Gigi Esposito. Determinante il legame col territorio

Luigi Esposito

Fino ai primissimi anni del nuovo millennio, l’attività dell’Onyx Jazz Club di Matera aveva una rilevanza a carattere nazionale: veniva organizzato un bel festival “Gezziamoci”, caratterizzato anche dalla produzione di alcuni progetti originali affidati a grandi musicisti quali, ad esempio, Bruno Tommaso. Il tutto impreziosito da album di eccellente livello. Poi a poco a poco “Gezziamoci” è scomparso dalle scene nazionali. Ma cosa è realmente accaduto? Siamo andati a chiederlo direttamente a Gigi Esposito, Presidente per 28 anni dell’associazione materana e dal 2015 Direttore Artistico dell’Onyx Jazz Club e vera e propria anima pulsante del Festival…nonché responsabile delle attività culturali dell’Ente Parco della Murgia Materana.

Noi continuiamo a lavorare. – ci dice Esposito – Siamo giunti alla XXIX edizione del “Gezziamoci” , il festival jazz di Basilicata, come sai, organizzato e promosso dall’Onyx. Qualche anno fa abbiamo attraversato un periodo migliore per quanto riguarda le disponibilità economiche e questo ci ha permesso di avere una buona visibilità in ambito nazionale. Una delle cose su cui da sempre lavoriamo è il connubio tra musica e territorio, anche attraverso una serie di produzioni originali che poi sono l’anima che caratterizza l’attività dell’associazione.  Io credo che sì, la visibilità è calata perché sono diminuiti i fattori economici che sono basilari per essere sul mercato nazionale dei festival e delle produzioni… Però continua il fermento associativo: attraverso l’etichetta discografica, che si autoproduce con la formula dell’”Azionariato Popolare” che sin dal 1993 metteva in atto ciò che oggi si chiama crowdfunding; attraverso “progetti originali” che legano il festival al territorio; attraverso una fervente attività legata alla conoscenza del territorio con il “Settore Ambiente”; attraverso la programmazione di “Caviamo Cultura” che si svolge nella bellissima Casa Cava, auditorium con oltre 140 posti, per non parlare della partecipazione attiva alla Rete I-Jazz, tra i festival italiani. Insomma meno presenza ma tanto lavoro di base.

Tutto ciò potrebbe anche andar bene… resta però il piccolo problema che se voi continuate a fare iniziative di cui nessuno ha notizia non si capisce bene questi sforzi a cosa servano…
E’ vero… ma proprio qui stanno forse i limiti di un’associazione culturale . Da un canto io sono molto fiero d’aver messo su un’associazione culturale che dal 1985 continua ad essere una vera associazione culturale fatta da un gruppo di amici, appassionati di musica, che settimanalmente si ritrova, discute e cerca di realizzare dei progetti senza alcun vincolo con altre situazioni. Ci sono molti festival in Italia che sono organizzati da musicisti e che servono per invitare altri musicisti che organizzano altri festival… e via di questo passo in una catena che non mi sembra particolarmente entusiasmante. L’Onyx mai ha fatto parte di questi circuiti; “Gezziamoci” è un piccolo festival organizzato da semplici appassionati che si muovono spinti da una vera amicizia, dai rapporti umani con i singoli musicisti. E questa è la parte libera dell’associazione.
Il rovescio della medaglia è che non siamo professionisti e quindi abbiano dei grossi limiti , ognuno di noi lavora, ognuno di noi vive in un campo al di fuori del jazz per cui il tempo da dedicare a queste iniziative è limitato. A ciò si aggiunge il fatto che l’Onyx ha sempre avuto a disposizione limitatissime risorse economiche; eppure una volta si riusciva a fare delle cose di altissimo livello riuscendo, come dicevamo, ad avere una buona visibilità a livello nazionale. Senonché queste poche risorse sono divenute ancora inferiori con quali conseguenze è fin troppo facile immaginare… anche semplicemente per far circolare le notizie. Comunque noi abbiamo una banca dati in cui sono compresi tutti i giornalisti che ci hanno seguiti, tra i quali rientri anche tu.

