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Pino Ninfa – “Jazz Gigs” – CasadeiLibri
Fotografare è impresa tutto sommato semplice: basta una buona attrezzatura, una discreta conoscenza tecnica e un pizzico di buon gusto…e la foto esce.

Fotografare bene è invece tutt'altra cosa: gli elementi sopra indicati non bastano, occorre molto di più, occorrono una sensibilità squisita, la capacità di cogliere la realtà attraverso uno scatto e soprattutto la volontà e l'abilità di raccontare una storia.

Ecco, tutte queste qualità Pino Ninfa le ha e le ha dimostrato attraverso tanti e tanti lavori. Personalmente l'ho conosciuto tanti anni fa quando Pino si dedicava quasi esclusivamente al jazz; adesso i suoi interessi svariano in tanti campi anche se il primo amore mai si dimentica. Ne è la dimostrazione questo ultimo splendido lavoro, un volume che si distacca nettamente dalla normale concezione di un libro: si tratta, infatti, di una cartella contenente 20 foto, misura 35×50, selezionate tra i tanti scatti effettuati in 20 anni come fotografo ufficiale per vari festival e altre committenze.

Le foto sono in singoli fogli da usare a piacimento: o appendere o conservare nella sede originaria. Le 20 stampe ritraggono, tra gli altri, , Dave Brubeck , Jonn Lewis , Ornette Coleman , Enrico Rava , Paolo Fresu, Dee Dee Bridgewater, Keith Jarrett, Incognito, Mark Turner, Cameron Brown …in una galleria di straordinari personaggi che evidenziano ancora una volta l'arte – ché di questo bisogna parlare- di Pino Ninfa.

Ogni ritratto ha una storia a sé; ogni volto , scrutato attentamente dall'obiettivo del fotografo, ci racconta della storia non solo e non tanto dell'artista ma anche della sua vita, del suo essere più profondo in un connubio tra uomo e artista che Ninfa ritiene giustamente indissolubile.

Ad esempio nel ritratto di Rollins, Ninfa coglie un'espressione del sassofonista che sembra ripercorre i tanti anni trascorsi a suonare sui palcoscenici di tutto il mondo , nella consapevolezza che il tempo non ritorna; tutta introspettiva la pagina dedicata a Cameron Brown; splendido il gioco di luci e ombre nel lavoro su Bebo Ferra…

Così i vari elementi che compaiono nelle foto nulla hanno di casuale; ogni piccolo particolare – dalla stessa posizione dell'artista a uno strumento che sembra lasciato lì per caso, dal pubblico alla partitura – … tutto contribuisce a creare la scena che Ninfa vuole ritrarre. Insomma sotto certi aspetti Ninfa si comporta come un pittore nella cui opera ogni elemento ha un suo preciso ruolo, una determinata funzione sì da offrire al fruitore la propria, specifica immagine della realtà.

E se tutto ciò si può notare nelle sue opere jazzistiche come questa, risalta ancora di più nei lavori di altra natura. Per esempio ho avuto la possibilità di vedere un suo bellissimo lavoro realizzato in Sud Africa e sono rimasto davvero impressionato di come dietro ogni pagina ci fosse una storia ben individuabile, a tracciare un percorso descrittivo che forse le parole non saprebbero esprimere con eguale efficacia.

Insomma un grande fotografo che dona prestigio al nostro jazz!.

Marcello Rosa – “Amari Accordi “Arcana Edizioni – pgg.240 – 17,50 euro
amariaccordiConosco Marcello Rosa da circa quarant'anni e l'ho sempre stimato sia come artista sia come “uomo di jazz” nel senso più completo del termine : Rosa non si è limitato a soffiare dentro il suo trombone per tanti anni (il che sarebbe già stato sufficiente a farne una delle personalità più importanti del jazz italiano) ma ha contribuito alla diffusione di questa musica attraverso una serie infinita di trasmissioni radiofoniche e televisive, articoli su riviste specializzate (soprattutto “Blu Jazz”) … e via di questo passo.

E di lui ho sempre apprezzato da un canto la forza d'animo che gli ha permesso di superare momenti bruttissimi legati ad un incidente stradale (su cui Rosa si sofferma ampiamente), dall'altro la schiettezza nel denunciare certi fenomeni di malcostume imperanti anche nel microcosmo del jazz; è stato tra i pochi a non appiattirsi di fronte alla moda, imperante in certi periodi, del “jazz politico” ed è stato sempre tra i pochissimi a spiattellare in faccia a chiunque quel che pensava, anche se questo “chiunque” era dotato di un certo potere.

Insomma un personaggio del tutto atipico ma che proprio per questo merita il massimo del rispetto e della considerazione.

Fatte queste premesse era logico che mi attendessi un libro ricco di spunti polemici e le attese non sono andate deluse.

Facendo ampio ricorso a quello spirito ironico che lo ha sempre contraddistinto, già nella copertina del libro si ha un assaggio di quel che si troverà all'interno dal momento che, grazie a un bel gioco grafico, il titolo si può leggere correttamente “Amari accordi” ma anche “Amarcord” con esplicito riferimento al grande Fellini.

Nel racconto di Rosa (completato da alcuni articoli pubblicati da “Blu Jazz”) scorre il filmato di cinquant'anni di storia del jazz italiano vissuto attraverso le esperienze e la sensibilità di un artista. Di qui il ricordo di tutta una serie di episodi, alcuni ridicoli altri davvero gravi, a delineare un mondo fatto più di ombre che di luci. Così ritroviamo l' annunciatrice televisiva che presenta un concerto di Rosa con queste parole: “e ora il quartetto di Marcello Rosa in “The Black and the Crazy ,” un suggestivo blues composto da Kirk Douglas”, oppure la coulisse del trombonista che viene ricolma d'acqua per produrre dei suoni che in qualche modo somiglino ad una pentola di fagioli in ebollizione…

Ma sono riportati anche episodi francamente poco edificanti che chiamano in causa personaggi importanti che Rosa, incurante delle eventuali querele, non si preoccupa di citare con nome e cognome. E proprio per questo sarebbe bene che in molti leggessero questo libro proprio per scoprire certe magagne che, ad un'osservazione poco attenta, sfuggono di sicuro.

Assolutamente da condividere le pagine in cui Rosa lamenta la scarsa considerazione in cui i musicisti di jazz sono tenuti in Italia sia dai gestori dei locali sia dalla stampa in un crescendo di diasattenzione che in questi ultimissimi tempi ha raggiuno il suo apice.

Infine magistrali le pagine in cui si parla del cosiddetto “jazz politico” degli anni ‘70 che portò molti ignoranti – per usare un eufemismo – a boicottare musicisti come Rosa solo perché non si presentavano sul palco col pugno alzato e non suonavano musica d'avanguardia.

Insomma un libro interessante e … cosa che mai guasta, assai piacevole da leggere.

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