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Prince

 

Nel 2011 Prince suonò a Perugia, all’Arena Santa Giuliana. Io e Daniela Crevena c’eravamo e seguimmo anche tutte le polemiche solite sulla opportunità di destinare gran parte del budget ad una popstar. Io stessa scrissi ” andiamo a vedere un artista il cui unico legame con il jazz è quello della passione che suscitò in Miles Davis”.
Eppure lo conoscevo bene Prince. Non era un Jazzista ma lo adoravo, non lo avevo mai visto sul palco, e sia io che Daniela non vedevamo l’ ora che arrivasse quel concerto che in teoria con il Jazz aveva poco a che vedere. Questo era ciò che si diceva tra i puristi del Jazz, tra i quali io scrivendo quella frase rientrai di diritto.
Quella frase che sto dolorosamente riesumando qui oggi, che mi ha un po’ tormentata  in questi cinque anni, e che è rimasta scritta nera su bianco in un mio articolo di allora, era connotata da una negazione: Prince non è Jazz.  In realtà avrei dovuto scrivere che Prince non era SOLTANTO Jazz, e per questo Miles se ne appassionò.
Il concerto fu emozionante, e quelle poche righe che gli dedicai dicevano la verità su ciò che avevo provato ascoltandolo e guardandolo: ” spettacolo allo stato puro, effetti speciali, una rockstar mitica che dà i brividi non appena appare sul palco, per chi è cresciuto ascoltando e cantando i suoi successi. Musicisti di livello, costumi fantasmagorici, trucco pesantissimo e tacchi vertiginosi, coriste con voci di grande rilievo, volume altissimo come in ogni concerto pop – rock che si rispetti, e i brani cult eseguiti alla fine, tra cui naturalmente anche un bellissimo (ed emozionante) “Purple Rain” con tanto di pioggia di coriandoli viola e platea luccicante di telefonini accesi.”  Una specie di miraggio, la descrizione quasi adolescenziale di un evento attesissimo e vissuto con il cuore a mille che si cerca di mettere per iscritto per apparire il più dignitosa possibile di fronte ad una star che si vede e si ascolta finalmente, per la prima volta.
E’ rimasta a tormentarmi quella frase di negazione che dal giorno in cui venne pubblicata mi pungeva, ogniqualvolta ascoltavo Prince. Perché non solo il non essere Jazz non può essere un’ accezione negativa, ma anche perché la caratteristica di Prince era il mescolare, era l’innovazione continua, era il progredire in avanti, il contestare, l’ improvvisare, era l’ esplorare. Eccolo il Jazz di Prince, se proprio dobbiamo giustificarne la sua presenza sul palco dell’ Arena Santa Giuliana.
La sua presenza probabilmente sarebbe stata approvata persino da Miles Davis.
Nei tanti concerti che abbiamo seguito a Perugia a dire il vero abbiamo sentito tanto “non jazz” stranamente definito Jazz dai puristi,  anche al “jazzissimo” Morlacchi. Musicisti internazionali acclamatissimi magari deludenti, e tanti, anche italiani, magari in infradito e pantaloncini, che ci hanno asfissiato con i loro infiniti, autocelebrativi, estenuanti assoli.
Prince ora non c’è più, e con lui non ci sono più il suo Jazz, il suo Pop, il suo Blues, il suo Rock, il suo Swing, la sua MUSICA, il suo Purple Rain che ogni volta che lo ascolto, anche con i miei figli, mi commuovo.
Ieri sera mi ha avvisata mio figlio ventunenne, con un sms “Mamma, è morto Prince, mamma hai saputo?”
Mia figlia che ha 18 anni mi ha detto “ma io volevo vederlo” …

Giù il cappello quando un musicista travalica così le generazioni.
Sono contenta solo che Prince non abbia mai letto il mio articolo che lo definiva “non jazz”.  Che questo mio articolo valga come richiesta di scuse, troppo tardi lo so, a lui e a chi mi ha letta nel 2011.

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