Cettina Donato e Massimiliano Rolff la bellezza della composizione, la bravura dell’esecuzione

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Nel corso della mia oramai lunga attività di cronista jazz, ho sempre considerato parte integrante del mio lavoro valorizzare quei giovani che ritenessi talentuosi, scrivendo articoli, mettendoci – come si dice – la faccia anche a rischio di prendere qualche cantonata nel formulare previsioni poi smentite dai fatti. Per fortuna finora è andata abbastanza bene: è andata bene con Pippo Guarnera, è andata bene con Fabrizio Sferra (fui il primo a segnalarne il talento su un quotidiano a diffusione nazionale), è andata bene con Roberto Spadoni, è andata bene molti anni dopo con Cettina Donato.

Quando nel 2008 venne pubblicato il suo primo album, “Pristine”, ne rimasi molto ben impressionato tanto da scrivere un articolo e intervistarla per un programma televisivo che allora conducevo. In questi sette anni Cettina di strada ne ha fatta molta: è stato da poco pubblicato il suo terzo album, “Third” per l’appunto (BlueArt 120), e viene adesso a ben ragione considerata una delle più belle realtà del nuovo panorama jazzistico nazionale.
La conferma è venuta, se pur ce ne fosse stato bisogno, dalla serata targata “BlueArt Management” svoltasi il 14 maggio alla Casa del Jazz di Roma. La Donato si è presentata con la stessa formazione presente nell’album ( Vito Di Modugno al basso elettrico, Mimmo Campanale alla batteria e Vincenzo Presta al sax tenore) presentando alcuni brani tratti da “Third”.
Nell’intervista di cui sopra Cettina, rispondendo ad una mia domanda, aveva dichiarato di sentirsi più compositrice che esecutrice; ora non c’è dubbio che l’artista messinese sia dotata di una bella fantasia creativa, non a caso tutti i brani dell’album sono frutto della sua penna… ma anche dal punto di vista pianistico ci è parsa oramai del tutto all’altezza della situazione.

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Perfettamente consapevole dei propri mezzi tecnici ed espressivi, Donato non intende stupire alcuno ma solo seguire al meglio la propria ispirazione: di qui una musica che respira, in cui le pause hanno un peso specifico, in cui mai si avverte la sensazione di un qualcosa in più, di una qualche nota che non sia del tutto necessaria. E questo modo di concepire la musica, la performance, viene ben condiviso dal gruppo nella sua interezza, con un Di Modugno prezioso sia in fase di accompagnamento sia quando si produce in assolo come nel suadente “Apulia” (dedicato alla Puglia terra dei suoi compagni d’avventura), e un Campanale perfettamente a suo agio sia con le bacchette sia con le spazzole, mentre Presta, presente non in ogni brano, aggiunge al tutto un tocco di maggiore incisività.
Il concerto si apre con un pezzo sinceramente toccante per i suoi contenuti extramusicali, un dramma familiare che la Donato racconta così, con estrema semplicità, senza retorica ma che proprio per questo ti colpisce forte, come un pugno nello stomaco: “Giò” è il titolo del brano (che apre anche il CD) ed è dedicato al fratello di Cettina, Giovanni, che è autistico, cieco e muto e che trova le sue modalità di espressione nel suonare, benissimo, il pianoforte; ma la sua malattia lo porta a reiterare brevi nuclei tematici; ebbene Cettina ha preso questi nuclei tematici e ci ha costruito un brano difficile, a tratti spigoloso, dall’andamento ossessivo, nevrotico ma di grande comunicativa… davvero un piccolo gioiellino per quanto sa esprimere.
A seguire, “Crescendo”, innervato dalla presenza di Vincenzo Presta e caratterizzato da un ritmo quasi funky; il terzo brano, secondo lo stesso ordine del disco, è “Apulia” cui abbiamo già fatto cenno, quindi “Freedom” un pezzo, che sottolinea la stessa Donato, è ‘scorretto’ secondo le regole formali dell’armonia ma che funziona comunque benissimo a dimostrazione della vecchia tesi per cui le regole sono là, ma quel che conta, nella musica, è l’orecchio, la musicalità.
Il concerto si chiude, così come il disco, con “Sugar & Paper” dal marcato andamento ritmico, con un Presta in gran spolvero.
E l’occasione ci sembra propizia anche per completare il discorso sull’album che contiene altri tre brani, “Minor blues” in cui la Donato fa sfoggio di un pianismo scintillante, duettando con Di Modugno su tempi piuttosto veloci, “Look at the moon” dal ritmo latineggiante con un Di Modugno impegnato in un altro convincente assolo e “Pentatrio” anch’esso costruito sulla ripetizione di un accattivante nucleo tematico su cui si innestano le improvvisazioni della pianista; ciò che caratterizza questo CD rispetto alle due precedenti esperienze discografiche della Donato è da un lato il fatto che gli otto brani sono tutti suoi, dall’altro che questa volta gli arrangiamenti sono più semplici anche perché l’artista si esprime in trio e in quartetto. Insomma un viaggio attraverso il mondo interiore della Donato che non a caso confessa di aver scritto questi pezzi in occasioni particolari: alcuni durante il soggiorno negli Stati Uniti, altri di ritorno in Italia… ad esempio “Apulia” ritrae un momento particolarmente felice, quello in cui l’artista venne invitata dal maestro Marco Renzi, direttore artistico dell’Orchestra Sinfonica della provincia di Bari, ad esibirsi per l’appunto con l’orchestra come direttore e arrangiatore… e fu proprio in quella occasione che la Donato conobbe quelli che sarebbero divenuti i suoi partners per “Third”. Insomma un disco affascinante nella sua non banale semplicità. (altro…)