Mi spiace contraddirti ma sono anni che non ricevo vostre comunicazioni; di qui l’interesse e la curiosità che mi hanno spinto a questa intervista
Allora dovrò controllare la banca dati e reinserire la tua mail personale. Comunque devo confessarti che dopo 30 anni di associazionismo, io personalmente sono un po’ stanco. L’associazione Onyx è fatta da un manipolo di persone che ha la formula magica nell’entusiasmo di realizzare progetti nuovi dialogando con il territorio, con la comunità lucana intera (vedi la rete dei comuni lucani per il “Gezziamoci”).
Questo entusiasmo ha bisogno di essere alimentato non da ricchi finanziamenti, ma soprattutto da riconoscimenti da parte di chi nella mia terra definisce la programmazione culturale e sembra strano ma i consensi più belli arrivano da fuori regione. Personalmente registro persino uno scollamento anche oggi, dove la mia città, che ha ottenuto il bellissimo riconoscimento di Matera Capitale Europea della Cultura 2019, stenta a rapportarsi con le realtà associative che hanno contribuito negli anni alla sua crescita culturale

Mi stai dicendo che a Matera il pubblico non è attento al jazz o non è attento alle vostro iniziative?
No, non è il pubblico: si tratta di una mancanza di programmazione che sia in grado di costruire un percorso di crescita culturale in Basilicata nelle varie arti. La mancanza di confronto con coloro che gestiscono i fondi, con coloro che impostano la politica/che culturali anche nell’ottica del percorso che porta al 2019 trovo sia non corretto. E invece nulla di tutto questo, il silenzio più assoluto e quei pochi euro che ricevevamo per fare il festival al momento sono scomparsi. Capisci benissimo come una programmazione per un festival diventi difficile se non impossibile. Il “Gezziamoci”, il jazz festival di Basilicata, come tante altre iniziative sono il frutto dell’opera volontaristica di persone che si autotassano persino per pagare il fitto della sede sociale. Non bisogna confondere però questa debolezza con inesperienza organizzativa. Il “Gezziamoci” ha ospitato progetti e musicisti di fama mondiale senza mai dimenticare la crescita dei giovani lucani e pugliesi. Ma noi non molliamo, siamo fiduciosi, sarebbe bello, auspicabile un dialogo con coloro che hanno responsabilità istituzionale per unire le forze e dare nuovo slancio alla musica ed in particolare al jazz come linguaggio universale. (altro…)

Gianni Savelli. La musica è innanzitutto condivisione

Gianni Savelli

Sassofonista, compositore, arrangiatore Gianni Savelli (Napoli 1961) si è fatto le ossa suonando in diversi contesti, dal pop, alla musica improvvisata… al jazz canonicamente inteso. Nel 2000 nasce Media Res, qualcosa che va al di là del semplice gruppo musicale: si tratta, in effetti, di un progetto attraverso cui Savelli cerca di portare ad unità le varie fonti che hanno ispirato il suo fare musica. Nel 2015 l’album ‘Magellano’, pubblicato dall’etichetta tedesca Neuklang, completa la trilogia iniziata con ‘Media Res’ (2004) e proseguita con ‘Que la fête commence’ (2008). Ed è proprio da quest’ultima realizzazione discografica che prende il via questa intervista raccolta nel dicembre del 2015.

Partiamo dall’oggi; cosa rappresenta per te questo magellano?
Partirei dal titolo: magellano nasce dalla fascinazione per questo grande personaggio che ha cambiato la storia dell’uomo. L’esplorazione di Magellano è un impresa che chiude un’ epoca e ne apre un’altra ridisegnando totalmente l’immagine che l’uomo europeo aveva del mondo. Con le dovute proporzioni, e riferendomi ad un orizzonte personale, questo disco allo stesso modo rappresenta per me un punto di partenza e d’arrivo. E’ il terzo atto dell’attività di Media Res, di cui si può dire sia una sorta di esplorazione nella musica suscitata dal fascino esercitato su di me da culture diverse partendo da quella europea, passando per quella afro-americana approdando a quelle asiatiche. Così, mentre, nel primo disco si potevano riconoscere con una certa facilità le diverse influenze, Brasile, Cuba, Africa, India e così via; nel secondo disco queste differenti fascinazioni si sono cominciate ad unire in modo coerente e con magellano si è realizzata la sintesi di quello che cercavo. Potrei dire che il mio percorso è stato quello di trattare la musica come un linguaggio narrato. Quindi, mi sono trovato a prendere le “parole” delle diverse lingue di mio interesse per poi scomporle in unità più piccole come fossero “lettere” al fine di ricomporre queste unità in un nuovo linguaggio di sintesi. Da qui la creazione di una musica che fosse più aderente alle mie intime necessità.

