Alberto Iglesias: la Noche y el Viento

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Il cinema non è solo arte figurativa. Secondo la lezione di Riccardo Wagner a proposito del melodramma, di cui il cinematografo costituisce il vero, legittimo erede, è un’arte sintetica, somma di attività estetiche, intellettuali e pratiche diverse. Il “dramma totale”, o “arte suprema” wagneriana altro non fu che la somma di vari fattori, tutti egualmente importanti ma parimenti insufficienti, incapaci di espressione e puri simboli se considerati separatamente.

Ciò che differenzia l’espressione cinematografica da altre forme di arte plastica è il rapporto con la musica. Il passaggio dal cinema muto a quello sonoro e parlato non fu puramente sommativo, ma ha permesso, come si diceva, di ricongiungere la fresca esperienza cinematografica al suo precedente storico-filologico: il melodramma, appunto.
Pensiamoci bene; già il termine colonna sonora dice tutto: il cinema si regge sulla musica non meno che sulla parola.

La musica contemporanea, che viaggia su propri binari, può vantare tra i suoi più meritevoli esponenti alcuni compositori di musica per film: negare ciò significherebbe situare la sua vicenda in una prospettiva storica inesatta.
La cosiddetta musica di commento, spesso, solo commento non è, ma costituisce un’esperienza estetica autonoma e soddisfacente che può vantare numerosi specialisti tra i quali, ovvio, occorre poi sceverare secondo la qualità e il valore.
Parlo di musica come forma del racconto cinematografico, snobbo qui quella modalità da videoclip che consiste nell’appioppare una canzone di successo ad una scena qualsiasi allo scopo di creare facile emozione o confezionare un trailer.

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