La classe di Bireli Lagrene accende il pubblico romano

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Un’ altra tappa nelle infinite varietà dello swing è stata toccata al Roma Jazz Festival, con un concerto del fuoriclasse della chitarra manouche Bireli Lagrene. Il “Gipsy Jazz”, che ha come geniale iniziatore il grande Django Reinhardt, è una delle forme di swing più accattivanti in circolazione e che continua ad essere amatissima dal pubblico. E’ divertente, contagiosa, gode della particolare atmosfera che le è conferita da quell’ essere terra di mezzo tra due generi che hanno in comune l’ improvvisazione: la musica tradizionale gitana ed il Jazz. Ovvero, come la musica gitana reinterpreta il Jazz? In maniera completamente originale: per il ruolo reciproco tra gli strumenti, ad esempio: due chitarre, di cui una ha l’ esclusivo compito di accompagnare, il contrabbasso, che ha un ruolo fondamentale non solo ritmico ma anche armonico (così come nel Jazz) e, a volte, come in questo bel concerto di, uno strumento a fiato, che presenta i temi, scambiandosi con la chitarra solista. A queste caratteristiche precipue aggiungete che la tecnica chitarristica è senz’ altro virtuosistica: dunque il divertimento, lo stupore, gli applausi, sono sempre assicurati, se i musicisti sono all’ altezza. 
E Bireli Lagrene all’ altezza lo è di sicuro, tanto che se anche “fuoriesce” dal repertorio classico, affrontando una personalissima rilettura di brani pop di alto livello quali “Just the way you are” di Billy Joel o “Isn’t she lovely” di Stevie Wonder, non scade mai veramente nel “gigioneggiamento” strappa applausi : di certo la scelta del repertorio tiene conto della reazione positiva del pubblico, ma Lagrene suona talmente bene, in maniera così personale, e in modo così funambolico ma mai vacuo, che proprio non si può dire che vada “sul facile”. Gli applausi dunque sono ben riposti: ovvero, un gruppo così potrebbe suonare anche un gingle radiofonico di quattro note, che quelle note diventerebbero jazz di eccellente livello.

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Kenny Barron e Dave Holland Robert Glasper e Jason Moran Un vero poker d’assi

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Come ben sapete, le recensioni dei concerti dalla carta stampata sono praticamente scomparse. Di qui l’importanza della Rete che in qualche modo tiene informati gli appassionati su ciò che succede. Ovviamente tutto questo va fatto con la necessaria tempestività…motivo per cui Vi chiedo scusa se queste recensioni appaiono con un po’ di ritardo. Il fatto è che subito dopo il Concerto dei due pianisti all’Auditorium di Roma, sono partito per la Lapponia Finlandese per seguire un Festival Jazz di cui vi riferirò nei prossimi giorni. Insomma non ho avuto il tempo di scrivere sui due eccellenti concerti che, approdato all’Auditorium Parco della Musica, il “Roma Jazz Festival” ci ha proposto il 15 e 16 novembre scorsi.

Barron Holland

Venerdì 15 sul palco un duo d’eccezione composto dal pianista Kenny Barron e dal contrabbassista Dave Holland ed è stato grande jazz. Un’ora e mezza di musica raffinata, elegante, tutta giocata sull’empatia non disgiunta dalla grande maestria dei due artisti…con una nota insolita almeno per chi poco conosceva Kenny e Dave.

In effetti, da un duo pianoforte-contrabbasso, ci si attende che in primo piano ci sia la tastiera mentre le corde ricoprono un ruolo di complemento: invece è stato proprio il contrabbasso di Holland a intonare più spesso complesse linee melodiche come se si trattasse di uno strumento assai più agile; dal canto suo a Barron bastavano pochi accordi messi lì quasi per caso, alcuni accenti mirabilmente spostati, un fraseggio di una leggerezza strabiliante, un senso dello swing spesso sotteso ma sempre trascinante per deliziare gli spettatori che non mancavano di lesinare entusiastici consensi.

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