Vogliamo ricordare i titoli dei primi due album?
Certamente: il primo si intitola semplicemente media res e venne pubblicato nel 2004 da JazzInRoma, il secondo que la fête commence fu pubblicato nel 2009 da Alfa Music.

Un percorso lungo…
Si, quasi sedici anni. Tre album, forse pochi, ma per me ogni disco rappresenta una tappa nella maturazione della mia sensibilità .

In che senso questo magellano, come tu dicevi, rappresenta allo stesso tempo un punto di partenza e un punto d’arrivo?
Un punto d’arrivo perché rappresenta la chiusura di una trilogia, un punto di partenza perché segna il passo con la mia disponibilità a vivere la musica in una maniera più libera. Sono aperto a qualsiasi novità sia sul piano musicale che su quello del rapporto di condivisione con il pubblico.

Per esempio?
Si potrebbe fare l’esempio del video ‘Pacifico’. Per la sua realizzazione abbiamo fatto una vera e propria ‘call for action’. Vale a dire, una sorta di appello alla mobilitazione rivolto alle persone che mi seguono, con la richiesta che ci fossero regalate immagini che per loro erano significative, evocative di emozioni suscitate dal brano. E’ arrivato un numero enorme di immagini, piccoli filmati, spesso di straordinaria qualità e noi li abbiamo ricondotti a un possibile disegno registico. Una delle idee che abbiamo voluto esprimere attraverso il video è quella di un tempo che non è il concetto cronometrico ma piuttosto è più vicina a quello che nell’antica Grecia veniva chiamato Kairos, cioè un tempo dinamico in cui nell’istante presente accadono molte cose simultaneamente. Le persone che hanno partecipato a questa iniziativa, vedendo il video e riconoscendo il proprio contributo, si sono sentite direttamente coinvolte. Per la copertina di magellano abbiamo agito in un modo simile. Abbiamo iniziato proponendo a delle persone tre differenti progetti, abbiamo fatto ascoltare la musica e poi, tenendo conto dei loro suggerimenti, abbiamo preparato due possibilità che abbiamo sottoposto al vaglio di settanta persone. Sono state loro che hanno avuto l’ultima parola.

Ma come avete scelto queste persone?
Sono persone che mi seguono, appassionati della mia musica che quindi erano già dentro il mio discorso. (altro…)

“Jazz Loft”: una riuscita contaminazione tra musica e fumetto

Jazz Loft

E se il tanto atteso rinascimento culturale partisse da una piccola regione che giace nell’estremo nord-est dell’Italia, il Friuli Venezia Giulia? E se tra i flussi fecondi che lo alimentano, il jazz fosse tra i più vitali?

Affermazione azzardata? Non più di tanto, visto che la regione sta vivendo un momento di straordinario fermento artistico e numerosi sono i riconoscimenti nazionali e internazionali tributati ai jazzisti che vi sono nati.

Certo è che sabato 16 gennaio, a Pordenone, ho avuto una piccola conferma di quel che dico assistendo a Jazz Loft, momento primigenio di un convivio nel quale, come nel più celebre simposio platoniano, hanno dialogato e si sono confrontati interlocutori che fanno parte, nei rispettivi campi, dell’élite culturale friulana.

