A spasso tra gli stili del jazz con la big-band di Massimo Pirone

Massimo Pirone Massimo Pirone band

E’ possibile in due ore di spettacolo illustrare l’importanza che le big-band hanno avuto nella storia del jazz? Certo che no… ma almeno se ne può dare un’idea.

E’ quel che ha fatto l’orchestra di Massimo Pirone in un concerto svoltosi sabato 28 febbraio alla Casa del Jazz di Roma. In realtà il programma ha subìto una variazione sostanziale: nell’ambito del ciclo di incontri dedicato ad Artisti selezionati e presentati dalla Associazione Musicisti Italiani di Jazz (MIdJ), la band di Pirone avrebbe dovuto confrontarsi anche con un altro direttore, Claudio Pradò, il quale non ha, però, potuto partecipare al concerto perché influenzato.

E’ così venuto meno un elemento di potenziale interesse, ma la serata non ne ha sofferto più di tanto ché l’orchestra del trombonista Massimo Pirone, rinforzata dalla presenza di ospiti quali Torquato Sdrucia al sax alto e Stan Adams al trombone ha offerto due ore di sano jazz, ricco di swing, impreziosito da molti arrangiamenti originali e non privo di buoni momenti improvvisativi.

Sala piena e fuoco alle polveri con l’ellingtoniano “Creole love call”; l’orchestra appare subito in palla e la conferma viene subito dopo con l’omaggio a Fletcher Henderson: “Copenaghen” ci riporta indietro nel tempo, agli anni ’20-’30 quando il brano di Charles Davis e Walter Melrose era uno dei cavalli di battaglia di artisti quali Armstrong, Bix Beiderbecke… oltre al già citato Fletcher Henderson che si avvaleva del gustoso arrangiamento di Don Redman.

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