Classica. Le Quattro Stagioni e le Mezze Stagioni di Tchakerjan e Tonolo : un tradimento fecondo

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Le quattro Stagioni di Antonio Vivaldi, assieme al klavierstück “für Elise” di Beethoven, al Valzer del Danubio Blu di Strauss, al Bolero di Ravel, appartengono a quelle opere che il grande pubblico associa all’idea stessa di musica “classica”. Esse sono, potremmo dire, una sineddoche ‘a maiore’ di tutta la musica classica e per questo rivestono molteplici significati.

Nelle sale da concerto e in TV, nelle pubblicità e nei party come musica di sottofondo, sui telefonini a “rallegrare” (si fa per dire) con grida improvvise i nostri viaggi in treno o le cene romantiche al ristorante, al cinema nella colonna sonora della splendida, violentissima “trilogia della vendetta” di Park-Chan Wook come nella commedia di Nakache e Toledano “Quasi Amici”…insomma, ci accompagnano un po’ dappertutto.

Ma qual è il giudizio su queste Stagioni?

Igor Stravinsky, che non apprezzava Vivaldi, affermò in una celebre boutade che quest’ultimo non aveva scritto 600 concerti, bensì seicento volte lo stesso concerto.

Tipica affermazione che si può, con eguali argomentazioni, rifiutare o condividere.

Il pubblicizzato compositore Max Richter le ha recentemente rielaborate in un patchwork di stampo minimalista, destando alleviani entusiasmi e affermando per giunta, in un conato di ingratitudine nei confronti del “Prete Rosso”, di essere giunto ad odiarle. (sic!)

Un po’ come Arthur Schopenauer che dichiarò di aver scritto una propria Storia della Filosofia poiché insoddisfatto di quelle esistenti (non diciamolo però a Richter, potrebbe servirsi di tale affermazione in modo indebito).

Le “Quattro Stagioni” sono quattro concerti facenti parte di un ciclo più ampio di 12 intitolato “Il cimento dell’armonia e dell’inventione”; furono pubblicate ad Amsterdam nel 1752, benché la loro effettiva composizione risalga a diversi anni prima.
Ciascun concerto si divide in tre movimenti dei quali il primo e il terzo sono di andamento veloce, mentre quello intermedio è un Adagio o un Largo, secondo uno schema molto comune all’epoca e frequentemente adottato dallo stesso Vivaldi.

L’organico di tutte le partiture consta di violino solista, quartetto d’archi e basso continuo (clavicembalo nella presente registrazione).

Si tratta di un tipico esempio di “musica a programma” termine che si riferisce a composizioni contenutistiche dal carattere descrittivo.

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