Innanzitutto va detto che Jazz Loft è un progetto edito dal Circolo Culturale Controtempo di Cormòns (infaticabile organizzatore di rassegne quali Jazz&Wine of Peace, Il Volo del Jazz, Le Nuove Rotte del Jazz e Piano Jazz), che racchiude nel suo scrigno una splendida graphic novel, un noir metropolitano i cui testi sono scritti dal giornalista e critico musicale Flavio Massarutto, le illustrazioni sono dell’artista Massimiliano Gosparini, la grafica di Marco Tonus e le musiche, composte ad hoc per quest’opera, di Massimo De Mattia e Bruno Cesselli (il cd, realizzato da Artesuono, è allegato alla pubblicazione).

Massarutto parte da una storia realmente accaduta, quella del fotografo William Eugene Smith, che fotografa e registra per otto anni (dal 1957 al 1965) tutto quello che accade nei locali di un edificio della Sesta Avenue, a New York, un luogo nel quale gravitano artisti come Roy Haynes, Sonny Rollins, Bill Evans, Roland Kirk, Alice Coltrane, Don Cherry, Paul Bley e molti altri personaggi del mondo dell’arte. L’enorme quantità di materiale diventa, nel 2009, un volume che è il frutto di un accurato lavoro di catalogazione e ricerca, confluito poi, l’anno successivo, in una esaustiva mostra allestita dalla New York Public Library for the Performing Arts. Nella nostra Jazz Loft, l’autore sposta la scena in un periodo che va dagli anni Settanta all’epoca attuale, citando nel titolo il nome di una tra le correnti più innovative del jazz americano: il Loft Jazz di Coleman e Ayler – tra gli altri – oltre l’avanguardia, oltre il free jazz, una new new thing che si suonava, appunto, nei loft del sassofonista Sam Rivers o del batterista Rashied Alì e dove muoveva i primi passi un giovane contrabbassista, William Parker, al quale è ispirato uno dei personaggi del fumetto. I rimandi storico-politici, nel racconto di Massarutto, riguardano anche la corsa elettorale che vede contrapposti quello che sarà il primo Presidente afroamericano della storia degli Stati Uniti e un candidato (di fantasia) appoggiato dalle frange più conservatrici e populiste appartenenti al movimento del Tea Party. Eric, il protagonista della graphic novel, è un giornalista musicale che scopre un omicidio, avvenuto anni prima nel mondo del jazz, le cui implicazioni condurranno ad un finale a sorpresa.

La serata pordenonese inizia al Museo Civico d’Arte, con l’inaugurazione della mostra “Jazz Loft”, alla presenza degli autori e introdotta dal disegnatore pordenonese Giulio De Vita. Qui sono esposte le tavole originali ed alcune tele di grande formato, realizzate da Gosparini appositamente per l’esposizione. Queste ultime sono davvero di grande effetto, con intense sfumature che vanno dal grigio al nero e che rendono pienamente l’atmosfera cupa in cui si muovono i personaggi della storia, ottenuta anche grazie ad un sapiente uso dell’illuminazione drammatica, con contrasti di luce e di buio e vedute “a reticolato” (l’artista cosparge la tela di cenere, appoggiandovi sopra una rete sulla quale dipinge. Alla fine della sua azione pittorica, sollevandola, ottiene quel particolare risultato). (altro…)

Enzo Zirilli Zirobop dal vivo all’Elegance Cafè tra swing e hard bop

ZiroBop è il progetto costituito nel 2014 dal batterista Enzo Zirilli. Enzo si sposta Londra, nel 2004 da Torino, diventando rapidamente uno dei batteristi più richiesti nel Regno Unito, così come in Europa. Ha registrato e realizzato tournee in tutto il mondo con un sacco di artisti provenienti dal jazz, world music,latin, funk e scena pop. ZiroBop è un viaggio a 360 gradi nella musica, dall’early jazz, attraverso il be bop e l’hard bop e fino al funk, prog rock, musica indiana e latino-americana.
Per la serata all’Elegance Cafè verranno presentate le dodici tracce dell’omonimo cd ZiroBop (UR Records) pubblicato lo scorso anno. Contenuti intensamente meditativi si alternano ad altri più movimentati, intrisi di autentico swing, un paesaggio ricco di sfumature multicolori.
Sul palco Enzo Zirilli (batteria), Rob Luft (chitarra), Misha Mullov-Abbado (basso) e Alessandro Chiappetta (chitarra). (altro…)