fine non di stupire ma di fare musica. Ed è questo che incanta di un concerto come questo. Il bis è mancato per un disguido tecnico: lo attendiamo, si spera, per un’ altra volta a Roma: concerti di questo livello nutrono il Jazz.

E ce ne è molto bisogno.

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