Il duo francese al Festival mercoledì scorso

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Spiritosi , simpatici, bravi… anche se un tantino al di sotto delle aspettative di chi scrive.

Emile Parisien (sax soprano) e Vincent Peirani (fisarmonica) si sono esibiti mercoledì' sera nella Sala Petrassi dell'Auditorium Parco della Musica, nell'ambito del Roma Jazz Festival, dinnanzi ad un pubblico non proprio numeroso. La loro è stata una performance connotata da tratti di indubbia originalità alternata a fasi non Molte volte abbiamo sottolineato come non necessariamente in musica due più due faccia quattro… nel senso che l'accoppiata di pur grandi musicisti non sempre riesce a valorizzare il talento di entrambi. E non v'è dubbio alcuno che il sassofonista e il fisarmonicista siano da annoverare tra i più fulgidi talenti del jazz d'Oltralpe.

In particolare Emile Parisien, diplomato della prima classe di jazz a Marciac, può vantare un curriculum di tutto rispetto avendo collaborato con artisti del calibro di Wynton MarsalisChristian McBrideJohnny Griffin ou Bobby Hutcherson; inoltre da circa una dozzina d'anni dirige un quartetto, caratterizzato da grande empatia (Julien Touéry, piano ; Ivan Gélugne, basso ; Sylvain Darrifourcq, batteria & percussione), musicisti perfettamente rodati che praticano una musica saldamente ancorata alla liberta d'improvvisazione europea e al free jazz, come dimostra il loro ultimo lavoro “Spezial Snack” (Act Records/Harmonia Mundi). Senza trascurare il fatto che nel 2012 Parisien ha vinto il premio Django Reinhardt quale « musicista francese » dell'anno.
Originario di Nizza, Vincent Peirani, 35 anni, ha vinto, anche lui, nel 2013 il premio Django Reinhardt, , ed è stato il primo accordionista, dopo Richard Galliano, a ricevere questo trofeo. Oltre al suo lavoro in solo, Vincent collabora con la vocalist sud-coreana Youn Sun Nah e il batterista svizzero, Daniel Humair.
In effetti avevamo già avuto modo di ascoltare Peirani, ma in solitudine, e ci aveva suscitato una grande impressione, non tanto per l'abilità tecnica (comunque eccelsa) quanto per l'uso anche percussivo dello strumento, la modernità del linguaggio, l'originalità del sound , la qualità delle composizioni, impressione che viceversa non abbiamo avuto l'altra sera.
Da qualche anno Peirani e Parisien hanno costituito il duo ascoltato a Roma e con cui hanno inciso, per la ACT, l'album “Belle époque” sul cui repertorio è incentrato lo spettacolo che stanno portando in giro. L'album si caratterizza per il tentativo di coniugare la tradizione jazzistica da un canto alle radici della musica popolare francese dall'altro ad un linguaggio in linea con i tempi ad onta dell'inconsueto organico.

Non a caso il concerto è iniziato con un esplicito omaggio a Sidney Bechet, il “re” del sax soprano che per lungo tempo aveva abitato in Francia; i due hanno eseguito “Egyptian Fantasy” dello stesso Bechet e “Temptation Rag” d'Henry Lodge, anch'esso sovente eseguito da Bechet. Ed è stato, a nostro avviso, un avvio piuttosto stentato dal momento che i due mi sono apparsi fuori contesto, non del tutto in grado di ricreare le atmosfere “bechetiane”, con un Peirani particolarmente sotto tono. Molto più brillante la riproposizione di un altro branco di Bechet, “Song Of The Medina (Casbah)” con i due impegnati in un fitto ed entusiasmante eloquio.
Comunque la serata è decisamente salita di tono quando i due hanno cominciato ad alternare a brani tratti di repertorio composizioni proprie; così, ad esempio, in “Hysmn” di Parisien, abbiamo ascoltato un superlativo Peirani, che sosteneva la melodia disegnata dal sassofono con un sound straordinariamente vicino a quello dell'organo, mentre in altre occasioni era Parisien a svolgere un lavoro di contrappunto sugli assolo del compagno d'avventura.
Tra i bis lo splendido “Dancers In Love” di Duke Ellington che chiude l'album “Belle époque”.

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