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Joe Cocker

Che io ricordi mai c'è stato, per il mondo della musica, un anno così “orribile” quanto questo 2014: uno dopo l'altro se ne sono andati molti artisti di grande spessore, alcuni dei quali dopo una vita lunga e vissuta intensamente, altri stroncati quando ancora tanto avevano da dare. E' il caso, ultimo in ordine temporale, di Joe Cocker venuto meno qualche giorno fa all'età di 70 anni dopo una lunga e incurabile malattia.

Nell'ambito delle diversificate valutazioni che si possono avere su un musicista, su un dato di fondo si è tutti d'accordo: ciò che fa di un artista un Grande artista è la riconoscibilità. Non ci vogliono certo molte note di pianoforte per capire che sta suonando Bill Evans così come è fin troppo facile riconoscere le cascate di note di John Coltrane o l'eloquio torrenziale e fantasioso di Sonny Rollins; identico discorso per la voce umana: a parte le imitazioni –spesso non volute – di Bublè quando canta “The Voice” è lui senza ombra di dubbio: Frank Sinatra.

Ebbene lo stesso concetto si può applicare a Joe Cocker: quando senti quella voce così roca e profondamente non ti puoi sbagliare, è quella di Joe Cocker, un artista tra i più originali che mai abbiano calcato le scene. Il suo modo così personale di interpretare, di muoversi sul palco ne hanno fatto un unicum nella storia della musica , un unicum riconosciuto come tale non solo dal pubblico ma anche da molti altri musicisti; così Eric Clapton, appresa la notizia, ha affermato: “Era semplicemente unico, sarà impossibile riempire il vuoto che lascia nei nostri cuori”, mentre il “nostro” Zucchero che aveva a lungo collaborato con il cantante inglese si è dichiarato profondamente addolorato per la perdita di un collega, di un amico.

Il fatto è che realmente Joe Cocker ha incantato le platee di tutto il mondo per circa cinquant'anni; personalmente credo che nell'ambito della musica rock, Cocker sia stato uno dei pochissimi interpreti capaci di porgere il blues come se fosse un afro-americano, riuscendo quasi sempre in un'altra impresa particolarmente difficile e delicata; prendere in considerazione un pezzo altrui e plasmarlo completamente secondo la sua personalità sì da farne qualcosa di nuovo ed originale. Esempi se ne potrebbero fare molti ma credo ne basti uno: siamo a Woodstock nel 1969 e Joe interpreta una sua versione di “With a little help from my friend”, cancellando, letteralmente, l'originale portata al successo dai Beatles in “Sgt. Pepper”.

Da quel momento Cocker ha conosciuto alterne vicende per tornare al successo pieno in questi ultimi anni ma sempre, durante la sua lunga carriera, è rimasto nel cuore e nella mente di quanti amano la buona musica al di là delle etichette.
Adesso che non c'è più sicuramente ci mancherà… forse possiamo consolarci pensando che là dov'è adesso potrà trovare tali e tanti compagni d'avventura da creare la più incredibile band che si possa immaginare.

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